RESISTENZA
COLLETTIVO POLITICO INTERFACOLTA' DELLA SAPIENZA DI ROMA
Post n°40 pubblicato il 02 Giugno 2009 da Wild_Blue_Yonder
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Post n°39 pubblicato il 15 Marzo 2009 da Wild_Blue_Yonder
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Post n°38 pubblicato il 18 Febbraio 2009 da Wild_Blue_Yonder
giovedì 19 febbraio - ore 17 LAVORATORI E STUDENTI A CONFRONTO SULLA CRISI ECONOMICA E SULLE LOTTE SOCIALI
Intervengono:
Organizzano: Nei mesi dell'autunno “caldo” del 2008 le strade e le piazze di tutta Italia sono state invase da maestre e maestri, studenti e studentesse, lavoratori e lavoratrici che al grido di “Noi la crisi non la paghiamo” si sono opposti alle politiche di smantellamento del sistema formativo pubblico, alla crescente precarizzazione del mondo del lavoro, alla devastazione dei territori e alla privatizzazione dei beni comuni. Questo perché era chiaro l'intento di questo governo di uscire “da destra” dall'ultima crisi del sistema capitalista, rappresentato in questi anni dalle politiche neoliberiste e imperialiste e dallo smantellamento dei diritti fondamentali rappresentati dalla Costituzione Italiana: diritto allo studio, diritto alla casa, diritto alla tutela sanitaria, diritto al lavoro. Oggi è ancora più chiara l'accelerazione di questo governo su questa strada che approva il pacchetto sicurezza più razzista d'Europa contro gli immigrati e contro chi protesta, e che strumentalizza un dramma personale – quello della Englaro – avendo come sponda il Vaticano per attaccare frontalmente la Costituzione antifascista. in questo contesto si fa ancora più duro l'attacco del Governo ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici: l’accordo quadro sul "nuovo modello contrattuale" nazionale si configura - senza neanche l’abituale patina di mistificazione - come un autentico nuovo “patto sociale” di lungo periodo, per dare la possibilità al capitale di uscire dall'ennesima crisi di sovrapproduzione attaccando la classe lavoratrice e riproponendo condizioni di accumulazione più vantaggiose. Questo viene oggi imposto da governo e padronato con la complicità di CISL e UIL, azzerando la titolarità negoziale dei sindacati, rendendoli veri e propri agenti servili del mercato capitalistico e dell’impresa, dopo oltre un decennio di concertazione. Al di là delle abituali chiacchiere di rito e di facciata, questo accordo sancisce che il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro sarà svuotato di ogni valore (di quelli che ancora residuavano delle vecchie lotte sociali) travolgendo tutti i fattori di unità politica e materiale che ancora permangono nel mondo del lavoro. Inoltre il potere d'acquisto dei salari cadrebbe ulteriormente, gli aumenti salariali divengono delle variabili occasionali comunque legate alla “produttività” (= profitti) di ogni singola impresa e, dulcis in fundo, si colpisce a morte il diritto di sciopero facendo scegliere a governi e padronato i sindacati che possono dichiarare sciopero in maniera per loro "innocua". Lo stesso richiamo del governo a scrivere "regole comuni" per la rappresentanza entro tre mesi assume il sapore di ulteriori strette antidemocratiche per escludere i lavoratori e il sindacalismo conflittuale dalla possibilità di incidere nella lotta di classe. Tutto ciò metterà alla prova la CGIL, tutte le organizzazioni del sindacalismo di base e tutti i delegati e compagni autorganizzati che, spesso in maniera isolata e sfidando la repressione aziendale e statale (come avviene ancora oggi negli stabilimenti FIAT, nelle Ferrovie, nelle principali catene della grande distribuzione) si battono per mantenere viva una voce ed una azione indipendente di denuncia, di mobilitazione e di lotta. Come il 12 Dicembre siamo scesi in piazza al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici per gridare insieme “noi la crisi non la paghiamo”, anche oggi, 13 Febbraio, siamo in piazza per difendere il diritto costituzionale al lavoro. Il 19 febbraio, Facoltà di Igiene (La Sapienza), ore 17.00 discuteremo di tutto questo, per continuare a lottare e difendere il diritto al lavoro e allo studio, per una università pubblica, laica, di massa e di qualità per tutti e tutte.
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Post n°37 pubblicato il 05 Febbraio 2009 da Wild_Blue_Yonder
Il 12 novembre è iniziata, nella Commissione Difesa, la discussione dei ddl 628 (Disposizioni per il riconoscimento della qualifica di ex combattente agli appartenenti alla Guardia Civica di Trieste) e 1360 (Istituzione dell'Ordine del Tricolore e adeguamento dei trattamenti pensionistici di guerra), che rappresentano un ulteriore, e forse definitivo, passo verso la totale equiparazione tra partigiani e repubblichini, tra coloro che combatterono per la libertà e coloro che scelsero di sostenere gli invasori nazisti. Il ddl 628 si propone di riconoscere come “ex combattenti” i membri della Guardia civica di Trieste, corpo collaborazionista che giurava fedeltà ad Hitler con giuramento bilingue. Il ddl 1360, invece, propone la creazione di una nuova onorificenza, l’Ordine del Tricolore, riservato a tutti coloro che hanno prestato servizio militare nelle Forze armate italiane durante la guerra 1940-1945 e che siano invalidi, a tutti coloro che hanno fatto parte delle formazioni armate partigiane o gappiste, regolarmente inquadrate nelle formazioni dipendenti dal Corpo volontari della libertà, oppure delle formazioni che facevano riferimento alla Repubblica sociale italiana: agli insigniti dell’Ordine del Tricolore dovrebbe infine essere riconosciuto un assegno vitalizio di 200 euro annui. Come si legge nella presentazione del ddl 1360, “l’istituzione dell’«Ordine del Tricolore» deve essere considerata un atto dovuto, da parte del nostro Paese, verso tutti coloro che, oltre sessanta anni fa, impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento convinti della bontà della loro lotta per la rinascita della Patria. Non s’intende proponendo l’istituzione di questo Ordine sacrificare la verità storica di una feroce guerra civile sull’altare della memoria comune, ma riconoscere, con animo oramai pacificato, la pari dignità di una partecipazione al conflitto avvenuta in uno dei momenti più drammatici e difficili da interpretare della storia d’Italia; nello smarrimento generale, anche per omissioni di responsabilità ad ogni livello istituzionale, molti combattenti, giovani o meno giovani, cresciuti nella temperie culturale guerriera e «imperiale» del ventennio, ritennero onorevole la scelta a difesa del regime, ferito e languente; altri, maturati dalla tragedia in atto o culturalmente consapevoli dello scontro in atto a livello planetario, si schierarono con la parte avversa, «liberatrice», pensando di contribuire a una rinascita democratica, non lontana, della loro Patria. Solo partendo da considerazioni contingenti e realistiche è finalmente possibile quella rimozione collettiva della memoria ingrata di uno scontro che fu militare e ideale, oramai lontano, eredità amara di un passato doloroso, consegnato per sempre alla storia patria”. Le intenzioni dei proponenti non potrebbero essere più esplicite. Questi due ddl si inseriscono in quel processo di pacificazione e di creazione di una innaturale memoria condivisa che ha lo scopo di minare le fondamenta antifasciste della Repubblica Italiana per poter cambiare la Costituzione che ne è alla base. Costituzione che, con il suo portato sociale, rappresenta un ostacolo per quella riorganizzazione dei rapporti economici e sociali in chiave sempre più selvaggiamente capitalista e liberista, se non autoritaria, che è in atto in Italia da oltre venti anni. E, come il capitalismo italiano ha sempre dimostrato anche nel passato, non esita a ricorrere al fascismo (nella sua forma originale, “neo” o “post”), o ad una riabilitazione di esso, per raggiungere i suoi scopi. Se da un lato si cerca di sfumare l’incommensurabile differenza tra le scelte degli uni e quelle degli altri per indebolire la base antifascista della Repubblica, dall’altro la parte politica che a queste basi si è sempre mostrata avversa cerca di autolegittimarsi, concentrando l’attenzione pubblica sul lato umano dei repubblichini e sui crimini (veri o presunti) commessi dai partigiani comunisti, le cui azioni vengono descritte con toni sempre più truculenti. Non si tratta di un’operazione recente. Già alla fine degli anni ‘80, infatti, Renzo De Felice e Giuliano Ferrara si confrontarono in due interviste su quella che consideravano la fine dell’antifascismo mentre, in pieno “craxismo”, si faceva un gran rumore parlando di “Grande Riforma”, “Seconda Repubblica”, “Nuova Costituzione”. Le reazioni che queste interviste scatenarono travalicarono ben presto il campo del dibattito storiografico per entrare in quello della polemica politica: si è così oltrepassato il confine che separa un giusto, ed auspicabile, “uso pubblico della storia”, che non deve assolutamente rimanere confinata nelle aule accademiche, dal suo “uso politico”, che consiste in un’operazione di sistematica “riscrittura”, in modo più o meno mistificatorio e decontestualizzato, per screditare una forza (o un’area) politica o accreditarne un’altra. La “storia”, e in specie il ciclo fascismo/antifascismo/guerra mondiale/resistenze, è sfuggita dalle mani degli storici ed è diventa una prateria dove ciascuno può compiere impunemente le proprie scorrerie, senza cautela alcuna, senza serietà, né onestà intellettuale. Questa operazione “culturale” portata avanti dal mondo politico è a tutti gli effetti “bipartisan”, come dimostrato dal fatto che il ddl 1360 è stato firmata anche da tre deputati del Pd. Nel 1996 fu il diessino Violante, presidente della Camera, ad esprimersi sulla necessità di comprendere “i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà”, pronunciandosi comunque contro quella che definiva un’“inaccettabile parificazione tra le parti”. La tendenza verso la parificazione è stata, invece, rafforzata da un discorso tenuto dal presidente della Repubblica Ciampi nel 2001, in cui ha affermato: “Abbiamo sempre presente, nel nostro operare quotidiano, l’importanza del valore dell’unità dell’Italia. Questa unità che sentiamo essenziale per noi, quell’unità che, in fondo oggi, a mezzo secolo di distanza, dobbiamo pur dirlo, era il sentimento che animò molti dei giovani che allora fecero scelte diverse; che le fecero credendo di servire ugualmente l’onore della propria Patria”. Si tratta esattamente degli stessi concetti espressi dal ddl 1360, legittimati dalla più alta carica dello Stato. In questa temperie politica e culturale si è generata una gara a relativizzare il fascismo, a concentrare l’attenzione su “zone buie” della Resistenza e “triangoli rossi”, a insistere sulle Foibe (dando numeri ridicoli, moltiplicando per fattore 100 o 1000 i morti), dimenticando genesi e contesto di quei fatti: un esempio su tutti sono i romanzi storici di Giampaolo Pansa, letti da migliaia di italiani che li hanno considerati come unici saggi “finalmente” attendibili sull’argomento, oppure l’istituzione del Giorno del Ricordo delle foibe o, ancora, la fiction “Il cuore nel pozzo”. Si tratta di quella che lo storico Angelo D’Orsi ha definito come una chiara operazione di “«rovescismo», che può essere definito come la fase suprema del revisionismo stesso», laddove con “revisionismo” intende «l’ideologia e la pratica della revisione programmatica»: «basta prendere un fatto noto, almeno nelle sue grandi linee, un personaggio importante, un episodio che ha costituito un momento variamente epocale... Poi si afferma che tutto quello che sappiamo in merito è una menzogna, o perché fondata sulla falsità, o perché basata sull’occultamento; di solito, responsabili delle menzogne e dei nascondimenti della verità, sono “i comunisti”. […] E più si spara in alto più si allarga il bacino d’utenza». Sulla scena pubblica, intanto, alcuni amministratori locali si sono dati da fare con la toponomastica per recuperare alle glorie patrie vecchi arnesi del Fascio, fino al punto di togliere la titolazione dell’aeroporto di Comiso a Pio La Torre, parlamentare comunista ucciso dalla mafia, per riattribuirla a Vincenzo Magliocco, generale nella guerra fascista di Etiopia. E così, giungiamo agli eventi più recenti: “il fascismo non è un male assoluto” sostiene l’ormai sindaco post(?)-fascista di Roma Gianni Alemanno. E il suo compagno di partito Ignazio La Russa, Ministro della Difesa, afferma con nonchalance che farebbe un torto alla sua coscienza se non ricordasse «che altri militari in divisa, come quelli della Nembo [reparto militarmente organizzato della Repubblica di Salò, inserito organicamente nei quadri della Wehrmacht, ndR] dell'esercito della Rsi, soggettivamente, dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d'Italia». Sono questi i motivi per cui oggi è sempre più difficile ricordare ed affermare che, parafrasando Calvino, il repubblichino più onesto, più in buona fede, più idealista, si batteva per una causa sbagliata, mentre anche il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, combatteva per una società più giusta. Ed è tenendo ben salda questa considerazione, ormai scomparsa dall’orizzonte culturale dell’opinione pubblica, che abbiamo deciso di organizzare un’iniziativa in cui poter discutere e riaffermare l’antifascismo e l’opposizione più netta verso ogni forma di revisionismo che miri a sovvertire i valori fondanti della consapevolezza storica e sociale, che miri a pacificare e confondere in una differenza indifferente oppressi ed oppressori.
Resistenza Universitaria (La Sapienza) - Militant Collettivi Universitari Roma3 - Collettivo Lavori in Corso (Tor Vergata)
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Post n°35 pubblicato il 17 Gennaio 2009 da Wild_Blue_Yonder
Basta con l’impunità del terrorismo di stato israeliano Consideriamo vergognoso l’atteggiamento del sistema d'informazione pubblico italiano che considera i palestinesi assassinati tutti terroristi, che trova una giustificazione per ogni crimine di Israele, che accusa Hamas di aver rotto una “tregua” in realtà fittizia, mentre tace sul fatto che durante essa numerosi sono stati i palestinesi uccisi dagli israeliani, che hanno anche rapito e sequestrato ministri (in numero di 8) del legittimo governo di Hamas e deputati del Parlamento (15), nell’indifferenza della “comunità internazionale”. |
Post n°34 pubblicato il 11 Dicembre 2008 da Wild_Blue_Yonder
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Post n°33 pubblicato il 09 Dicembre 2008 da Wild_Blue_Yonder
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Post n°32 pubblicato il 15 Novembre 2008 da Wild_Blue_Yonder
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Post n°28 pubblicato il 21 Maggio 2008 da Wild_Blue_Yonder
“Sono d'accordo, cambiamenti! “Martí disse: Essere colti è l'unico modo d'essere liberi , Nei giorni 21 e 22 maggio gli studenti del Gruppo di Ricerca e Studio sull'America Latina (La Sapienza) e il Comitato di Difesa della Rivoluzione (CDR-Roma) hanno organizzato una due-giorni di Dibattito e Festa per discutere dei processi di trasformazione economica, politica e sociale in atto a Cuba in questi anni, in particolare a seguito del passaggio dei poteri presidenziali del Consiglio di Stato cubano da Fidel Castro a Raúl Castro.
CDR – Roma
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Post n°25 pubblicato il 11 Maggio 2008 da Wild_Blue_Yonder
OPERAZIONE FOIBE Per capire dove inizia il mito e finisce la storia... |
Post n°24 pubblicato il 27 Aprile 2008 da Wild_Blue_Yonder
Roma - giovedì 24 aprile ore 15.30 Proiezione del documentario "Senza Tregua" di Marco Pozzi INTERVENGONO: MARCO POZZI - autore del film Il tracollo della "sinistra parlamentare" alle elezioni politiche del 2008 segna la scomparsa, ad oggi definitiva, della rappresentanza delle lotte e degli antagonismi sociali in Parlamento. Questoè ora in mano alla destra più feroce, clientelare, populista, razzista e xenofoba che si sia mai vista in questo paese, favorita da una finta opposizione che, nonostante gli appelli strumentali al "voto utile", ha ricevuto l’ennesimo schiaffo dal popolo italiano e dai suoi settori più disagiati e sfruttati: il suo gioco al "poliziotto buono" non ha pagato. In questo contesto l’attacco a quei pochi diritti sociali (istruzione, sanità, diritto a manifestare il proprio pensiero e dissenso) e alla gestione pubblica delle risorse del nostro paese si farà feroce e passerà attraverso leggi antisociali (esternalizzazioni, precarizzazione, privatizzazioni, speculazioni edilizie, elemosine per donne e bambini, etc.) e inevitabilmente arriverà ad attaccare e smantellare la nostra Costituzione e la memoria storica di chi, con il proprio sangue, ha combattuto ed è morto per far risollevare l’Italia dalla dittatura fascista: i partigiani, la Resistenza.
Questo 25 aprile diviene allora per noi giovani, studenti e antifascisti, non l’ennesima commemorazione, ma un nuovo inizio di lotta politica e battaglia culturale attiva per diffondere e far vivere ancora quel modo di pensare e fare LA politica: ribadirne i fondamenti di partecipazione solidale e democratica nell’antifascismo, l’esperienza della lotta armata e la riconquista (spesso passata per esperienze drammatiche come il confino, la tortura, il carcere, gli stupri) delle libertà formali (parola, stampa, opinione, manifestazione del dissenso) e delle libertà sostanziali (diritto ai beni primari come la casa, la salute, l’istruzione).
Perché ci pare indispensabile, oggi più che mai, ribadire la validità e l’attualità della pratica antifascista, non ridotta a mero valore trascendente e di pura testimonianza. Contro coloro che tendono ad appianare differenze, che azzerano i torti e le ragioni e accomunano nella stessa melma tutte le indistinte vittime italiane, monolite inaccessibile e incontestabilmente acritico. Contro il revisionismo dei letterati alla Pansa, Vespa e Mieli e la svendita e volgarizzazione da parte di una sinistra sempre pronta al mea culpa, ribadiamo la necessità di sottolineare la memoria di un profondo odio che divide e che non azzera le differenze, di un’esperienza storica non lineare, di non cadere nella facile e tanto ricercata retorica del conteggio delle vittime come valore su cui ricalcare e plasmare le nostre discussioni. Perché siamo stanchi di un’intellighenzia che inneggia ad una memoria bipartisan, ad una tregua civile, che si è limitata alla pura esaltazione del precetto della nonviolenza come ago della bilancia su cui fondare ogni giudizio. La morte appiattisce, unisce, offusca; e il valore e la moralità della Resistenza stettero anche nella capacità degli antifascisti di ricreare un’Italia libera anche a costo di spargimenti di sangue. Perché alla riabilitazione ideale del fascismo e alla parata riconciliatrice rispondiamo con la rivendicazione della nostra memoria divisa.
Ed è allora proprio l’Università il luogo di produzione e condivisione della cultura: lasciamo le aule senza dialogo e i tempi folli dell’esamificio e riprendiamoci la parola, la coscienza, la storia!
La Resistenza ci lascia un’eredità di inestimabile valore: la libertà come partecipazione. E’ una libertà di cultura, di azione, di rivolta e sovversione contro uno stato di cose profondamente ingiusto e drammaticamente violento.
Per questo abbiamo voluto dar vita ad un momento di dibattito pubblico ricordando un grande uomo e partigiano come Giovanni Pesce e con lui sua moglie Nori Brambilla, che misero il loro pensiero e la loro azione al servizio della libertà e della giustizia sociale, combattendo l’oppressione razziale, politica, economica, le barbariche ideologie di sterminio e di morte del nazifascismo e ridando all’Italia una nuova vita.
Di questa lunga storia, starà a noi raccogliere e continuare la sfida, la lotta.
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Post n°19 pubblicato il 19 Marzo 2008 da Wild_Blue_Yonder
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Post n°18 pubblicato il 10 Marzo 2008 da Wild_Blue_Yonder
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Post n°14 pubblicato il 04 Marzo 2008 da Wild_Blue_Yonder
Venerdì 7 marzo, alle ore 15.00, presso la casa dello studente in via C. De Lollis 20, avrà luogo "Parole Nomadi": convegno sull'immigrazione organizzato da "Resistenza Universitaria", laboratorio politico de "La Sapienza" di Roma. Il seminario invita ad una riflessione problematica sul caso eccezionale rappresentato dalla comunità rom, nel complesso panorama dell'integrazione etnica all'interno dello stato italiano. Un momento per indagare il rifiuto di una cultura, relegata ad un contesto periferico tanto sul piano spaziale quanto su quello umano. Uno sguardo alla politica fallimentare dei campi, teatri di sgombro di intere famiglie, poi allontanate in zone povere dei servizi di prima necessità, nonché all'ipotesi dei "Vilaggi della solidarietà", grandi aree di competenza comunale, oggetto di un insostenibile sovraffollamento. Un'analisi dell'assetto giuridico volto alla regolamentazione dei flussi migratori, con particolare attenzione alla recente normativa del "pacchetto sicurezza" e alla discrepanza tra questa e la legislazione europea. Soprattutto una risposta alle distorsioni e all'astio razziale accresciuti dalla drammatica scomparsa di Giovanna Reggiani, attraverso una ricostruzione storico geografica dell'identità rom. |
Post n°13 pubblicato il 13 Febbraio 2008 da Wild_Blue_Yonder
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il 24/06/2007 alle 16:46
Inviato da: agapito_malteni79
il 28/05/2007 alle 22:39