Malvagità Paradossa

DOVEVANNOLEPAROLE


Mi son sempre chiesto qual è il posto dove finiscono tutte le parole dopo che son state dette. Così, per trovar risposta a questo ardito quesito, mi son messo di buona lena ed ho fatto delle prove scientifiche per trovar una risposta. Ad esempio: ho detto “Tallalà” e poi quatto quatto sono andato a cercare dentro tutti gli armadi, sotto al tappeto, nei buchini dei tarli, nel cassetto del comodino e pure negli spazi interstiziali dei denti divenuti ampi dopo l’accurata detartrasi.Ma niente. Niente più tracce della parola “Tallalà”. Non c’era più. Quindi, per attenermi ai canoni ed al rigore previsti della sperimentazione accademica, ho provato a cambiar parola ed a cambiar stanza: Sono andato in cucina ed ho detto “Trippa in umido con cipolle”, ho cercato pure tra le posate, dietro al frigo, sotto le scatolette del tonno Insuperabile e nella credenza dove tengo le Girelle, ma mi è venuta soltanto fame, perciò mi son mangiato le merendine.Sono andato in salotto ed ho detto bella forte e scandita la parola: “Gnoseologia”. Poi però mi son distratto ed ho pensato intensamente e lungamente a che vuol dire la parola testè pronunciata. Così mi è venuto un abbocco ed ho dormito sul divano con la bolla al naso.Quando la bolla al naso è scoppiata mi sono buttato in bagno tutto trafelato e, sotto la doccia, ho canticchiato il mio pezzo preferito di Licia ed i Bee-Hive. Allorquando sono uscito ho cercato dove fossero finite tutte le parole che avevo canticchiato, ma non ce ne era più neanche una. Ommamma mia… dove vanno allora tutte ‘ste parole?Il dilemma si è fatto più acuto, ma la mia celeberrima intelligenza deduttiva da capesanta surgelata della Marepronto, non si è arresa. Perciò in ufficio ho fatto altre prove:Al mio collega preferito ho detto “Andriambahomanana” (ossia il nome del baldo e simpatico “primo uomo” secondo la mitologia degli abitanti del Madagascar, che alla sua morte chiese di essere trasformato in un banano)Lui, il collega preferito, mi ha guardato, sbattendo quel suo paio d’occhi rotondi ed accidiosi come quelli di un regolare frequentatore della Palude Stigia e mi ha detto: “No grazie, il caffè l’ho gia preso”La parola “Andriambahomanana” comunque non c’era più. Nemmeno nel bidone del toner esausti della fotocopiatrice o nel bagno delle signore. Un gran bel mistero insomma, ma visto che io non son per nulla meglio di Vickie il Vichingo, ho pensato e ripensato finché mi è venuta un idea strepitosa:Ho detto delle parole dentro ad un sacchetto vuoto della brioches del distributore automatico giù in officina. E poi l’ho chiuso stretto stretto.Già, proprio dentro a quel beneamato, trasparente ed impermeabile sacchettino della brioches che ha il gusto di tartufo e di sciacquatura di piedi, pur essendo riportato sull’etichetta che dovrebbe essere farcita con la marmellata di mirtilli, ero sicuro che le mie parole non uscissero. Ho quindi detto: “Son contento” Poi ho guardato. Le due parole non c’erano… Vabbè insomma, a quanto pare il mistero di dove vanno le parole non è ancora risolto, però sono contento…