BARACCA CENTOVENTI di Marcello De Santis Baracca centoventi, un lungo urlare di numeri scavati sulla pellee in contrappunto l’eco delle stellenelle notti di ghiaccio. Inermi e rotti, là sul tavolaccioal buio dello scorrere dei giornistillano ai volti lacrime di salein attesa dei forniper un odio ancestrale. Baracca centoventi, nelle sereancora i fumi delle ciminiereacri tra i corpi stesi nell’orrorecumuli d’ossa senza dignità stremati burattini senza filisnodati e vuoti, soli, abbandonati,umani non più umani desiderosi dell’eternità. Tra le manigiorni che se ne vanno tutti ugualie rimpianti e preghiere. Un vecchio figge gli occhi nella goraove è costretto a stare a lungo in piediper inutili appelli, ripetutinella notte più volte e ancora e ancorain cerca di un’aurora, che sa che non verrà. La libertà è sepolta nei ghigni dei guardiani.Dentro l’animo scuroil vecchio esala l’ultimo sospiro. Baracca centoventi, nell’attesadi una fine pietosa un respiro angoscioso, poi… più niente. Tramonteranno i giorni, e da laggiùrisorgerà la luna, all’imbrunire,indifferente… S’alterneranno uguali altri domanie giorni e giorni e giorni…ed altri corpi al gelo seccheranno o bruceranno ai forni… Baracca centoventi, nel grigioresotto un cielo di piombo e senza stelleun violino stonato in agoniaquasi come d’antica sinfoniad’una dimenticata giovinezza. Baracca centoventi adesso vuota di lai pietosi di speranze vanesolo lacrime amare nella mota. Il latrato di un caneannuncia a tutti la comune sorte: le illusioni rubate… poi la morte.
Giorno della Memoria - 2014
BARACCA CENTOVENTI di Marcello De Santis Baracca centoventi, un lungo urlare di numeri scavati sulla pellee in contrappunto l’eco delle stellenelle notti di ghiaccio. Inermi e rotti, là sul tavolaccioal buio dello scorrere dei giornistillano ai volti lacrime di salein attesa dei forniper un odio ancestrale. Baracca centoventi, nelle sereancora i fumi delle ciminiereacri tra i corpi stesi nell’orrorecumuli d’ossa senza dignità stremati burattini senza filisnodati e vuoti, soli, abbandonati,umani non più umani desiderosi dell’eternità. Tra le manigiorni che se ne vanno tutti ugualie rimpianti e preghiere. Un vecchio figge gli occhi nella goraove è costretto a stare a lungo in piediper inutili appelli, ripetutinella notte più volte e ancora e ancorain cerca di un’aurora, che sa che non verrà. La libertà è sepolta nei ghigni dei guardiani.Dentro l’animo scuroil vecchio esala l’ultimo sospiro. Baracca centoventi, nell’attesadi una fine pietosa un respiro angoscioso, poi… più niente. Tramonteranno i giorni, e da laggiùrisorgerà la luna, all’imbrunire,indifferente… S’alterneranno uguali altri domanie giorni e giorni e giorni…ed altri corpi al gelo seccheranno o bruceranno ai forni… Baracca centoventi, nel grigioresotto un cielo di piombo e senza stelleun violino stonato in agoniaquasi come d’antica sinfoniad’una dimenticata giovinezza. Baracca centoventi adesso vuota di lai pietosi di speranze vanesolo lacrime amare nella mota. Il latrato di un caneannuncia a tutti la comune sorte: le illusioni rubate… poi la morte.