Racconti

E POI?


“Perchè sei triste?”La voce mi fa voltare e la sconosciuta al mio fianco mi osserva con un sorriso timido quasi a chiedere scusa dell’intromissione nei miei pensieri.Per natura non do confidenza agli estranei ed introverso come sono qualsiasi intrusione nella mia sfera privata l’accolgo con fastidio chiudendomi ancor più a riccio.Rimango pertanto ad osservarla senza dire nulla, senza mutare espressione, quasi lei non esistesse ed i miei pensieri proseguissero il loro cammino sfiorandola appena.Passano i minuti e lei, ora seduta con le gambe raccolte ed la guancia appoggiata sulle braccia che abbracciano le ginocchia, continua a guardarmi aspettando una risposta. Il tempo scorre e nel silenzio sento solo i miei pensieri che chiedono chi sia e cosa voglia; non sento altro non riesco a percepire nulla da lei. Non scorgo curiosità, sento flebilmente quella banale pietà che spinge di solito le persone a farsi carico dei problemi altrui. Solo i suoi occhi, anche belli tra l’altro, che non mi scrutano ma aspettano in silenzioso rispetto a dirmi tutto.Peccato che io non desideri regalare a qualcuno quel che ho dentro senza essere sicuro dell’uso che ne faccia e raccogliendo la muta sfida, sostengo il suo sguardo.Il tempo passa e gli unici rumori sono i nostri respiri e la risacca del mare. Ad un tratto lo scittio di un gabbiano mi fa alzare il volto distogliendolo da lei.Osservo rapito il gabbiano che fluttua nell’aria giocando con il vento, lo vedo rallentare il volo mentre spalanca le ali e senza perdere di vista la preda nell’acqua, comincia a torcere le ali a spiegare in modo incredibile le penne fino a fermarsi. Lo osservo e come sempre sospiro di nostalgia ed invidia per lui che può librarsi nell’aria, libero e spensierato.D’incanto il gabbiano cade verso l’acqua e si invola con un pesciolino stretto nel becco.“Bravo” penso tra me e me e voltandomi scorgo nella sconosciuta al mio fianco un sorriso complice.“E brava!” penso tra me e me, hai rubato qualcosa che altrimenti non ti avrei mai dato gratuitamente; hai vinto, aspettando hai superato la mia innata barriera, anche se aiutata dal gabbiano.“Perchè sei così triste se basta un gabbiano in volo per restituirti il sorriso?”“Perchè non ti fai gli affari tuoi?” è quasi sulle labbra ma lo trattengo perchè tra introversia e maleducazione il confine è sottile e cerco sempre di non superarlo, pertanto sorrido educatamente e le chiedo cosa le fa pensare che sia triste.“Il tuo sguardo. Vagheggia nel cielo, scava nel mare ma cerca qualcosa che non capisco e sembra cercare senza mai trovare.”Chi sei? Mi chiedo, chi sei e perchè se leggi così intimamente negli occhi di uno sconosciuto, sei come sei? La mia diffidenza aumenta istantaneamente e per dissiparla te lo chiedo apertamente. “Chi sei?”“Io?” replichi sorridendo apertamente mostrando una schiera di denti perfetti. “Io sono una come te, mi piace osservare, leggere nelle persone e talvolta rubargli un pensiero, un ricordo, un pezzetto di se stesso per farci un emozione da tradurre in musica.”“Musica? Ti sbagli se pensi che io sia un musicista od un artista.”“Non dicevo questo, io la trasformo in musica che altri ascolteranno, tu in musica per il tuo cuore, ma cambia poco.”Giro lo sguardo verso il mare, osservo le creste bianche lontane, il moto perpetuo dell’acqua che quasi imbrigliata nelle coste, cerca come un cavallo in un rodeo di liberarsi delle costrizioni. Guardo il tenue confine tra cielo e acqua all’orizzonte accorgendomi di essere là, di essere quello: ne aria ne acqua, solo una percezione di dove finisca uno e cominci l’altro. Lascio che il cuore vada a toccare quella linea impercettibile dove lo sguardo si confonde e decido che sì, forse ne vale la pena. “Non sono triste” le spiego, “vago sempre senza meta scovando in chi attraversa il mio cammino il meglio ed il peggio che c’è in egli, chiedendomi perchè alle volte prenda il sopravvento uno ed alle volte l’altro.”“Osservo e leggo le anime, come dici tu, e peregrino fino a quando trovo un’anima incapace di riempire nuovamente il suo paniere di emozioni. Allora pesco tra le mie e tento di sfamarlo affinché ritrovi lo scopo ed il gusto di vivere con un paniere mai vuoto.”. . . S E G U E . . .