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Discorso con i giovani a Cagliari

Post n°7 pubblicato il 14 Settembre 2008 da maperfortunache
 

Dunque, veramente vi saluto con affetto, cari ragazzi e ragazze: voi costituite il futuro pieno di speranza di questa Regione, nonostante le difficoltà che conosciamo tutti. Conosco il vostro entusiasmo, i desideri che nutrite e l’impegno che ponete per realizzarli. E non ignoro le difficoltà e i problemi che incontrate. Penso, ad esempio – e abbiamo sentito di questo - penso alla piaga della disoccupazione e della precarietà del lavoro, che mettono a rischio i vostri progetti; penso all’emigrazione, all’esodo delle forze più fresche ed intraprendenti, con il connesso sradicamento dall’ambiente, che talvolta comporta danni psicologici e morali, prima ancora che sociali. Cosa dire poi del fatto che nell’attuale società consumistica, il guadagno e il successo sono diventati i nuovi idoli di fronte ai quali tanti si prostrano? La conseguenza è che si è portati a dar valore solo a chi – come si suol dire – “ha fatto fortuna” ed ha una sua “notorietà”, non certo a chi con la vita deve faticosamente combattere ogni giorno. Il possesso dei beni materiali e l’applauso della gente hanno sostituito quel lavorio su se stessi che serve a temprare lo spirito e a formare una personalità autentica. Si rischia di essere superficiali, di percorrere pericolose scorciatoie alla ricerca del successo, consegnando così la vita ad esperienze che suscitano soddisfazioni immediate, ma sono in se stesse precarie e fallaci. Cresce la tendenza all’individualismo, e quando ci si concentra solo su se stessi si diventa inevitabilmente fragili; viene meno la pazienza dell’ascolto, fase indispensabile per capire l’altro e lavorare insieme.

Il 20 ottobre del 1985, il caro Papa Giovanni Paolo II, incontrando qui a Cagliari i giovani provenienti dall’intera Sardegna, volle proporre tre valori importanti per costruire una società fraterna e solidale. Sono indicazioni quanto mai attuali anche oggi, che volentieri riprendo evidenziando in primo luogo il valore della famiglia, da custodire – disse il Papa - come “antica e sacra eredità”. Tutti voi sperimentate l’importanza della famiglia, in quanto figli e fratelli; ma la capacità di formarne una nuova, non può essere data per scontata. Occorre prepararvisi. In passato la società tradizionale aiutava di più a formare e a custodire una famiglia. Oggi non è più così, oppure lo è “sulla carta”, ma nei fatti domina una mentalità diversa. Sono ammesse altre forme di convivenza; a volte viene usato il termine “famiglia” per unioni che, in realtà, famiglia non sono. Soprattutto, nel contesto nostro, si è molto ridotta la capacità dei coniugi di difendere l’unità del nucleo familiare a costo anche di grandi sacrifici. Riappropriatevi, cari giovani, del valore della famiglia; amatela non solo per tradizione, ma per una scelta matura e consapevole: amate la vostra famiglia di origine e preparatevi ad amare anche quella che con l’aiuto di Dio voi stessi formerete. Dico: “preparatevi”, perché l’amore vero non si improvvisa. L’amore è fatto, oltre che di sentimento, di responsabilità, di costanza, e anche di senso del dovere. Tutto questo lo si impara attraverso l’esercizio prolungato delle virtù cristiane della fiducia, della purezza, dell’abbandono alla Provvidenza, della preghiera. In questo impegno di crescita verso un amore maturo vi sosterrà sempre la Comunità cristiana, perché in essa la famiglia trova la sua più alta dignità. Il Concilio Vaticano II la chiama “piccola Chiesa”, perché il matrimonio è un sacramento, cioè un segno santo ed efficace dell’amore che Dio ci dona in Cristo attraverso la Chiesa. 

Strettamente connesso a questo primo valore del quale ho voluto parlare è l’altro valore che intendo sottolineare: la seria formazione intellettuale e morale, indispensabile per progettare e costruire il vostro futuro e quello della società. Chi su questo vi fa degli “sconti” non vuole il vostro bene. Come si potrebbe infatti progettare seriamente il domani, se si trascura il naturale desiderio che è in voi di sapere e di confrontarvi? La crisi di una società inizia quando essa non sa più tramandare il suo patrimonio culturale e i suoi valori fondamentali alle nuove generazioni. Non mi riferisco solo e semplicemente al sistema scolastico. La questione è più ampia. C’è, lo sappiamo, un’emergenza educativa, che per essere affrontata richiede genitori e formatori capaci di condividere quanto di buono e di vero essi hanno sperimentato e approfondito in prima persona. Richiede giovani interiormente aperti, curiosi di imparare e di riportare tutto alle originarie esigenze ed evidenze del cuore. Siate davvero liberi, ossia appassionati della verità. Il Signore Gesù ha detto: “La verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Il nichilismo moderno invece predica l’opposto, che cioè è la libertà a rendervi veri. C’è anzi chi sostiene che non esiste nessuna verità, aprendo così la strada allo svuotamento dei concetti di bene e di male e rendendoli addirittura interscambiabili. Mi hanno detto che nella cultura sarda c’è questo proverbio: “Meglio che manchi il pane piuttosto che la giustizia”. Un uomo in effetti può sopportare e superare i morsi della fame, ma non può vivere laddove giustizia e verità sono bandite. Il pane materiale non basta, non è sufficiente per vivere umanamente in modo pieno; occorre un altro cibo del quale essere sempre affamati, del quale nutrirsi per la propria crescita personale e per quella della famiglia e della società. 

Questo cibo – ed è il terzo grande valore – è una fede sincera e profonda, che diventi sostanza della vostra vita. Quando si smarrisce il senso della presenza e della realtà di Dio, tutto si “appiattisce” e si riduce ad una sola dimensione. Tutto resta “schiacciato” sul piano materiale. Quando ogni cosa viene considerata soltanto per la sua utilità, non si coglie più l’essenza di ciò che ci circonda, e soprattutto delle persone che incontriamo. Smarrito il mistero di Dio, sparisce anche il mistero di tutto ciò che esiste: le cose e le persone mi interessano nella misura in cui soddisfano i miei bisogni, non per sé stesse. Tutto ciò costituisce un fatto culturale, che si respira fin dalla nascita e che produce effetti interiori permanenti. La fede, in questo senso, prima di essere una credenza religiosa, è un modo di vedere la realtà, un modo di pensare, una sensibilità interiore che arricchisce l’essere umano come tale. Ebbene, cari amici, Cristo è anche in questo il Maestro, perché ha condiviso in tutto la nostra umanità ed è contemporaneo all’uomo di ogni epoca. Questa realtà tipicamente cristiana è una grazia stupenda! Stando con Gesù, frequentandoLo come un amico nel Vangelo e nei Sacramenti, voi potete imparare, in modo nuovo, ciò che la società spesso non è più in grado di darvi, cioè il senso religioso. E proprio perché è una cosa nuova, scoprirla è meraviglioso.

Benedetto XVI
domenica, 7/09/2008

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Un blog di: maperfortunache
Data di creazione: 17/08/2008
 

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