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   Messaggio N° 8 04/05/2005 
 

La buccia di limone

La buccia di limone

Le cucine di una volta non erano lisce squadrate come quelle di oggi, avevano sporgenze e rientranze, spazi vuoti si alternavano a spazi affollati, angoli dimenticati dove da tempo immemorabile giaceva abbandonata una vecchia sedia su cui nessuno sedeva mai.
Non il bianco assoluto, il metallo, il legno lucidato, i colori squillanti di moda, le cucine di una volta erano azzurrine o verdine, grigi i lavelli di graniglia, la vernice azzurra passata e ripassata sui legni del tavolo e della credenza formava grumoli e bolle che irresistibilmente schiacciavo con l'unghia.
Le cucine di una volta avevano un tavolo al centro col piano di marmo bianco un po corroso agli angoli, li si preparavano i cibi, li si stirava coprendolo con una vecchia coperta bruciacchiata, li mangiavano i bambini sul seggiolone rosa coi pupazzetti e il sedile di incerata col buco al centro e i biscotti sbriciolati negli angoli che non si riuscivano a pulire, li mangiavano in fretta anche le cameriere spesso col piatto in mano.
I signori mangiavano in sala da pranzo.
Nel tavolo due cassetti uno per le posate, nel'altro mille cose, i fiammiferi, i tappi di sughero, una vecchia lista, due presine bisunte.
Troneggiava la cucina a gas, a quattro fuochi,con uno sportello forno e un altro in basso, la cui funzione di scaldavivande non era mai usata,perché vi erano riposte le vecchie padelle senza manico, era un mobile immenso e pesante di ghisa porcellanata bianca o marmorizzata con lucide maniglie di ottone, un tubo di gomma nera lo collegava alla parete.
"Avete chiuso il gas" la raccomandazione serale che scongiurava chissà quali disastri.
Perchè non ricordo mattinate in cucina?
In fretta bevevo il caffelatte coi biscotti, non c'era cornetto e cappuccino, correvo a scuola.
In mattinata si faceva la spesa, si pulivano le verdure, si preparava il pasto di mezzogiorno, poi si rigovernava.
Entravamo in cucina solo nel pomeriggio a fare dolci o a preparare qualcosa di speciale per la sera.
La mia famiglia composta di cinque figlie femmine, io la maggiore, la mamma, due o tre collaboratrici domestiche allora si chiamavano "persone di servizio", unico maschio, poco presente, mio padre.
Anche la cucina aveva una impostazione prevalentemente femminile si cucinavano dolci e " le belle cose per le bambine".
Cosi quasi ogni pomeriggio ci si avviava a fare qualcosa di buono per la cena, qualcosa di gradito alle "bambine" le pizzette fritte, i panzarotti imbottiti di ricotta, ma ve ne sarebbero stati alcuni ripieni di marmellata, le brioches, il gattò (sformato di patate ripieno di mozzarella) anch'esso profumato con la buccia di limone, ma la regina delle preparazioni era "la crema gialla";
La bibbia domestica "Il talismano della felicità"di Ada Boni edizione 1933 era l'unico libro di cucina allora in circolazione, non credo che in casa ci fosse una vera Bibbia, ma quel "Talismano" l'ho ereditato io, porta annotazioni di pugno di mia madre.
Nella sezione dolci la crema pasticciera era la base, in casa veniva chiamata la crema gialla per distinguerla dalla analoga crema al cioccolato.
Semplicissima la ricetta; tre rossi d'uovo, tre cucchiai di zucchero, tre cucchiai di amido o fecola, o in mancanza di farina per mezzo litro di latte mescolare bene e girare a fuoco lento fino che non si addensa formando bolle.
Per profumarla il tocco finale la buccia di limone.
Essere chiamati a collaborare alla cottura della crema era un grande onore, significava essere "grandi" e ricevere poi per premio la buccia da leccare.
La buccia veniva con grande abilità tagliata in un lungo ricciolo, immersa nel pentolino quello col manico lungo di alluminio pesante, e a me toccava girarla continuamente affinché non si attaccasse al fondo bruciandosi.
Saltellando su un piede o arrampicata su una sedia giravo con il cucchiaio di legno che precedentemente era stato strofinato generosamente anch'esso col limone.
Pian piano con compunzione giravo, il tempo sembrava infinito, poi plof ecco la prima bolla che si forma, rotonda, un cerchio che all'interno si solleva, si apre, plof, plof un'altra, un'altra ancora" é fatta" grido ora bisogna girare con più attenzione, maggiore é il pericolo che si attacchi;
Fuori dal fuoco ancora bisogna girare perché non si formasse" la pelle", ma ora mamma interviene, pesca nel composto la buccia di limone e me la porge in un piattino.
Somma felicità che non divido con le sorelle, prima col cucchiaino raccolgo la crema, poi a pezzi, faccio scivolare la buccia in bocca succhiando la crema e con la lingua spingo giù per la gola mentre il profumo di limone mi invade tutta.
Rivedo oggi quel piattino, quel giallo, quella buccia, ma quel profumo dov'é.




 
Inviato da wendypari @ 08:59:53
 
 
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