Rime zoppe

Onore al Requiem


Quando si definisce “icona” un’opera d’arte molto spesso ci si riferisce alla Nona Sinfonia di Beethoven e nemmeno a tutta l’opera, quanto in particolare all’infinitesimale porzione temporale che l’Inno alla gioia occupa nell’ambito di tutta la composizione. Questo non è accaduto per il Requiem di Mozart. A mio avviso ciò è accaduto per tutta una serie di motivi. Gli incerti natali dell’opera (alcune fonti dicono che pressato dai molti impegni, tra cui il Flauto Magico, non fece in tempo a completare il lavoro commissionatogli da un nobilotto, Franz von Walsegg zu Stuppach, che intendeva esibire l’opera come sua al funerale della moglie); il fatto che pur di riscuotere la somma offerta dal nobiluomo la moglie Constanze radunati gli appunti lasciati alla rinfusa abbia dato l’incarico agli allievi del maestro per condurre a termine il capolavoro. Joseph Eybler, e soprattutto Franz Freistädler e Franz Xaver Süßmayr avrebbero terminato le parti incompiute e per alcune sezioni disegnato la musica che non esisteva, consultando degli appunti di Mozart. Né francamente appare del tutto credibile che un capolavoro di siffatta grandezza possa essere frutto di quello che alcune voci chiamano “lavoro di bottega”, frutto cioè della cooperazione di molte mani. L’intensità drammatica, il pathos e il dolore a volte struggente dell’opera e alcuni suoi slanci miracolosi non possono far credere a chi mastica musica che per la gran parte quella sia l’opera di un gruppo seppur valido di allievi. Sono del parere che il genio non si sostituisce con il fervore e l’ammirazione. Ogni volta che ascolto il Requiem resto colpito dal fatto che esso ci parla direttamente; non solo: parla direttamente a qualcosa di intimo in noi, a quella che qualcuno molto più ottimista di me definisce “l’anima”. Chiudendo gli occhi pare che qualcuno ci conduca per mano a visitare luoghi dai quali poi, alla chiusa dell’ultima nota, torniamo indietro: confusi ma beati, colmi di una gioia interna che loro, sempre i più ottimisti chiamano Grazia. Armonia interiore quindi data dall’armonia che Mozart ha saputo creare. Per i neofiti consiglio non l’ascolto dell’opera completa, ma di alcune parti di essa come il Lacrimosa, il Tuba Mirum o il Confutatis. Vedrete che poi, come convogliati in un tunnel di luce, vorrete ascoltare tutto il resto e non una sola volta. Proprio come capita a me. Anno di composizione presunto: 1791Anno di morte di Mozart: 5 dicembre 1791 Struttura dell’opera I. Introitus 1. Requiem aeternam II. Kyrie III. Sequentia1. Dies irae 2.Tuba mirum 3. Rex tremendae 4. Recordare 5. Confutatis 6. Lacrimosa IV. Offertorium 1. Domine Jesu 2. Hostias V. Sanctus VI. Benedictus VII. Agnus Dei VIII. Communio 1. Lux aeterna