Un confinato, un esule, uno sbiadito manichino che continua inutilmente a cercare luce dove poter brillare un po’. Una lucida disperazione che ha risparmiato solo l'infanzia. Un disincanto e ancor di più un disprezzo verso chi non sceglierei mai. Certi giorni sono cemento armato, soprattutto quando sembri una variabile, una scommessa, una specie di esperimento. Eppure c’è stato un tempo in cui ho sperato l'ingenuità fosse solo fame, coraggiosa debolezza, tentativo di sentirsi giusto. Da allora me ne fotto cercando di tenere a bada il senso di rivalsa, scimmiottando garbo, illudendomi intelligente e dispensando saggezza con la morte nel cuore. Non cadrò nella più comoda delle idealizzazioni, quella di sentirmi sicuro e sempre dalla parte della ragione, nemmeno quando faccio un’autocritica amara come il fiele, perché c’è del falso anche li. Ce n’è talmente tanto intorno che dubito reale persino la vita. E se non ci fossi? Se questi non fossero i miei giorni, le mie luci, le mie notti. Magari sono semplicemente un lusso da giorno festivo troncato sul nascere da un agguato fatto all'istante prima di un sorriso.Lo so, ci sono mille modi per masturbarsi e sto scegliendo quello il cui lo schizzo dura meno, perché mi lascio prendere da una selvaggia anarchia preda dell’osceno e del niente che mi stupra in pubblico per poi buttarmi in un angolo insieme ai peggiori difetti. Mi chiedo però se il modo giusto per tenersi lontano da tutto è quello di intrattenere un virulento legame con l'astrazione e con la fine, con la voglia di passare all’indecenza solo per scappare e cambiare identità.Quando vivere è dilaniante e non lo fai per chiavare, per giocare o brillare … sei al muro. Puoi diventare una specie di sacerdote di bugie e provare a ospitare una variante composta da brandelli di debolezza appesa a un'altalena nel deserto. Per questo credo sia passato il tempo dovuto.Ora sono un agente della notte, mi muovo nei blackout, nei cali di corrente, sotto la sorveglianza dei fulmini, mi impedisco ogni dolcezza e mi castigo, punendo le ingenuità inchiodandole con durezza alla bocca dello stomaco. Ieri una stronza aveva la lingua in bocca al suo uomo e mi guardava. Nemmeno se glielo avessi ucciso avrebbe saputo convincermi circa l'amore. Dovrei crederci ancora e invece lo trovo un gioco perverso come la vita. Quanto cazzo mi piaceva essere cercato, immaginato, diventare rifugio, essere carico di sentimenti, ego di un chiaro di luna. Non so più cosa sono, magari un inventario working progress oppure davvero un semplice agente della notte, destinato a sparire all’alba.