Ma che film la vita

Lettera di Beppe Carletti da www.nomadi.it


Ciao a tutti. Ammetto tutti i miei limiti: un pò per motivi generazionali, un pò per motivi personali non mi sono ancora abituato a Internet e ai cosiddetti Social Network. Lo ammetto sinceramente: non mi attraggono, non mi piacciono granché. Ma ne prendo atto. Oggi la comunicazione gira così. Da anni gestisco la mia personale comunicazione attraverso incontri, cene, interviste, ma anche tante telefonate fiume, sms. E continuo a farlo, perché è il modo in cui mi sento a mio agio: guardare negli occhi la gente, sentire la voce vera, metterci la firma, il nome e la faccia. Purtroppo, oggi, tanta gente usa la comunicazione dei social network per nascondere la firma e la faccia e per insultare, insinuare e giudicare gratuitamente. C'è addirittura qualcuno che mi definisce "fascista", altri che mettono in discussione la veridicità delle nostre iniziative di solidarietà e altri che se la prendono con l'azienda Nomade, quasi come se un'azienda fosse motivo di vergogna. Quando c'era Augusto tra noi i ruoli erano ben chiari e definiti naturalmente. Lui si è sempre occupato della comunicazione e io della parte più amministrativa. Con la massima fiducia reciproca, quello che andava bene a lui andava bene anche a me e viceversa. Già, perché i Nomadi sono sempre stati anche un'azienda. Inevitabilmente. Eravamo e siamo dei professionisti e la musica è allo stesso tempo il nostro mestiere e la nostra passione. Certo, è un'azienda particolare, in cui il bilancio cosiddetto sociale vale di più di quello economico e questo lo sappiamo bene. Questo per rispondere a chi spesso mi accusa sprezzantemente di essere il padrone di un'azienda. Non capisco dove sta l'offesa. E' il mio lavoro, lo è sempre stato, è il lavoro di tante persone che collaborano con i Nomadi. Era anche il lavoro di Augusto. Me ne prendo cura con onestà e senso di responsabilità, sapendo che ci sono decisioni non facili da prendere e la memoria di persone speciali da rispettare. D'altronde gestire un gruppo musicale in modo dilettantistico comporterebbe il rapido declino del gruppo stesso, per l'evidente necessità di organizzare, programmare e pianificare calendari, dischi, concerti, tutto insomma. C'è l'azienda, poi soprattutto c'è il Cuore. Il Cuore nomade. Quello delle idee, quello della passione, quello del Popolo Nomade, quello che forse ha distinto i Nomadi da tutti gli altri che fanno musica. E' un cuore grande, che ha conosciuto gioie e dolori, soddisfazioni e ostacoli. E' il cuore che batte sempre, che continua incessantemente. E' il cuore che ci siamo portati sul palco il 1° luglio del 1990, dopo un anno di stop forzato, quello che ci siamo portati sul palco dopo pochi giorni dalla scomparsa di Dante, quello che ci ha dato la forza di continuare nei mesi più duri della malattia di Augusto e che ci ha fatto tornare dopo pochi mesi dalla sua scomparsa. In tutte queste tappe abbiamo sicuramente perso degli amici che non hanno condiviso le nostre scelte, ma ne abbiamo trovati altri che si sono uniti al viaggio e altri ancora che abbiamo perso e poi ritrovato. Senza rancore. E' la vita e non si può pretendere di piacere a tutti o di raccogliere sempre consenso. Recentemente un fans club mi ha fatto un regalo bellissimo: un collage fotografico di tutti i musicisti che sono stati parte dei Nomadi. Me lo sono portato a casa e l'ho guardato a lungo: quanti volti, quanti anni, quanta storia. Alcuni di loro forse tante persone che ci seguono neppure li ricordano. Forse è giusto così. I Nomadi non saranno mai ricordati per le facce, per il gossip, per gli scandali ma solo per una cosa: LE IDEE, IL SUONO DELLE IDEE. Sta tutto qui e io continuo a crederci tantissimo. Saluto e ringrazio Danilo che ha condiviso un pezzo importante di viaggio e un pezzo di cuore Nomade. Ma il viaggio continua perché il cuore nomade continua a battere. I Nomadi stanno per tagliare il traguardo dei cinquant'anni e se ci penso mi vengono quasi le vertigini. Cinquant'anni fatti di gente, chilometri, strade, palchi ed emozioni, tantissime emozioni. Che meravigliosa avventura. Ma più del passato, è bello pensare a quello che ci sarà dietro la prossima curva, oltre la salita. Mi chiedo spesso cosa avrebbe detto e pensato Augusto. Sicuramente parole semplici perché riusciva a comunicare pensieri complessi anche in poche semplici parole. Chiudeva ogni concerto dicendo "E' stato bellissimo". Semplice, diretto, ma vero. E allora io voglio pensare che oggi dovremmo dire "Sarà ancora bellissimo". Sempre NomadiBeppe Carletti