RASNA

LE CRONACHE DI VELIA: ULTIMO ATTO


Le legioni di Lucio Scipione sono annientate, Etruschi, Sanniti, Galli e Umbri, confluiscono le loro forze presso la località di Sentino dove convergono da sud anche le legioni di Quinto Fabio e Decio Mure, che non tardano ad accorgersi dell’infinita superiorità numerica degli avversari: sono circa centomila uomini comandati da Gellio Egnazio che si staglia davanti a tutti fiero sul suo destriero. I due consoli non possono sapere che questa marea di soldati è per la maggior parte composta da semplici cittadini, strappati ai campi e alle loro attività e armati precipitosamente; il colpo d’occhio che hanno i due generali, dall’alto della collina dalla quale emerge l’esercito di Roma è impressionante. I romani, sanno che non possono competere di fronte ad un esercito siffatto ma riescono a non perdersi d’animo così agiscono con l’astuzia: i consoli danno l’ordine a Megello e Gneo Fulvio, di abbandonare la protezione di Roma e di affrettarsi in direzione di Chiusi compiendo, durante il percorso quanti più saccheggi e distruzioni potessero fare su territorio etrusco.  Le notizie dei massacri giungono presto ai comandanti della mia stirpe a Sentino, i quali, ponendo come priorità la protezione delle  proprie città e della propria gente rimasta indifesa, piantano in asso le armate di Gellio e dirigono il loro esercito, che da solo rappresentava più di un terzo del totale, alla difesa delle nostre terre. La battaglia di Sentino che a questo punto vede come protagonisti solo Galli, Umbri e Sanniti, scoppia cruenta; caddero in 40.000, vi perdono la vita sia Gellio Egnazio che il console Publio Decio Mure, ma le truppe romane hanno comunque la meglio e le guerre sannitiche si concludono definitivamente. La guerra in Etruria invece continua ancora per qualche mese, ma ormai tutto è perduto, gli scontri tra l’esercito Rasenna ormai allo sbando e quello romano, sono più che altro scontri suicidi da parte degli Etruschi come quello di Perugia, ad esempio, che paga la resistenza con 4.500 morti e 2.000 prigionieri, tanto che i capi della città, dopo la resa dovettero riscattarli per 310 assi ciascuno, affinchè la città, che noi chiamiamo Perusia, non rimanesse senza uomini per lavorare; poi è la volta di Volsini a cui Megello, nel frattempo divenuto console al posto del defunto Decio Mure, impartisce una sconfitta che lascia sul campo 2.000 uomini ed infine, ultima a capitolare, è la mia cara Rusel che viene anche saccheggiata. Stipulato un trattato di pace quarantennale, le città etrusche sono condannate a pagare i danni di guerra e a fornire cibo e vesti agli eserciti romani.  Poco a poco, i romani inseriscono nei territori devastati i propri coloni e nelle città, propri governatori. Sono bastati poco più di cinque anni per annullare dieci secoli di gloria: la civiltà etrusca non esiste più. Corre l’anno di Roma 459 (* 294 A.C.)Con questo, io, Velia, sfidando i divieti imposti dai miei genitori, lascio queste cronache ai posteri, perché anche se i figli che gli Dei mi doneranno un giorno, avranno un padre di Roma e si chiameranno Lucio, Publio, o Marco o Lucilla o Cornelia, e non potranno più pronunciare in pubblico frasi nell’armoniosa lingua della stirpe materna, fino a dimenticarne il significato, avranno ricordo degli ultimi istanti dei loro antenati. 
 ITUN TURUCE VELIA PULENAS  RASNALCLINIIARAS*questo dedicò Velia Pulena ai figli d’Etruria (questa scrittura l'ho elaborata deducendola da alcune fonti, spero che gli antenati o chi ne sa più di me, siano tolleranti)