Marius Lion

Muoverci verso lo splendore.


Essere sovrani, indipendenti, autonomi, è il percorso normale di crescita all’interno di questo tipo di manifestazione, e rifiutarsi di farlo è un po’ come tradire lo stesso progettista del gioco.Non che non se ne  abbia la facoltà, o ci siano dei tempi prefissati oltre ai quali non si dovrebbe andare. È che il tragitto prevede che ad un certo punto ci si assuma la responsabilità di ciò che siamo e di cosa vogliamo manifestare relativamente a noi stessi e alla realtà che in un qualche senso ci competa. Siamo in una concretezza fortemente manipolata, e da una parte può sembrare una noiosa ripetizione, dall’altra invece, non dovremmo mai scordarlo, e ripetercelo anzi, ad ogni passo e ad ogni respiro.Perché dobbiamo svincolarci da ogni condizionamento, conosciuto o non, e fare in modo che non accada più, in qualsiasi tempo, luogo e spazio del creato. Perché una vita senza libertà non ha alcun significato, attese le nostre origini.Sul perché e come sia nata questa anomalia oscura non sembra per adesso che ci siano valide interpretazioni. Il problema è però un altro. Noi, i protagonisti, che tipo di vita vogliamo interpretare? Vogliamo continuare a muoverci a malapena, costretti in una scatola bloccata, serrata, sigillata, o vogliamo spaziare per l’intera manifestazione, senza limite alcuno, a parte il non danneggiare altre entità della creazione, arricchendo la conoscenza del primo emanatore, e sperimentando tutto quanto la nostra più fervida immaginazione ci permetta di fare?È probabile che lo sviluppo dell’essere da individuo a cosmico, passando per tutte le normali fasi di incremento, passi attraverso questa scelta di fondo. Che si riallaccia alla fine a quell’assunto introduttivo.Tutto è in noi movimento. Ogni singola parte di noi è perennemente in azione. Ma, forse la movenza più auspicabile è quella che ci porta verso lo splendore dell’avvio. Chiudere gli occhi d’altro canto, per pigrizia, per presunta impotenza, per ritenuta debolezza o inettitudine, non ci fa affatto bene. E, del resto, a  chi, o a cosa, serve? Ergerci torreggianti nelle nostre capacità, abilità, condizioni universali, potrebbe invece averlo un giusto senso. Perché rispetteremmo la nostra fortuna innanzitutto, e daremmo valore a quell’essenza divina alla quale apparteniamo. Ma, soprattutto, garantiremmo magnificenza a qualcosa che è stato generato per essere tale. Che poi è proprio ciò che intimamente siamo. Namasté.. Marius L.