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I PORTI E LE INFRASTRUTTURE PORTUALI NELL’ETRURIA MARITTIMA

Post n°302 pubblicato il 23 Aprile 2010 da zoeal
 

"appunti sparsi da una conferenza del Professor Giovannangelo Camporeale, Grosseto 22 Aprile 2010"

In una società come quella che si affacciava nel Mediterraneo qualche millennio fa, il valore commerciale di un prodotto aumentava in modo direttamente proporzionale alla distanza tra il luogo di produzione e quello di smistamento. Dato che il commercio si svolgeva prevalentemente via mare, si deduce che i luoghi in cui si concentravano la maggior parte degli scambi e in cui circolava ricchezza, erano i porti che assumevano quindi un valore strategico rilevante. Di porti l’Etruria tirrenica, ma anche adriatica, ne era ricca. Inizialmente però, parlare di porto nel senso stretto della parola è errato, occorre riferisci propriamente a “punti di approdo” almeno fino al VII secolo a.C. Solo quando nasce una città da cui lo scalo dipende, allora possiamo parlare di “porti”. In Etruria si attraversano diverse fasi di organizzazione sociale. Prima del VII secolo, infatti, esistono classi aristocratiche di stampo agricolo, dominanti ciascuna sul proprio territorio, chiuse e propense a creare servizi solo per il proprio benessere privato. Nelle zone di ingerenza, non sorge tanto una città, ma nuclei abitativi sparsi in cui vivono le maestranze e i contadini che lavorano per il clan dominante. Una città si ha quando un abitato viene dotato di servizi che servono per la collettività, quindi una rete stradale urbana lastricata, fognature, acquedotti, piazze, negozi, luoghi di aggregazione e di culto, mura difensive, luoghi di sepoltura organizzati. Tutto ciò avviene quando la classe aristocratica decade e viene creato il ceto medio. E il ceto medio, cosa è altro, se non il ceto mercantile che si affermò a partire dalla seconda metà del VII secolo? E’ per questo che le prime città etrusche organizzate sorgono nelle vicinanze delle zone costiere, Cerveteri, Tarquinia, Vulci, Vetulonia, Roselle; tutte secondo lo stesso criterio, vale a dire su un’altura distante circa quindici chilometri dal mare al di sopra di una valle formata da un fiume (Fiora, Marta, Alma e Ombrone), alla foce del quale c’è un punto di approdo che viene dotato anch’esso di infrastrutture, come moli, magazzini, ormeggi e templi, diventando un porto a tutti gli effetti. Soprattutto i luoghi sacri che sorgono nei porti ci affascinano per la loro maestosità, basti pensare al complesso di templi di Pyrgi forse dedicati a Giunone visto il ritrovamento di ceramiche votive recanti l’inscrizione “UNIAL” cioè “a Uni”, al tempio di Gravisca dedicato a Turan o Afrodite, frequentato sia da marinai etruschi che greci. Se ci pensiamo bene, anche le nostre città marinare hanno tutte imponenti cattedrali con la facciata rivolta verso il mare, curiosamente quasi tutte dedicate alla Madonna, così come gli antichi templi marittimi erano dedicati a divinità femminili. Forse per richiamare un contesto familiare di protezione materna nei confronti dei marinai che rischiavano la vita nei loro viaggi per mare? Chissà? Sappiamo che nel momento migliore, gli Etruschi possedevano scali anche nella Francia meridionale e furono, dopo la cacciata dei Greci dalla Corsica, i signori indiscussi del mar Tirreno. Almeno fino al 480 a.C. quando accaddero due fatti importanti: Atene vince contro i Persiani e la greca Siracusa sconfigge i Cartaginesi. Sorgono quindi due superpotenze e si sa, che le città greche non sono mai state unite e Siracusa comincia a pensare di fa le scarpe ad Atene. Ma in che modo? La città attica è potente e possiede un esercito molto più forte di quello dei Siracusani. Non rimane che giocare di astuzia. Da dove arriva la ricchezza degli ateniesi? La risposta è dal commercio. Chi sono i maggiori acquirenti dei prodotti ateniesi? La risposta è: gli Etruschi. Quindi i Siracusani colpirono questi ultimi impartendo loro una sonora sconfitta nelle acque intorno all’attuale isola d’Ischia nel 474 a.C. Gli Etruschi persero in un sol colpo tutti i loro porti dell’attuale Campania ed iniziò un declino dal quale non si sollevarono mai più. Nel 453 persero anche l’Isola D’Elba. Gli artigiani ed i mercanti ateniesi in poco tempo persero i loro lauti guadagni, infatti in questo periodo non approdano più in Etruria i ricchissimi vasi di manifattura Greca, Atene cade in una rovinosa crisi economica a tutto favore dei Siracusani. In Etruria si salvano solo i porti di Baratti, che faceva comodo perché il commercio era improntato essenzialmente sui metalli e quello di Spina sull’Adriatico, dove continuano ad arrivare i vasi attici. I mercanti etruschi e la classe marinara tirrenica, si trasformano in pirati e mercenari al servizio di terzi ed è proprio con la scusa di debellare la pirateria, che Siracusa infligge il colpo definitivo, devastando e depredando il santuario di Pyrgi. In realtà la pirateria con quest’attacco poco entrava: il tempio di Pyrgi, oltre a raccogliere offerte votive di valore, fungeva anche da banca… i Siracusani parlarono dell’immenso bottino in oro e altri metalli preziosi per anni.

cratere di Aristhonotos, reca il disegno di una battaglia tra due navi e nella parte opposta il mito dell'accecamento di Polifemo da parte di Ulisse.

 
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"MITI, SEGNI E SIMBOLI ETRUSCHI" di Giovanni Feo (Etruschi, da dove venivano e a quali leggende sono collegati)

"GEOGRAFIA SACRA" di Giovanni Feo (la "magia" e l'"astronomia" dalla preistoria agli Etruschi)

"UNA GIORNATA NELL'ANTICA ROMA" di Alberto Angela (immaginiamo di fare un viaggio nel tempo e di ritrovarsi nella Roma del I secolo dopo Cristo)

"IL SEGRETO DEI GEROGLIFICI" di Christian Jacq (guida semplice e simpatica sull'interpretazione dei geroglifici egizi)

" IL FARAONE DELLE SABBIE" di Valerio Massimo Manfredi, azione e suspence ambientate nel clima dei conflitti attuali che affliggono il Medio Oriente.

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POETA ESTEMPORANEO

In ricordo di Morbello Vergari, ultimo poeta Etrusco

Il reperto archeologico

Riuniti insieme, un gruppo di signori

stavano discutendo di un oggetto

un giorno appartenuto ai padri etruschi.

Il dottor Tizio disse ai suoi colleghi:

-La mia giovane eta', non mi consente

di pronunciarmi il primo e francamente

ammetto che non ci capisco molto.

Il dottor Caio esprime il suo parere

dicendo-Per me, questo è un utensile

che usavano gli etruschi,

per servire vivande sulla mensa

D'altro parere il professor Sempronio

e in questo modo dice il suo giudizio:

Questo per me, è un vaso da ornamento

che serviva su un mobile di lusso

a contenere fiori profumati.

Infine il professor Tal dei Tali:

Con questo afferma usavano gli antichi

nelle grandi e solenni cerimonie

offrire a gli dei superi d'Olimpo

e il loro sacerdote in pompa magna,

libava e alzava questo vaso al cielo;

quindi spruzzava santamente l'ara,

del vin pregiato in esso contenuto.

-Giusto-dicono tutti gli altri in coro-

la Sua tesi convince, professore.

Due etruschi ch'iabitaroni in quei luoghi

in permesso quassu' dai Campi Elisi.

Si fermarono ad osservar la scena.

-Tarcone-Aule chiese-cosa fanno

quelle persone riunite insieme?

-Non so',non saprei dirti veramente;

non riesco a comprendere il dialetto,ma

quel che sembra un tantinello strano

è, che stan discutendo con passione,

tenendo un nostro orinalaccio in mano.

 

 
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