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Ti Racconto

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UN AMORE, UNA STORIA - parte 3

Post n°10 pubblicato il 19 Ottobre 2013 da RachelDavidson
 

2 dicembre 1939

Leda amica mia,

ho bisogno di te e del tuo conforto. Sono stanca di tutto quanto mi accade da anni oramai. E' ora che ti confessi la mia tortura, la mia sofferenza. Questa notte, Leda, come tantissime notti nella mia vita, ho vissuto il mio incubo peggiore. Sono la schiava di un uomo violento, insensibile, perverso e purtroppo non posso fare altro che subire. Prego ogni giorno che l'uomo che ho sposato possa uscire un giorno e non tornare mai più, che il Signore ponga fine al mio dolore. Perchè lui mi fa tanto male, Leda, ma non oso ribellarmi altrimenti sarebbe la mia rovina e quella dei miei figli. Nessuno mi crederebbe, ma tu sì mi crederai, ne sono certa. Non so come dirti di questo, quali parole usare, ma io voglio che tu capisca, che tu sappia, che non ci siano più segreti tra noi. Per cui perdonami se ti potrò sembrare a tratti troppo volgare, ma non ho altro modo per dirtelo.

Lui è il demonio. Non sono mai stata amata, ma posseduta. Mi prende ogni volta con forza ed il suo piacere aumenta con l'aumentare del mio dolore. Questa notte è stata terribile. Mi ha picchiata selvaggiamente e quando mi ha vista riversa sul pavimento, piangente e sanguinante, mi ha strappato la camicia da notte, mi ha girata sul pavimento a pancia in giù, mi ha denudata e mi ha presa per le terga. Non lo aveva mai fatto prima d'ora, per me è stato un dolore atroce. Per non far udire le mie urla mi ha stretta la camicia da notte sulla bocca e a stento riuscivo a respirare. Non sufficientemente pago, nel mentre perpetuava la sua tortura, continuava a picchiarmi, mi dava pizzichi, mi teneva le braccia girate e bloccate con forza per non farmi muovere.

Leda, è appena accaduto. Ho atteso che si addormentasse e sono corsa a scriverti. Dovevo dirtelo!! Sento che solo il tuo affetto può aiutarmi.

Ci sono volte in cui accende quei suoi maledetti sigari e si diverte a bruciarmi i capezzoli, devi sentire le sue risate, il suo godere e vedere il suo volto pieno di soddisfazione. Altre volte mi lega e mi penetra con la forza ordinando di ribellarmi. Non ce la faccio più. Respiro solo quando va via giorni per lavoro ed allora torno serena. Ha concepito i nostri figli in una di queste notti aberranti e per tutto il tempo della gravidanza ha preteso mi concedessi anche se avevo dolore. Non so come sia riuscita ad avere i miei due figli, perchè altre tre volte li ho persi, per la sua perversione. Mi penetra con degli oggetti ed il dolore è tale che più volte mi è capitato di svenire. Al medico dice che cado malamente o altre volte mi vieta di chiamarlo, quando sarebbe troppo imbarazzante spiegare le mie ferite, come quella volta in cui sono rimasta a letto per giorni con un'emorragia devastante. Non capisco dove io trovi tanta forza per sopravvivere a tutto questo. Non sai quante volte ho desiderato di morire, ma poi penso che i miei figli rimarrebbero soli nelle sue mani ed allora tengo duro.

Leda, mio unica luce in questo buio, vorrei tu fossi qui. Mi lascerei andare tra il conforto delle tue braccia, dimenticando tutto questo orrore. Quando potremo vederci di nuovo Leda? Ti prego, vieni da me.

Ti voglio bene, Cecilia

Il nonno! Giulia piangeva bagnando la lettera ingiallita e portatrice di quel segreto atroce. Il nonno, morto ad un anno dall'inizio della guerra, un mito per sua madre, l'uomo importante della politica fascista che aveva dato onore e ricchezza alla famiglia. Quanto dolore doveva aver patito sua nonna tacendo e regalando ai propri figli una visione di quell'uomo che nulla aveva a che fare con la realtà? Ora capiva perchè non vi erano foto in quella casa del nonno, non c'erano mai state. Nonna Cecilia aveva sempre raccontato che non amava farsi riprendere, fuggendo dalle già poche occasioni di essere fotografato.

La risposta di Leda, fu un telegramma.


15 dicembre 1939

Arrivo 18 dicembre STOP Alloggerò Hotel Victoria STOP Leda

 

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