We Will Rock You

La REGINA è nuda


Isabella, mia cara...Ero lì, venerdì sera. Che ti guardavo con questi occhi da animale ferito.Devi essertene accorta, perché la tua supponenza è sparita quando hai incrociato il mio silenzio e hai distolto lo sguardo.Dopo un attimo di esitazione.Sono alla ricerca delle parole che voglio dirti per descrivere la moltitudine delle sensazioni che mi hai regalato con il tuo reading, però la prima che mi viene in mente è FOTTITI, da sfruttare ad uso e consumo della tua superbia, ma non ancora quella giusta, che ne racconti la sconfitta.Hai mostrato il tuo lato peggiore ad una folla di mediocri diventando tu stessa parte integrante del gruppo, se non leader indiscussa. Io invece aspettavo una dea. Che sa muoversi senza passi su un tavolato blu chroma key.Vorrei fosse spenta questa luce rossa.L’esordio.Il gelo. Nessun applauso. Nessun suono.Il silenzio delle cose che devono accadere, quelle solenni intendo.Il buio.Vorrei fosse accesa questa luce rossa. Grazie.Apatia. Distacco. Nessun suono. Nessun suono. Nessun suono.Io ho registrato ogni tuo ansimare sconnesso, aspettando di vederti implodere nella voce, nella cadenza ritmica del suono. Fremendo.Sopportando dimessa il  tuo incipit approssimativo mentre incespicavi sgraziata sui cavi di un palco di cui non sembravi protagonista.Ho assistito al delirio. Immobile.Come sempre quando mi si accavallano i pensieri.Hai azzannato il pubblico con quella folle solitudine che spacci al mercatino dell’ovvio per la lucidità che ti devasta.Ti ho sentita biascicare parole senza senso solo per il gusto di occupare uno spazio, nel teatro di qualcuno, elemosinando applausi, mentre urlavi la giusta devota appartenenza al nulla, traballando goffamente su tacchi troppo esili che sembravano sopportare appena il peso di quello che sei diventata. Sai, devo dirtelo: ho provato una pena infinita per te e la tua solitudine di quella sera.So che se avessi imbracciato la chitarra, come avevi chiesto, lo saresti stata meno.Volevo staccarmi dal parquet  per salire sul palco e  tirarti via dal silenzio.Schhh Isa. Zitta maledetta.Hai rovinato tutto.Anche la tua magnifica e agonizzante poesia ora appare perversa, da che l’hai letta.Senza ombre sul volto, né febbrile dolcezza.Io ti ho odiata. Dal fondo di me. Così come ti amo, da sempre.Un amore che assomiglia alla morte. Un amore senza niente, se non te stessa, crocifissa sul monte della vanità.Per autocelebrarti.Silenzio – hai detto – Silenzio. Io sto morendo.Una veglia funebre, ai piedi del palco.E tu eri tanto bella e tanto ridicola, nella tua cassa di legno verniciato.  Come una di quelle bambine che si riempiono la faccia di rossetto pur di mettere qualcosa da grandi. Il risultato: una bambola di gomma rivestita in latex, troppo gonfia di benessere per indossare gli abiti di un morto.Metti vestiti a fiori la prossima volta. E poi falli appassire."Ex tenebris ad Lucem...".