ROY1978

QUESTION OF FASHION


Seguire la moda è il modo più facile di integrarsi,e rappresenta la risposta più immediata al bisogno dell’uomo di sentirsi accettato.Solo che si tratta di un’accettazione superficiale,perché uniformando la gente ne reprime gli slanci individuali e originali.Bisogna semmai servirsi della moda,distinguendosi da quella imposta dagli stilisti creando un pro-prio stile,anche a rischio di essere additati al pubblico ludibrio,perché tanto anche gli stilisti a volte hanno idee bislacche,che però solo perché venute a loro acquisiscono senso,il che è assurdo.Tra parentesi diffido di certe riabilitazioni accettate solo perché pronunciate da qualcuno che ha rag-giunto una certa notorietà. Quentin Tarantino ha detto di amare la commedia sexy all’italiana degli anni 70’con la Fenech? Allora la critica si è sbagliata per anni a stroncare quei film. Assurdo.Il rischio è che chi ha molta fantasia col look poi non ne abbia altrettanta per altro e così la spreca tutta solo per distinguersi esteriormente e non come persona.Magari queste persone hanno del talento proprio come stilisti,e quindi sono destinate a succedere a quelle grandi firme che hanno combattuto con la loro muta protesta tessile. D’altra parte la moda imposta dall’alto va benissimo a-gli insicuri che preferiscono passare inosservati anziché venire additati,nel bene e nel male.Le sfilate di moda per me restano uno spettacolo artistico fine a sé stesso,che non ha alcun contatto con la realtà. E’ l’arte per l’arte,anche se io sarei ispirato più da muse procaci che filiformi,e an-ziché vestirle le denuderei,ad esempio per un quadro.Come mi vesto io?Bado più alla comodità dei vestiti che alla loro bellezza,e non mi frega niente delle firme.Jeans,scarpe da tennis,camicie a tinta unita e-d’inverno-pullover di lana o cardigan. Come i personaggi a fumetti mi vesto sempre allo stesso modo da almeno vent’anni.Confesso un debole solo per il"chiodo"e i giacconi da marinaio con le due file di bottoni.Ma l’abbigliamento non è che un aspetto della moda.In pratica,il primo a cui si pensa quando si pro-nuncia questa parola.In realtà il discorso è più ampio e coinvolge anche gli accessori,i comfort,lo stile di vita,gli atteggiamenti e persino il linguaggio.Io ricordo che alle elementari le mie compagne di classe cambiavano ogni giorno le filastrocche da recitare mentre giocavano a battersi i palmi del-le mani in una specie di balletto di accompagnamento.Per loro ripetere la canzoncina del giorno pri-ma sarebbe equivalso a leggere il giornale di ieri,insomma.Alle medie ricordo non solo l’attenzione maniacale per i capi firmati da parte dei miei compagni di classe,che già di per sé rappresentava un discriminante sociale tale da farmi rimpiangere il grembiu-lino,ma anche certe espressioni gergali astruse,prive di senso o cervellotiche,a volte impronunciabili e sempre cacofoniche.Anche questo gergo era soggetto all’aggiornamento,che certo non lo miglio-rava.Si componeva di poche parole ed espressioni e devo ammettere che per un verso mi affascina-va l’"abilità"dei miei compagni di riuscire a inserirle tutte in ogni discussione,per diverso che fosse l’argomento.Era un linguaggio scarno,povero,che di conseguenza impoveriva anche la capacità di approfondimento;ma soprattutto va detto che non lo si voleva arricchire,o gli avrebbe impedito di li-quidare ogni questione in quattro battute.Così i termini nuovi,alla moda,sostituivano i vecchi,e non andavano ad affiancarli.