Creato da RoHarLu il 01/01/2012
L'Infinito Gioco di Ciò che Sempre È [Vita].
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Post n°233 pubblicato il 27 Aprile 2018 da RoHarLu
Tutto è Uno, e qualsiasi cosa si avverta di "altro" e differente, costituisce solo un lampo della rivelazione del Creatore nell'illusoria distesa di se stesso. Tuttavia, a parte l'inizio di qualsiasi inizio, quanto dopo può unicamente essere indicato come espressione di co-creazione. Il Creatore crea se stesso. E poi altri sé ancora e ancora, e ad ogni porzione del tutto viene spontaneamente e sicuramente consentito di aggiungere frazioni di ulteriore manifestazione, in qualsiasi verso o senso. Così, quando entriamo in un campo qualsiasi, al di là di ogni nostra prerogativa derivante già dalla nostra Essenza/Origine, non possiamo non rinvenirci sempre un qualcosa di nostro, che possa essere idea, o principio, o un pensiero di un qualche genere. È probabilmente il motivo per il quale ci sentiamo spesso a "casa" in un qualche posto. Non è solo perché ci siamo magari stati, in una qualche espressione che, per le tante ragioni che abbiamo spesso esplicitato, non riusciamo esattamente, o, almeno, compiutamente, a riportare nella memoria fisica. Ma è perché, soprattutto, vi abbiamo a suo tempo aggiunto qualcosa di nostro, anzi, qualcosa che è "precipuamente" nostro. Il sistema di soggezione e schiavitù al quale è stata sottoposta l'umanità terrestre, particolarmente nelle ultime migliaia di anni, con tutti i meccanismi - proprietà privata, denaro, e conseguenti vincoli, influenze, dipendenze, manipolazioni e condizionamenti - che ne sono a vario titolo connessi, ha prodotto, complice anche una tecnologia non ancora completamente esposta che definire invasiva appare eccessivamente generoso - un quasi totale sopore, al limite del coma, in quasi tutta la popolazione, al punto da fare quasi totalmente dimenticare quella libertà che dell'essere è caratteristica del tutto naturale. Così dappertutto, malgrado il cuore ci stimoli in tutt'altre direzioni, la mente, a tratti plagiata, ci conduce a sentimenti e percezioni di considerevole estraneità con luoghi - oltre che con esseri - che, per determinazioni intime altrove assunte, siamo "destinati" a contenere e comprendere. Uno dei giochi più gradevoli di questa transeunte dimensione, è quello della connessione maestro-discepolo. In questa dinamica, accade spesso che il maestro navigato, al momento dell'incontro con colui che in quella vita, o circostanza, si trova a recitare il ruolo dell'apprendista, esprime la propria gioia con un "finalmente", avverbio che ogni ricercatore di verità si è trovato almeno una volta a sognare espresso nella sua direzione, e in quei termini. Forse, in quell'abbraccio, e in quella voce, si può rinvenire unicamente la celebrazione del ritorno a quella realtà che entrambi avevano, in una qualche parte dello spazio multidimensionale, co-creato, magari congiuntamente all'istanza da parte del maestro e nei confronti dell'allievo, di una coerente assunzione di responsabilità, se non definitiva, in qualche modo almeno determinata. Questa è l'era, o il momento, dei gruppi, e anche per questi ultimi valgono le riflessioni degli ultimi capoversi. Chi ha, in un qualche lembo di mondo, e tempo e dimensione, scelto di fare parte di un team, di una compagnia, per portare avanti un qualche sogno, ha contribuito in qualche modo, ma sempre in maniera decisiva, alla manifestazione fisica di quel team o compagnia. Per questo, quando abbandonato lo stato di narcosi, e il dormiveglia nella gran parte dei casi indotto, ci ricongiungiamo a quel gruppo che è certamente un pezzo di noi, non riusciamo a non provare in un qualche senso una percezione di "casa". Namasté. Un Saluto di Cuore, nel gioco Infinito di ciò che sempre È [Vita]. Marius L. |
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