Messaggi del 07/03/2007

EPILOGO (ero un medico)

Post n°12 pubblicato il 07 Marzo 2007 da pajasso
 
Foto di pajasso

parte I
Chino sul prato, tentavo di estirpare l’erbaccia, senza rovinare
i fiori e le loro delicate radici: Vedete ragazzi, i fiori sono come noi e come le nostre
emozioni, più sono belli e più sono delicati. Dovete sempre averne cura. Non
pensiate che “il caso” li faccia vivere.”
Il sorriso di quei ragazzi era una moneta di valore
incalcolabile per me. Li aveva mandati Padre Francesco, il giovane prete che
seguiva ed amava questa piccola comunità come fosse la sua vera famiglia
e forse lo era.
Oggi, vedo tutti i miei compaesani con altri occhi, non sono più semplicemente uomini e donne, giovani, vecchi e bambini che
abitano nel mio stesso paese; hanno tutti un nome, hanno storie alle spalle che
vale la pena di ascoltare, così come i loro sogni ed ora sono diventati
importanti anche per me, anche se non è sempre stato così.
Molti mi considerano strano, vivo da solo in questa grande casa.
Pur non essendo bellissimo sono un uomo piacente, ma nessun cuore di donna
riscalda la casa; sono leale e fidato, simpatico e allegro ma non ci sono
risate che accendano le serate. Già, sono considerato un tipo strano per tutto questo e lo so
perché ieri Padre Francesco me l’ha detto.
Forse l’unico vero amico che ho, che ho avuto da tanto tempo;
l’unico che ha capito che poteva starmi vicino soltanto se non faceva domande
personali.
Stavo travasando il vino, quando ha bussato alla porta della
cantina: “Si sente il profumo del tuo vino fino in strada e siccome
domenica a messa, nell’omelia, ho spiegato l’importanza di dividere ciò che si
ha e di essere più generosi, mi sono chiesto perché non verificare di prima mano
se il precetto fosse giunto a destinazione?”
Trattenendo il sorriso, gli ho ricordato che domenica non ero a
messa. Ne quella domenica ne quella prima, ne quella prima ancora. Infatti non
mi aveva mai visto in chiesa, l’unico tra queste duemila anime; poi allungando la mano gli ho porto il bicchiere colmo per un
brindisi: “agli occhi dell’anima padre, che vedono tutto!”
Siamo rimasti un po’ a chiacchierare e quando gli ho chiesto
come mai non avesse paura di farsi vedere a casa del “mat”, il suo sorriso è
stato più eloquente di qualsiasi discorso. Piano piano, con quel suo parlare quieto, così piacevole da
ascoltare mi ha spiegato che la gente del paese è brava, ma un po’ particolare.
Poche semplici parole che avevano aperto la stura a pensieri e ricordi custoditi gelosamente nei meandri più reconditi della mia mente. Io abitavo lì da solo un anno, ero dovuto scappare da tutto,
dalla casa in cui avevo abitato tanti anni, dagli amici, dal mondo: da tutto. Ero dovuto scappare, ma non sono venuto subito qui. Cinque anni
è durato il mio pellegrinaggio, anche se è blasfemo definirlo in tal modo.
Mentre Padre Francesco continua a parlare, mi accorgo che,
sedotto dalla tranquillità della sua voce, tendo a lasciar vagare la mente. È
forte la tentazione: il cuore urla il disperato bisogno di dire quello che cova,
di piangere le parole che lo affogano ma la mente sa che non è possibile, sa
che non esistono orecchie, non esiste cuore o mente che possa ascoltare senza
rimanerne per sempre turbato.
“Riflettevo sulla nostra
divertente omonimia! Come me, ti chiami Francesco. Tu sei considerato il matto
perché non ti comprendono, io non sono considerato tale solo per la veste che
indosso!”.
“Proprio così Padre. Puoi vivere in una metropoli o in un paesino come
questo, che la gente si limita a giudicare da quel che vede. Non tenta nemmeno
di capire, di guardare “oltre”; alle volte è triste, ma è talmente radicato
nella natura umana da essere ineluttabilmente perdonabile.”
“Francesco, io non te l’ho mai detto esplicitamente ma lo sai
vero che se vuoi parlare con me puoi farlo liberamente. Non serve essere in
chiesa perché Dio ti ascolti, non occorre essere ufficialmente in confessione
perché quanto venga detto rimanga esclusivamente tra noi e Dio. Lo sai vero?”
“Si, lo so Padre -dico sorridendo- ma mi creda, ho appena imparato cose che non
accettavo, non pretenda che d’incanto creda che Dio mi ascolti, che abbia tempo
e voglia per me. Oltre al fatto che c’è un momento per ogni cosa. ”
“È stupefacente -replica con un velo di ironia- il tuo dubbio che Dio non ti ascolti, che non
abbia tempo o voglia. È stupefacente perché non poni dubbi sulla sua esistenza,
ma sulla sua fallibilità. Dio è infallibile nella sua onnipotenza.”
“Padre, se Dio ha fatto l’uomo a sua immagine e somiglianza, o
era distratto o è più profondamente umano di quanto la Chiesa non voglia
accettare e se è umano -concludo- è fallibile.”
Amo quest’uomo, amo la sua semplicità diretta. Il mio commento
che forse era distratto non lo scandalizza, lo diverte pensare al Dio che tanto
ama che distratto fa un errore. Lo diverte e il gorgogliante risolino che gli
sale alle labbra, mi mette ancor più di buon umore. Cosa rara da molto tempo
ormai.
“Va bene Francesco, ora vado altrimenti tra il tuo vino e la tua
ironia, finisce che i paesani devono trovarsi un altro prete.”
Avvicinandosi alla porta Padre Francesco, aveva chinato leggermente
la testa e si era scusato dicendo: “Francesco ero venuto qua perché avevo bisogno di
conforto e forza e sapevo che in te avrei trovato entrambe. Sai, il figlio
della Maria, la conosci quella anziana signora sola che vive sopra il
tabacchino, beh il figlio: hanno telefonato stamattina i carabinieri, l’hanno
trovato ammazzato come un cane, povero ragazzo. Come possono succedere queste
cose? Come può Francesco, un uomo commettere simili bestialità? L’hanno ucciso
così, senza motivo, non l’hanno fatto per rubargli qualcosa, solo per
capriccio. Oggi nemmeno in Dio trovavo conforto. Si lo so, non dirmi niente, è
tragico che un prete non trovi nella sua casa il conforto che dovrebbe dare, ma
le silenziose lacrime di Donna Maria, oggi mi hanno privato di ogni briciola
d’amore e compassione che ho sempre avuto."
"Sono venuto qua - continua Padre Francesco- perché sentivo che parlandoti avrei trovato
qualcuno che capiva di cosa parlavo. Tu mi capisci vero Francesco? Tu capisci
perfettamente cosa sento dentro. Lo so, non conosco i motivi che ti hanno
plasmato, temprato ma capisco che la violenza ti ha sfiorato, ti ha tenuto per
mano. Ci hai convissuto ma non hai permesso che diventasse padrona del tuo
cuore e della tua mente. Scusami, scusami ancora se ho approfittato impunemente della tua
amicizia… non avevo il diritto di dire queste cose. Scusami ancora.”
(segue....)

 
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ciao, da Pajasso
 
Molte persone entrano nella tua vita,
ma solo i veri amici lasciano le proprie orme
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