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Post n°447 pubblicato il 15 Luglio 2008 da rainine
In questi giorni sono in fase di proiezione nelle sale cinematografiche italiane due film che stanno ottenendo un significativo successo di critica e di pubblico, dopo i clamorosi consensi e i premi raccolti al festival di Cannes. Mi riferisco a “Gomorra” e “Il Divo”. Il mio articolo non pretende di essere una recensione cinematografica, ma solo una riflessione sugli aspetti più grotteschi e surreali insiti nella storia, nella natura e nella struttura del potere in Italia. Un’intenzione che, forse, potrebbe risultare velleitaria. Provo a spiegarmi con una domanda apparentemente assurda e provocatoria. Qual è l’anello di congiunzione tra “Gomorra” e “Il Divo”? La risposta è facile: lo Stato. Naturalmente... non mi riferisco allo stato tout court, in generale, ma allo Stato italiano. Ma cosa è storicamente lo Stato italiano? Quali sono la sua origine e la natura reale? Ebbene, se si pensa che l’opera della cosiddetta “unificazione nazionale” si è compiuta nel corso delle guerre “risorgimentali” che furono imprese di conquista coloniale; se si considera che tale processo storico si deve soprattutto a due tendenze occulte e cospirative quali la massoneria e la mafia, è facile dedurre sillogisticamente che la creazione dello Stato italiano è avvenuta sotto l’egida di poteri occulti, eversivi e reazionari. Ancora oggi lo Stato italiano si regge fondamentalmente sull’intreccio e sul connubio tra vari gruppi di potere affaristico-criminale come la mafia e la massoneria. Lo Stato italiano è lo Stato massonico-mafioso per antonomasia. Lo Stato italiano, inteso come istituzione ufficiale, è l’involucro esterno sorto a protezione del peggiore capitalismo economico-affaristico di origine criminale, ossia di matrice massonico-mafiosa. Il capitalismo italiano è un sistema di accumulazione affaristico-finanziaria che fa capo alle forze più occulte, eversive e reazionarie appartenenti alla borghesia nazionale, in grado di condizionare e decidere la vita e il destino dell’intera società e della fragile e monca “democrazia” italica. Non è un caso che l’intreccio (o il sodalizio, che dir si voglia) tra criminalità mafiosa e camorrista, da un lato, e criminalità massonico-piduista, dall’altro, costituisca un elemento costante e ricorrente nella storia italiana contemporanea. Non è un caso che riscuotano uno straordinario successo artistico e commerciale due film quali "Gomorra" e "Il Divo", due opere cinematografiche che suggerisco di vedere.
Post n°446 pubblicato il 15 Luglio 2008 da rainine
Brutto momento per il nucleare iberico: quattro degli otto reattori nucleari spagnoli hanno registrato disfunzioni in meno di 72 ore, come scrive il quotidiano El Paìs. Per motivi differenti, e con conseguenze sulle quali nessuno si pronuncia in modo corretto, gli incidenti si sono prodotti tra sabato e martedì scorsi. Critiche le organizzazioni ambientaliste, secondo le quali è colpa della pessima cultura della sicurezza con la quale Iberdola e Endesa, proprietarie delle quattro centrali colpite, gestiscono gli impianti. A questo si aggiunga che il parco nucleare spagnolo è molto vecchio, come mette in guardia Greenpeace, in un comunicato. Il "Consejo de Seguridad Nuclear" (Csn), organismo che controlla la sicurezza atomica, attribuisce gli incidenti ad una "sfortunata casualità". I proprietari delle centrali hanno sminuito l'accaduto, sottolineando che la sicurezza delle installazioni non è stata colpita. Tre degli incidenti registrati... sono avvenuti in tre reattori situati a Tarragona, nel nord-est della Spagna, gestiti dalla Associazione Nucleare Asco-Vandellos (Anav), i cui proprietari sono Iberdola e Endesa. Ancora una volta, si fa la corsa a dichiarare che non ci sono stati pericoli per le persone e per l'ambiente, ancora una volta è partita, come avviene ovunque nel mondo, la corsa alla minimizzazione. La Spagna si era già trovata nella bufera (nucleare) qualche mese fa: la centrale nucleare Asco I ha avuto una perdita radioattiva verso la fine di marzo, ma il Consiglio di Sicurezza Nucleare è stato avvisato solo il 4 aprile. Le polemiche sono nate dal fatto che quello stesso giorno, durante la fuga radioattiva, era presente nell'impianto una scolaresca in visita. Secondo Greenpeace una parte della perdita è fuoriuscita dalla stazione. Il ministero della sanità spagnolo è entrato in azione immediatamente: a causa dei rischi di contaminazione ora dovranno essere sottoposte a screening oltre 2600 persone. Per questo l'azienda esponsabile, l'Endesa, verrà multata. Ora il reattore è fermo per permettere di ripulire il sito. Il reattore gemello Asco II era stato fermato nel 2007 per un guasto ad una valvola. Il 9 giugno, sempre ad Asco I, i tecnici del Consiglio di Sicurezza Nazionale hanno rinvenuto la settimana scorsa degli elementi radioattivi sulla linea ferroviaria situata vicino alla centrale. E ancora, sempre ai primi di giugno, è stato registrato un guasto in alcuni monitor che misurano la radioattività all'interno della centrale. "Il 5 giugno è stata localizzata una particella radioattiva in prossimità delle ferrovie e il giorno dopo ne sono state rinvenute altre due nella stessa zona", ha spiegato Eugeni Vives, portavoce della “Asociacin Nuclear Asco-Vandellos II” (Anav). "Un fatto, questo, legato alla fuga che si è prodotta nel novembre scorso a Asco ma che non ha incidenza nè sulla salute delle persone nè sull'ambiente. Si tratta di particelle metalliche". In questi giorni, arrivano quattro incidenti quasi contemporanei in quattro centrali diverse. Anche questa volta, si è assistito al solito pellegrinaggio di esponenti istituzionali, come oramai avviene in tutto il mondo, pronti a fare a gara per minimizzare l'accaduto e non generare allarmi. Ancora oggi, nel mondo, e la Spagna non fa eccezione, molti incidenti non vengono resi noti. Quando qualcuno se ne accorge, vengono comunque omessi dati importanti. In pratica, dopo la psicosi collettiva generata dall'incidente del 1986 a Chernobyl, chi gestisce le centrali si è mediaticamente blindato ed ogni volta che c'è una fuga radioattiva o una perdita di materiale, si stende immediatamente un velo di silenzio. Per questo motivo, gli incidenti successivi a quello di Chernobyl sono spesso accompagnati da dati parziali, senza che si sappia tutto fino in fondo, e vedono la scrittura di rapporti e relazioni che terminano sempre con un "nessun pericolo per le persone e per l'ambiente". Intanto, mentre in Italia si parla di ritorno al nucleare senza molta cognizione di causa, la Spagna continua il suo percorso per abbandonarlo. In un'intervista rilasciata alla stampa nazionale, il Premier, Josè Luis Rodriguez Zapatero, ha confermato gli impegni presi in campagna elettorale per il settore nucleare. Zapatero ha detto che il governo spagnolo non ha intenzione di costruire nuove centrali nucleari, inoltre sarà rispettata la durata di vita normale delle centrali nucleari esistenti. L'impegno dei socialisti spagnoli è quello di eliminare progressivamente il nucleare, vista anche l'impopolarità di cui gode in Spagna, e sostituirlo con fonti energetiche rinnovabili quale l'eolico e il fotovoltaico. Le licenze delle centrali nucleari attualmente attive in Spagna scadranno tra il 2009 e il 2011, prima della fine del mandato dell'attuale legislatura socialista che sarà nel 2012. Se i piani dell'attuale governo verranno rispettati, e sempre se non si presenta una crisi energetica di notevoli dimensioni nei prossimi anni, tale da obbligare la Spagna a rinnovare le licenze, probabilmente il Paese abbandonerà il nucleare entro la fine del mandato di Zapatero. "I paesi leader a livello internazionale stanno scommettendo sulle energie rinnovabili e non su quella nucleare. Se facessimo sforzi per il nucleare toglieremmo risorse all'energia del futuro, eolica, solare o di altro tipo", così ha dichiarato Zapatero il 30 giugno scorso, in visita in Danimarca proprio per osservare da vicino la politica energetica danese. Secondo il premier spagnolo i paesi che sono "in testa sulle energie rinnovabili", tra un paio di anni "avranno non solo contribuito a frenare il cambio climatico, ma disporranno di un valore aggiunto dal punto di vista politico, economico e sociale". La Spagna ha investito molto sulle energie pulite negli ultimi anni, arrivando ad essere il terzo produttore mondiale di energia eolica, e ha in progetto di aprire 30 nuove centrali, mentre sta seguendo una politica di smantellamento degli impianti nucleari.
Post n°445 pubblicato il 15 Luglio 2008 da rainine
L’incidente nucleare verificatosi ieri a Tricastin (Vaucluse, Francia) ha scatenato polemiche oltralpe: pare che la reazione all’emergenza da parte delle aziende coinvolte (Areva e la controllata Socatri) sia stata lenta e negligente e che l’incidente non sia un caso isolato. I rilievi fatti sulle acque dei pozzi della zona mostrano tassi di radioattività in discesa, ma rimane timore per la penetrazione dell’uranio nella falda freatica. Visto che gli organi di informazione italiani hanno deciso di non dare informazioni al riguardo, eccovi un aggiornamento sulla situazione ripreso dalla stampa francese. All’inizio si era detto che... la fuga di uranio era pari a 360 kg, poi Socatri ha rettificato dicendo che si trattava di 75 kg. L’Autorità nazionale per la sicurezza nucleare (ASN) ha dichiarato che la Socatri ci ha messo ben 12 ore a quantificare le perdite di liquido. L’ASN condurrà quindi un’ispezione e comminerà “sanzioni se ne necessario”. La CRIIRAD - una commissione indipendente da governo e aziende che effettua studi ed analisi sulle radiazioni nucleari - ha confermato che la gravita’ dell’incidente e’ bassa (1 sulla scala Ines che valuta gli incidenti nucleari e che va da 0 a 7), ma che il problema non va sottovalutato perché si inserisce in una catena di malfunzionamenti costanti e sempre più gravi. In pratica, secondo la CRIIRAD il problema e’ strutturale: risiede nel modo di gestione della centrale e non riguarda semplicemente la fuga di uranio dei giorni scorsi. Per questo CRIIRAD ha dichiarato che denuncerà Areva e la controllata Socatri sia per la recente dispersione di uranio nell’ambiente, (”la goccia che ha fatto traboccare il vaso”, secondo CRIIRAD), sia per le oltre 700 tonnellate di uranio che l’impianto ha disperso nel suolo durante i suoi 30 anni di attività. Da parte sua, Socatri sostiene di aver agito per tempo, contestando le affermazioni sia dell’ASN che di CRIIRAD. Secondo una portavoce dell’azienda, la certezza della “dispersione delle soluzioni a livello di suolo” si e’ avuta solo verso le 4 della mattina di martedì e a quel punto tutte le autorità sono state avvertite. Intanto - al contrario del governo italiano, che o non sa nulla o non vuole sapere o ha altro da fare - il governo tedesco ha annunciato di aver chiesto un’analisi dell’incidente di Tricastin alla società tedesca che si occupa di protezione dalle radiazioni. Il sottosegretario all’ambiente Michael Muller, esponente di un partito contrario al nucleare, ha dichiarato che l’incidente non può essere preso alla leggera e che l’accaduto mostra che l’energia nucleare e’ una “tecnologia a rischio elevato”. » Centrale de Tricastin : la polémique enfle su Le Figaro
Post n°444 pubblicato il 15 Luglio 2008 da rainine
Che fine hanno fatto le centrali nucleari italiane inattive dal 1987 equiparabili a vere e proprie scorie radioattive sotto forma di infrastrutture? E quale sarà il destino delle scorie nucleari prodotte nel nostro paese prima che il referendum sancisse l’abolizione del ricorso all’atomo? Sarebbe logico attendersi che la consorteria dei fautori di un ritorno al nucleare, all’interno della quale si colloca larga parte della classe dirigente del Paese, partendo dai membri del governo Berlusconi, passando per i componenti dell’esecutivo “ombra” del PD per arrivare agli ambientalisti pentiti folgorati sulla via di Damasco come Chicco Testa, fosse in grado di dare al riguardo delle risposte tanto esaurienti quanto in grado di fugare qualsiasi perplessità. Ma la logica è “un’arte” assai difficile da mettere in pratica e... purtroppo occorre constatare come tutti coloro che in questi mesi si stanno rendendo artefici di un profluvio di parole aventi come oggetto la necessità di un ritorno all’atomo, più sicuro e più bello perché di terza o quarta generazione, evitino accuratamente di spendere anche una sola sillaba per rendere conto del destino di tutto quello che in Italia di radioattivo c’è già, ed avendo peso specifico ben superiore a quello delle parole tale sarà destinato a rimanere per qualche centinaio di migliaia di anni. Ad oggi è stato realizzato solamente l’8% del totale delle attività di smantellamento delle centrali nucleari esistenti in Italia e nelle ottimistiche previsioni si pianifica di raggiungere il 40% entro la data del 2011. Il tutto naturalmente senza avere la minima idea di dove allocare in via definitiva le scorie derivanti dallo smantellamento stesso, il 90% per cento delle quali ( a bassa attività) hanno un tempo di decadimento di qualche centinaio di anni e il 10% (ad alta attività) manterranno la propria radioattività per un lasso temporale elevatissimo fino a 300.000 anni. Le scorie nucleari prodotte durante il periodo di attività delle centrali sono attualmente all’estero dove verranno sottoposte a riprocessamento e torneranno dalla Gran Bretagna nel 2017 e dalla Francia nel 2025, senza che attualmente sia stato deciso dove collocarle. Dopo avere carezzato nel 2003 il balzano proposito di costruire un deposito definitivo per 60.000 metri cubi di scorie nucleari ad alta, media e bassa attività in Basilicata nei pressi di Scanzano Jonico, proposito decaduto dopo appena 2 settimane di fronte alla contrarietà non solo delle popolazioni interessate ma anche di larga parte del mondo scientifico italiano ed internazionale, la società Sogin deputata a risolvere la questione non è infatti stata in grado di fornire alcuna risposta. E non potrebbe essere diversamente dal momento che in tutto il mondo i depositi definitivi per le scorie nucleari, consistenti in silos di cemento armato o depositi geologici profondi, ospitano solamente scorie a bassa e media attività, mentre per quelle ad alta attività nessuno ha saputo offrire una qualche soluzione praticabile. Neppure il progetto Yucca Mountain del costo previsto di 60 miliardi di dollari, messo a punto negli Stati Uniti e tuttora oggetto di grandi discussioni in merito alla sua validità, ha l’ambizione di manifestarsi in qualche modo risolutivo dal momento che nella migliore delle ipotesi metterebbe “in sicurezza” per 10.000 anni scorie destinate a mantenere la propria radioattività per 300.000 anni. Se i TG, le grandi testate giornalistiche e le trasmissioni culturali e scientifiche che propongono dibattiti con gli esperti nei salottini buoni della TV, ogni qualvolta affrontano il tema del nucleare proponendolo come un’opportunità imprescindibile per il nostro futuro, ci documentassero riguardo al destino delle scorie ereditate dal nucleare passato, senza dubbio l’informazione risulterebbe di ben altra qualità e l’opinione pubblica fruirebbe di elementi assai interessanti intorno ai quali riflettere.
Post n°443 pubblicato il 15 Luglio 2008 da rainine
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