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L'EDIFICAZIONE DEI TEMPLI ETRUSCHI (2)di Piero Pecorarocontinua dal post n.55
(La chiesa di San Giovanni Evangelista ad Orvieto, è stata edificata su un tempio etrusco)Cenni di astronomia etruscaUn antico ricercatore latino Nigidio Figulo ci ha lasciato la traduzione di un testo sacrale etrusco del V secolo a.C., dove si parla della loro complicata cosmogonia. Il loro universo vedeva al vertice Giove, con il senato degli dei, il firmamento era sostenuto da dodici esseri divini che governavano i segni dello Zodiaco, e da sette divinità corrispondenti ai pianeti del sistema solare. All’ultimo posto si collocavano gli dei destinati alle sedici zone del cielo. Com’è possibile leggere in quest’antico scritto, queste zone del cielo, avevano il primo quarto comprendente il nord e il punto di levata del sole equinoziale. Il secondo quarto, invece comprendeva il punto sud ( mezzodì), il terzo il punto di calata o tramonto equinoziale del Sole, il quarto,era collocato tra il punto dell’orizzonte compreso tra il punto ovest e il punto nord. La suddivisione però ancora continuava, e chi si metteva con la faccia verso il sud, aveva la parte sinistra dell’orizzonte (levante o est) suddivisa in otto piccoli settori ( quattro a nord/est e quattro a sud/est), e la parte destra (ponente o ovest) all’opposto ( quattro a sud/ovest e quattro a nord/ovest). Da questa minuziosa e attenta suddivisione del cielo, si evince tutta la scienza astronomica antica, per certi versi simile alla suddivisione dell’universo che elaborarono gli Assiri. Eppure quello che ci stupisce è che gli etruschi non furono in grado di stilare un calendario scritto. Infatti, fin dalle origini, il computo del tempo fu basato sull’osservazione del sorgere e il tramontare della Luna, in seguito di quello dell’astro del giorno. Veniva impiegata come unità di misura del tempo il mese e il giorno computati in base all’osservazione diurna. I latini, nei tempi antichi, prima che i calendari venissero scritti , si affidavano alle conoscenze del Pontifex Minor, che aveva l’incarico, di constastare l’apparizione della prima Luna nuova, per poter determinare quanti giorni mancavano alle Nonae, oppure alle Idi, o alle Kalendae. Era lo stesso modo usato dall’uomo del Cro Magnon, che usava incidere segni sulle ossa degli animali uccisi per sfamarsi, per misurare le varie lunazioni. Gli Etruschi adottarono un sistema più evoluto, conficcando chiodi sui muri dei loro templi, per scandire lo scorrere del tempo. Sistema che dava loro un senso di sicurezza, quasi a cristallizzare quello strano e inesprimibile flusso d’istanti che è il tempo. Dunque il tempio era per loro un asse di rotazione delle attività umane, che scandiva il trasformarsi delle cose, su cui si computavano con estrema esattezza le osservazioni astronomiche.Come ben sappiamo, e come da subito capirono i nostri antenati, l’osservazione dell’astro del giorno e di quello della notte, non pone eccessivi problemi per seguirne l’evoluzione nel tempo.Cosa ben più difficoltosa è invece seguire le costellazioni, che necessitano dell’individuazione di un punto sull’orizzonte che permetta di ritrovare ogni notte nel cielo la posizione osservata il giorno precedente. Una cosa che sappiamo per certo, poiché si usava ancora in epoca romana, e che i sacerdoti, al sorgere della costellazione del Cane Maggiore (vedi anche gli egiziani e il culto del Cane Maggiore e di Sirio) con Sirio che ne è la stella più brillante, davano inizio al periodo della “Robigalia” che era un rito atto a scongiurare un fungo parassita del frumento (La Ruggine), che vedeva come atto centrale l’uccisione di un cane.La povera bestia era scelta fra le tante che si trovavano nei pressi della città. Tutto ciò era in accordo con le leggi magiche dell’analogia e della corrispondenza tra simili, perciò uccidendo un cane qualsiasi era possibile allontanarne gli influssi nefasti di quello irraggiungibile che si vedeva in cielo, causa di tutti i mali sulla terra.Vediamo di identificare quali erano i punti del tempio da cui i sacerdoti effettuavano le loro osservazioni astronomiche, per determinare queste ricorrenze e degli strumenti di cui si servivano per queste osservazioni. Cominciamo con l’analizzare il termine tempio o templum latino.Vediamo che sono molteplici le etimologie di questa parola.Per alcuni autori era da considerarsi sintesi armoniosa tra quelli che erano i tre mondi o dimensioni dell’uomo nell’esistenza; la natura, la divinazione, l’analogia. Il mondo della natura era lo sguardo proteso verso l’universo (cielo), il divinare, quello rivolto alla terra e alla realtà circostante, l’analogia, il sottosuolo (l’oscuro e il buio). Per altri, invece, tempio, riponeva il suo significato nell’etimologia Tueri, cioè contemplare, osservare. Ma secondo studiosi più vicini a noi, il termine in questione deriva da Temenos che era il sacro recinto, oppure da Temno, tagliare, ma anche ferire. Questa multiforme analisi semantica indica in ultima istanza l’attività olistica del sacerdote, che senza soluzione di continuità, osservava il cielo, e contemporaneamente cercava nella realtà circostante ( nelle interiora degli animali), corrispondenze e risposte ai quesiti e ai misteri della vita. Quest’attività era basata sul principio Ermetico “ Tutto ciò che è in alto è come tutto ciò che è in basso, e tutto ciò che è in basso è come tutto ciò che è in alto. E questo per realizzare il miracolo di una cosa sola, da cui derivano tutte le cose, grazie a un’operazione sempre uguale a se stessa ”. Questo è uno dei principi immortalati nella celebre “ Tavola di Smeraldo” di Ermete Trismegisto (il tre volte grande). In ogni caso siamo ben lontani dall’affermare che il Tempio etrusco potesse essere una sorta d’osservatorio astronomico o meridiana solare od orologio lunare. Il sacerdote quando si apprestava all’osservazione del cielo, dove si collocava all’interno del tempio? Quali strumenti usava, se li usava ? Una cosa che sappiamo, era che il tempio veniva costruito in legno, e sicuramente non era molto grande. Lo spazio interno era modulato in tre piccole stanze, sormontate da un caratteristico tetto a due spioventi corredati da Antefisse. ( l’Antefissa era un ornamento marmoreo o di terracotta, di derivazione greca, che veniva posta alla sommità del tetto per fissare le tegole).In prossimità del tempio veniva comunque costruito un basamento (piattaforma)di piccole dimensioni e di semplice e scarna manifattura. Si pensa che la funzione potesse essere quella di ospitare un altare per le varie funzioni e cerimonie, oppure un punto rialzato per l’osservazione del cielo. Comunque si può affermare che all’interno di queste costruzioni, che risultano essere piccole per essere considerate templi veri e propri, o troppo grandi per essere altari, venivano svolte con grande amore e pazienza osservazioni astronomiche, con l’utilizzo di strumenti molto semplici.Uno di questi potrebbe essere stato il Lituus, il bastone del potere, che era utilizzato dall’Aruspice. Questo bastone lo ritroviamo effigiato su molti vasi etruschi ed era associato ad Ermete Trismegisto, che tra l’atro era considerato il Dio della scienza divinatoria. E’ interessante notare come il lituus in seguito si sia trasformato nel Caduceo romano. Questo bastone del potere, aveva costruiti sulla sua punta un disco solare e una mezzaluna, indubbiamente i simboli del sole e della luna. Il caduceo ai nostri giorni è diventato il simbolo della moderna scienza medica. Qualcuno sostiene che fosse utilizzato a mò di bussola, ma forse più realisticamente lo possiamo considerare uno strumento di collimazione, usato in connessione ad una tavola Pelasgica, o Pinace, che era uno strumento a forma di disco, orientabile, su cui erano disegnati il quadrante dei venti (rosa dei venti), nonché i punti cardinali con i dati del sorgere e tramontare della luna e d’alcune stelle. Da tutto questo si deduce che gli Etruschi molto probabilmente conoscevano alcuni strumenti astronomici o topografici, quali l’alidada verticale, che possiamo considerare il precursore del nostro teodolite. Queste conoscenze gli venivano dal fatto che fu un popolo di esperti navigatori e abili commercianti, che erano in continuo contatto con tutti gli altri popoli del mediterraneo, per cui in patria non riportavano solo spezie e sete preziose ma anche nozioni scientifiche ed astronomiche molto avanzate. Ciò produsse una casta sacerdotale molto colta, che fu apprezzata anche dagli antichi romani, che li utilizzarono fino alla fine dell’impero.