RASNA

IL PIOMBO DI MAGLIANO


Si tratta di una piccola lamina di piombo colato (cm.8x7) recante un testo etrusco scritto a spirale dall'esterno all'interno e che si legge da destra a sinistra per un totale di 66 parole su entrambe le facciate. E' stata trovata a Magliano in Toscana, antico centro di origine etrusca (forse la Caletra etrusca? forse l'acropoli di Kalousion?) quella che divenne colonia romana sotto il nome di Heba.E' uno dei pochissimi documenti scritti rimasti in lingua etrusca e come al solito non del tutto decifrata, anzi forse decifrata anche troppo, visto che ogni luminare in materia l'ha tradotta a modo suo e sempre parzialmente. Tutti gli studiosi concordano che sia un opuscolo con indicazioni rituali (e ti pareva!) alcuni ci leggono il nome di Tinia, altri di Maris, altri ancora di alcune divinità degli inferi. Insomma, come sempre una grande confusione che non aiuta la nostra curiosità.Ma.... ad un certo punto della storia si inserisce nel branco di fameliche bestie accademiche un dilettante, per l'esattezza un architetto della prima metà del secolo scorso, che per passione studia la lingua etrusca e che ha tenuto sott'occhio l'iscrizione delle lamine per dieci anni! Pazzo o forse l'unico che ci ha capito qualcosa? naturalmente gli scienziati lo hanno sempre deriso, ma si sa loro pensano di detenere il lume assoluto della sapienza. Il nome dell'artefice è Antonio Cavallazzi il quale, senza ombra di dubbio, corredando la sua tesi da uno scritto in cui sotto ogni frase etrusca c'è la corrispondente in italiano, asserisce che si tratta di una specie di ricettario contro alcuni comuni malanni: la malaria, l'emicrania e il mal di gola.Ecco la traduzione dell'architetto Cavallazzi: " Nell'infermità della febbre, fatte le sacre offerte, appartati per trenta giorni, stai coricato su una coltre di lana caprina; al mattino spremi attraverso un panno una manciata di cassia e di altea; sciogliendo di tanto in tanto il digiuno, tieni lontani i dolci vini e nutrisciti di farro. A guarigione avviata, rinforzati e quando lo scader della luna ti riconduce a casa al tuo giaciglio, di pelle ovina fai la tua sacra offerta insieme alla coltre di lana caprina e del panno con entro un pugno di cassia e di altea. Quando vuoi combattere il tormento che perturba il cervello, prendi un batuffolo di lana caprina e comprimendolo nel ricino salato ridotto in schiuma, avvolgiti delicatamente il capo, poi compi le sacre offerte spargendo profumi; l'umore tiepido coland fuori evapora per l'aria. Se il male ti tornasse, taglia come è d'uso con una falciuola il gichero e insieme con malva pesta, questa erba mortifera in un velo avvolgi e torcendolo con forza, alza e spremi contro la parte malata del capo; quando le stille espellono il male fai ancora le tue sacre offerte, sciogliendo il digiuno di tanto in tanto mangiando delle radici. Quando per lungo gridare cadi ammalato con la voce arrocata e lo spasimo del sibilo dentro, raccogli del mirto e della malva, getta il tutto in una pentola bollente e se ti senti la forza di propenderti sopra, il vapore ti allieverà l'oppressione; sentendoti ancora la forza di propenderti sopra potrai espellere completamente il male facendoti suffumigi con del nardo ridotto in schiuma"Così è se vi pare...ma la verità non la sapremo MAI!