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Storie di Ordinaria Follia


Sono nell’Ufficio del consulente legale. Seduto di fronte a Lei, conversiamo circa un contratto da modificare. Ufficio open space, con dei pannelli di legno “a griglia” che dividono solo formalmente le aree dell’ufficio legale, segreteria, area amministrativa e presidenza dal resto degli uffici tecnici e di progettazione. Ma non coprendo completamente la visuale come e non garantendo la benché minima insonorizzazione. Stanno passando nel corridoio il Capo con un suo collaboratore e degli ospiti. Nel frattempo c’è un problema su un veicolo in Spagna, cliente muy importante, il Capo è in fibrillazione, per questo. Ovviamente il Post Vendita (io me medesimo) è sereno, sa che il veicolo è in officina, ha già contattato cliente, officina (improvvisandosi conoscitore dello spagnolo) e fornitore dei motori, ed è dell’avviso che ora deve lasciarli lavorare tutti in pace, non rompergli le palle ogni mezz’ora per chiedere notizie sullo stato d’avanzamento dei lavori. Alla fine riceverà una relazione, cercherà di trovare una soluzione più veloce possibile per risolvere il problema, e stop. Il cliente non fa pressioni particolari, è sereno anch’esso, non c’è motivo per agitarsi. Ma il capo è in fibrillazione uguale. In un caso analogo siamo rimasti scottati, ma non si ottiene da tutti la stessa collaborazione. Mi vede, mi chiede novità, mentre gli altri si fermano qualche passo indietro, rimanendo fuori dal mio campo visivo. Mi alzo, mi paro di fronte a lui. Vuole assolutamente che io chiami ancora il cliente, l’officina, gli spieghi cosa deve fare (“Ma.. lo sapranno bene, anche loro! Sono un’officina o no?” – dico io),  come farlo, di farlo velocemente, di mandarci il preventivo (“Ma.. se non sanno ancora dov’è il guasto!”- dico io). “Poi altrimenti.. come in Portogallo!” Il tono di voce è alto, è tutta mattina che è così. Mentre si muove verso l’uscita ed apre la porta, sbotto e sintetizzo i miei pensieri in: “Ma.. insomma, mica posso chiamare in un’altra nazione qualcuno di completamente sconosciuto ed a cui sto chiedendo un favore e dirgli: “Oh, mi raccomando, non lavorate col culo!!!””. Nel dirlo, faccio due passi seguendolo, e mi ritrovo oltre i pannelli. “Tu no, ma io sì!” –risponde.Mi fermo. Scuoto la testa. Sento dietro di me il collaboratore e gli ospiti che ridono, passandomi a fianco, mentre il collaboratore mi dà una pacca sulla spalla scuotendo la testa e ridendo anche lui. Sorrido anch'io, composto, aspetto che escano anche loro per mettermi a ridere più liberamente della scenetta di cui sono stato involontario protagonista.Cioè, noialtri qua, le rotelle mica ce le abbiamo a posto tutte. Ma.. siamo pittoreschi, nevvero? ;-)