Creato da RenatoDAndria il 18/04/2011
Situazione attuale nel mediterraneo tra guerre e lotte interne. Promuoviamo l'lunità e la pace tra i popoli.

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TERRORISMO? IL RISCHIO E’ REALE

Post n°33 pubblicato il 02 Novembre 2011 da RenatoDAndria
 

Scritto da Renato d'Andria   
Martedì 01 Novembre 2011 10:19

E’ stato nei giorni scorsi il ministro del Welfare Maurizio Sacconi a lanciare l’allarme: nel nostro Paese esisterebbe un concreto pericolo di ritorno al terrorismo, a quegli anni bui che fecero precipitare l’Italia dentro un clima permanente di tragedia.

Non ha mancato, il ministro, di ricordare l’omicidio di Marco Biagi, con un esplicito riferimento al giuslavorista freddato da frange estreme dei gruppi armati, proprio quando era diffusa l’opinione che la stagione della lotta armata fosse ormai lontana anni luce.

Non sfugge che evocare proprio la figura del professor Biagi racchiude in sé la preoccupazione – non espressa da Sacconi – di aver preannunciato misure da lacrime e sangue per risanare i conti del Paese, senza avere al tempo stesso intaccato seriamente i privilegi della Casta, come pure era stato promesso.

La mancanza di misure volte al risanamento reale, i sacrifici imposti esclusivamente ai ceti meno abbienti ed una moralizzazione della vita pubblica sostanzialmente sfumata, dai contorni evanescenti: ecco altrettante micce che potrebbero per davvero riaccendere il fuoco del terrorismo nel nostro Paese.

A questi potenziali detonatori, già da più parti indicati, vanno sommati a mio giudizio altri fattori non meno esplosivi. Mi riferisco in particolare all’attitudine sostanzialmente “terroristica” di buona parte dei principali mass media. Una catena perversa di sistemi informativi che congiunge taluni media italiani con testate estere, tutti uniti nell’intento di affossare il nostro Paese e dipingere la situazione italiana con tinte ben più fosche rispetto ai contorni reali della nostra produttività nazionale. A dosi quotidiane, si somministrano all’opinione pubblica ed agli investitori informazioni che sono spesso in netto contrasto con la moltitudine delle attività imprenditoriali in crescita. Di questa parte tutt’altro che minoritaria del Paese, attiva, laboriosa ed intenta a raccogliere successi sui mercati nazionali ed esteri, si preferisce insomma non parlare. Tagliando così le gambe alle prospettive reali di risalita, che proprio e solo in questa Italia attiva possono trovare un fondamento reale e durevole.

Bisogna chiedersi naturalmente cui prodest, chi cioè cerca di trarre vantaggio da campagne di disinformazione così massicciamente orchestrate. I “catastrofisti di professione” lavorano, naturalmente, a tutto giovamento di quelle lobby trasversali del potere che lucrano nei momenti di maggior caos e cercano, attraverso la disinformazione programmata, di mantenere intatta la loro egemonia attuale.

Non avevano previsto il ritorno del terrorismo. Un rischio concreto sul quale forse solo ora il governo comincia ad aprire gli occhi.

 

Renato d’Andria

 
 
 

LA CRISI DEI RICCHI E QUELLA DEI POVERI Un articolo tratto dal BEHA-BLOG di OLIVIERO BEHA

Post n°32 pubblicato il 18 Ottobre 2011 da RenatoDAndria
 


La recessione ha creato un “buco” nell’economia che i governi, specialmente quelli conservatori, hanno pensato di colmare con politiche di “austerity” talvolta molto pesanti per la popolazione. Il risultato pero’ non e’ quello di una economia risanata, ma solo quello di una economia che viaggia a due velocita’: quella di chi sta bene, e pensa solo a se stesso, e quella di chi non riesce a reggere il passo, e viene rapidamente emarginato.
Entrambi costituiranno presto un grave problema per l’equilibrato progredire della civile convivenza.
Nel mio articolo dal titolo: “L’America che corre e quella che annaspa”. Descrivo alcune situazioni in cui il crescente divario tra ricchi e poveri riporta a galla croniche disfunzioni sociali.



USA: LA CRISI A DUE VELOCITA'
Che gli Stati Uniti d’America siano la patria del capitalismo d’elezione è cosa nota da tempo. E anche che la crisi non colpisca tutti allo stesso modo è cosa abbastanza risaputa.
In un periodo come questo, di sostanziale “stagnazione”, i prezzi non solo non salgono ma per molti generi di consumo addirittura scendono. Quindi questo momento, che per molti è particolarmente penoso, diventa per altri eccezionalmente prosperoso, dato che non solo i ricchi, ma anche quelli della classe media di reddito, quelli cioè che hanno conservato un buon lavoro e un buono stipendio, possono permettersi persino di più che in precedenza.
Chi stava bene tende a star meglio. Chi già stava male o, a causa della crisi, ha iniziato a star male, tende inesorabilmente a scivolare ancor più in basso.
A causa di questa prolungata crisi si allarga il numero di quelli che escono dall’area dei benestanti ed entrano in quella dei poveri, o in quella ad essa immediatamente prossima.
Tuttavia si nota agevolmente che nella popolazione c’e un’ampia fascia di persone che può permettersi nel privato una vita tranquilla e spensierata, anche in piena crisi, mentre un’altra fascia, sempre più larga, annaspa miseramente nel quotidiano cercando disperatamente riscontro a quella orgogliosa e fatua promessa di “opportunità” per tutti, che appare invero ormai alla massa dei predestinati nient’altro che un insano miraggio.
Gli indicatori di questa situazione sono diversi, e sono noti a tutti gli economisti. Il tasso di disoccupazione, la “confidenza” dei consumatori, il volume delle scorte per le imprese, ecc., sono tutti indicatori che segnalano la salute di una economia persino di più che l’indice dell’inflazione, segnalata da qualcuno come un pericolo, ma in realtà al momento pressoché inesistente.
Eppure c’è in America un indicatore che può essere considerato il vero termometro della situazione, ed è l’indice del mercato immobiliare, più specificamente, quello della compravendita di case.
È noto che l’attuale recessione è partita proprio da questo settore, che ha conosciuto a partire dalla fine degli anni 90, e per più di dieci anni consecutivi, una continua crescita, fino a diventare vera e propria “bolla”, poi scoppiata nel 2007 con l’emergere degli scandalosi mutui concessi praticamente a chiunque e per importi anche superiori al 100% del valore della casa.
Dal 2007 il valore complessivo del mercato immobiliare americano è sceso ovunque. In alcune aree della Florida, della California e dell’Arizona persino con punte fino al 60%. Una fase che però, a oltre 4 anni dall’inizio della crisi, non si è ancora esaurita se si guarda ai dati recenti non solo per quanto riguarda il prezzo delle transazioni che si concludono, ma anche al tempo medio in cui la vendita si perfeziona; con Boston, New York, Philadelphia e Chicago tra le città più lente.
Però, come dicevamo all’inizio, la crisi non morde tutti in modo uguale. Ci sono anche quelli che possono approfittarne per fare buoni affari.
Tra l’altro una delle ragioni per le quali il mercato immobiliare non si riprende è che, dopo l’ubriacatura dei “subprime mortgage”, le banche, un po’ per nuove regole, un po’ per ristrettezza di liquidità, sono diventate estremamente ritrose nella concessione dei mutui, e naturalmente quelli che lo ottengono sono quelli che finanziariamente stanno meglio.
Ma i benestanti non vogliono prendere casa nei quartieri poveri. Così diventano sempre più frequenti fenomeni di estrema differenza nel valore delle aree abitative, persino in aree tra di loro confinanti.
Consideriamo p.es. la città di Detroit, particolarmente colpita dalla crisi del settore auto, dove è possibile con circa 10.000 dollari comprare una casa di due locali più servizi. Ma a poche miglia di distanza, a Birmingham, il prezzo delle case si aggira sul milione di dollari e passa.
Oppure in Florida, a Miami, dove si può comprar casa in condomini residenziali dotati di giardini, servizi e piscina al prezzo stracciato di circa 25.000 dollari (oltre il 60% in meno di quello che costavano 5 anni fa). Ma anche lì basta fare poche miglia per arrivare in zone dove un appartamento in condominio costa attorno al milione di dollari.
Probabilmente molti non si sorprenderanno nel vedere tali differenze nei prezzi, anche se non è molto frequente di norma trovare differenze così macroscopiche in aree così vicine.
Quello però che sicuramente sconcerta è il fatto che fanno meno fatica a vendersi gli appartamenti milionari che quelli a prezzi stracciati. E non sono casi isolati. Le statistiche degli agenti immobiliari parlano chiaro. Negli immobili di pregio le compravendite sono in forte crescita, sia nel numero che nei prezzi. In tutte le altre categorie invece continua la crisi.
Si allarga perciò nella società americana il solco tra chi ha tanti soldi e chi ne ha pochi, riportando a galla disfunzioni sociali come il classismo e persino il razzismo, che solo pochi anni fa sembravano quasi del tutto superati.


Fonte: www.behablog.it

 
 
 

DOPPIO RIFLESSO - IL NUOVO LIBRO DI MICHELE AINIS

Post n°31 pubblicato il 18 Ottobre 2011 da RenatoDAndria
 


Longanesi annuncia l'uscita, nel 2012, del nuovo libro del costituzionalista Michele Ainis. "Doppio Riflesso", questo il titolo, ruota intorno alla personalità di un "io narrante" alle prese con un mondo confuso e in cerca di nuova identità. E' l'uomo di oggi, certo. Ma chi è davvero il protagonista?
Seguiamo le note di presentazione. E' «un agente di commercio che rischia di perdere il lavoro, o il misterioso Arturo, un suo sosia che lo mette in cattiva luce con i vicini e con le donne, rovinandogli tutti i rapporti e facendogli terra bruciata attorno?»
«E chi è l'uomo che lo aspetta sotto casa offrendogli una copia rarissima del Necronomicon, il libro immaginario raccontato da Lovecraft, il sogno di ogni bibliofilo, l'opera dotata di poteri misteriosi, capace di evocare spiriti arcani e provocare allucinazioni? E che cosa c'entra il Necronomicon con il diario sul quale il protagonista cerca di fissare la sua angosciante ricerca di spiegazioni per dare un senso alla sua vita e ritrovare la sua identità? E Gea, la misteriosa bibliotecaria incontrata sulla spiaggia, che ruolo ha in questa vicenda?».

Dopo il grande successo de "L'Assedio. La Costituzione e i suoi nemici", uscito a gennaio 2011, Ainis tornerà in libreria questa volta in vesti di narratore. Un anuncio che sta già generando, nel vastyo pubblico che lo segue, fra l'altro, attraverso gli editoriali sul Corriere della Sera, attesa ed emozione.

L'AUTORE

Michele Ainis è ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell’università di Teramo, in cui è stato prorettore vicario (nel 2001) e preside della facoltà di Giurisprudenza (dal 2001 al 2005). Ha pubblicato numerosi saggi (da ultimo Vita e morte di una Costituzione, Laterza 2006), è membro del comitato di direzione di varie riviste giuridiche, ed ha tenuto conferenze in Italia e all’estero. Dal 1998 è editorialista della Stampa di Torino, dopo aver collaborato al Corriere della sera. Nel 2003 è stato eletto nel direttivo dell’Associazione italiana dei costituzionalisti. Coordina la Scuola di scienza e tecnica della legislazione “Mario D’Antonio” costituita presso l’Isle. Ha fatto parte di varie commissioni ministeriali di progettazione e di studio

Le note biografiche sono tratte da Ethica Forum
(http://www.ethicaforum.it/michele-ainis.html).

ETHICA è un'organizzazione non a fini di lucro fondata nel 1991 e con base ad Asti, Italia.

(Renato d'Andria)

 
 
 

L'EDITORIALE DI MARIO SECHI SUL TEMPO

E il Governo tiene, tra frondisti e malpancisti
Rilanciamo l'Editoriale del direttore del Tempo, Mario Sechi, come sempre puntuale ed efficace. Mario Sechi è stato, lo scorso 21 settembre, il brillante moderatore del Convegno "Dalla Pax Togliattiana alla Pax Berlusconiana", organizzato dalla Fondazione Gaetano Salvemini.

Manca un anno e mezzo alla fine della legislatura e non c’è spazio per fare grandi riforme. Si può obiettare che i provvedimenti importanti non passano con il solo voto della maggioranza, si condividono con l’opposizione. È lo scenario ideale, ma non siamo in una condizione di normalità.

Quando le maggioranze sono strette, governare è un’impresa. Alla prova del voto di fiducia, l’esecutivo Berlusconi ha sempre dimostrato una tenuta stagna. Ma su votazioni considerate di minore importanza, s’è perso il conto di quante volte il governo è andato sotto. Può andare avanti così? Sì, ma per fare cosa? Manca un anno e mezzo alla fine della legislatura e non c’è spazio per fare grandi riforme. Si può obiettare che i provvedimenti importanti non passano con il solo voto della maggioranza, si condividono con l’opposizione. È lo scenario ideale, ma non siamo in una condizione di normalità. Le Camere sono divise in fazioni armate e l’arbitro di un ramo del Parlamento - il presidente Gianfranco Fini - è un giocatore in campo che vuole fare gol nella porta della squadra che lo ha eletto. Vi pare normale? Se questo è lo scenario, tentare di allargare la maggioranza o darle un assetto variabile a seconda delle leggi in discussione non è sbagliato. Ma il tema chiave è un altro: la premiership di Berlusconi e il futuro del Pdl. C’è chi sostiene che il Cavaliere deve lasciare Palazzo Chigi, chiedere al Colle elezioni anticipate e lanciare un altro candidato; chi non ne vede le ragioni e lo sprona ad andare avanti; chi gli consiglia di puntare alle elezioni senza cedere lo scettro; chi non ha nulla da dire e sta alla finestra.
Frondisti e malpancisti nascono da questo magma. Alcuni sono in buona fede, altri meno. Resta il fatto che una discussione sul tema non può essere un tabù. Il segretario del Pdl Angelino Alfano, ha compreso il problema e non a caso ieri ha ribadito di volersi confrontare con Claudio Scajola, Beppe Pisanu e altri che nel campo dei moderati si pongono la questione. Costruire e non distruggere. Allargare e non arretrare. Questo è il disegno di Alfano. Ci riuscirà? Non abbiamo la sfera di cristallo. Lo deve fare con o senza Berlusconi? Ecco, siamo al nocciolo della questione, il post-berlusconismo. L’uscita da un tempo lungo della vita italiana è un tema serio, non un giochetto da retrobottega del Palazzo. Berlusconi, piaccia o meno, è l’icona di una storia che ha plasmato l’immaginario collettivo di una nazione. La stessa opposizione, senza il Cavaliere, non esisterebbe in questa forma e con questi rappresentanti. Un pezzo di establishment non avrebbe avuto alcuna ragione di esistere e, nel vuoto di idee, si sarebbe ritrovato senza un lavoro. Berlusconi potrebbe lasciare Palazzo Chigi, ma continuerebbe a far sentire la sua influenza e presenza sul sistema politico per ragioni che sono evidenti e solo gli ipocriti non vogliono vedere.
Diciamo la verità, Berlusconi ha fatto in qualche maniera comodo a tutti. È stato - e lo sarà finché non si palesa un’alternativa credibile - non solo il catalizzatore dei voti della maggioranza degli elettori, ma anche l’uomo che ha giustificato la presenza dei suoi avversari. Senza di lui avremmo avuto un’altra storia e non è affatto detto che sarebbe stata migliore. L’Italia dopo il Cav non sarà un Paese diverso da quello che raccontiamo nelle nostre cronache. I temi dell’agenda politica saranno sempre gli stessi. E le soluzioni sono quelle rifiutate da una società che non riesce ad allontanarsi da un modello neocorporativo che rischia di ucciderla. Berlusconi non è per sempre, ma (forse) l’Italia sì.
MARIO SECHI

fonte: www.iltempo.it

 
 
 

LE SCELTE DI MILANO, PARADIGMA PER L’ITALIA

Post n°29 pubblicato il 06 Ottobre 2011 da RenatoDAndria
 


Sono molto deluso ed amareggiato per la esclusione della sinistra dal governo di Milano. Una esclusione in obbedienza al dicktat che a suo tempo Veltroni ha scagliato contro la sinistra, dopo averla dissanguata e messa in gravissima difficoltà nel governo Prodi, condannandola all’isolamento. Veltroni poi ha avuto la disonestà di invitare al ”voto utile” convincendo gli elettori comunisti a votare per lui appunto per non ”disperdere” il voto che rischiava molto con il vergognoso ed antidemocratico sbarramento del 4 per cento. ”Conventio ad excludendum” è una locuzione latina con la quale si intende definire un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine l’esclusione di una determinata parte terza da certe forme di alleanza, partecipazione o collaborazione.L’espressione, molto usata nel linguaggio politico italiano, venne coniata negli anni settanta da Enrico Berlinguer, il quale denunziava le forze del pentapartito di praticarla contro il PCI. Ora, segno della involuzione e del cammino all’indietro percorso dalla politica italiana, la conventio viene praticata per isolare la Federazione della Sinistra e come pegno di moderatismo di un atto o di una scelta politica. Oggi pensano sia doveroso dimostrare di essere per l’appunto moderati e cioè di considerare possibile ed ammissibile qualsiasi spostamento a destra e di aborrire la comunicazione con la sinistra radicale. Nella giunta di Milano entra Tabacci, intelligente personaggio dell’UDC milanese, espressione di ambienti della finanza e dell’economia delusi dalla gestione berlusconiana della borghesia italiana e viene tagliata fuori la rappresentanza della sinistra. La scelta compiuta è politicamente assai grave perchè indica una strada che sarà seguita in Italia dal partito di Vendola per quanto riguarda il dopo Berlusconi. C’è in questa scelta un messaggio preciso di rassicurazione al cosidetto ”centro” cioè alla borghesia italiana che in questi giorni manda i suoi grandi emissari a Saint Tropez alla riunione segreta del gruppo di Bilderberg. Pietro Ancona

 
 
 
 
 

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