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"MORTE DI UN BLASFEMO": LIBRO SU SHAHBAZ BHATTI, MINISTRO CATTOLICO UCCISO IN PAKISTAN


Il 2 marzo del 2011 Shahbaz Bhatti, cattolico, ministro pakistano per le Minoranze Religiose viene ucciso con 30 colpi di arma da fuoco. Da sempre impegnato nella difesa dei cristiani e di tutte le altre minoranze, Bhatti era “colpevole” di volere la revisione della legge sulla blasfemia e di avere difeso Asia Bibi, la donna cristiana madre di 5 figli condannata a morte in nome di questa norma. Lo ricorda il libro “Morte di un blasfemo. Shahbaz Bhatti un politico martire in Pakistan” edito dalla casa editrice San Paolo. Il testo verrà presentato il 2 marzo, nel primo anniversario della sua morte, alla Pontificia Università Lateranense. Debora Donnini ha intervistato l’autrice del libro, Francesca MilanoR. - E’ un uomo dalla storia assolutamente straordinaria. Due sono gli elementi fondamentali nella sua vita: da una parte l’amore per il Pakistan, per tutti i pachistani e quindi la voglia di creare un ponte tra le varie religioni, e dall’altra parte la fede in Dio. Questo lo ha portato a rischiare la vita senza paura.D. – Fin da giovane Shahbaz Bhatti difende le minoranze a rischio della sua stessa vita e di quella dei suoi famigliari. Fonda l’associazione “All Pakistan Minorities Alliance” e poi diventerà ministro per le Minoranze Religiose…R. – Fin da bambino si è sempre interessato ai più poveri, alle ingiustizie della società. Poi negli anni dell’università ha formato questa associazione e si è speso in difesa degli studenti che venivano in qualche modo colpiti da minacce, da aggressioni fisiche, perché i pochi studenti cristiani che arrivavano a studiare all’università, venivano minacciati. Poi il suo intervento è stato fondamentale insieme agli altri volontari della sua associazione quando in Pakistan c’è stato il terremoto, nel 2005. E’ stato un evento catastrofico e lui è sceso in campo in prima persona per la ricostruzione, per l’aiuto in particolare nei confronti dei bambini che erano rimasti orfani.D. – Bhatti ha anche ottenuto che in una prigione della provincia del Punjab ci fosse una cappella: un evento straordinario per il Pakistan…R. – Sì, assolutamente. Ci teneva moltissimo perché i detenuti potessero quantomeno aver un luogo in cui poter pregare. Questo perché prima esistevano soltanto aree dedicate alla preghiera dei musulmani. Lui ha fatto veramente molto per questo Paese non soltanto per i cristiani ma anche per le altre minoranze che sono in difficoltà quanto i cristiani in questo momento.D. – Si pensa che il suo omicidio sia avvenuto per mano di fondamentalisti islamici, perché Bhatti aveva ricevuto molte minacce…R. – Shahbaz Bhatti aveva ricevuto minacce fin da giovane. Lui ha iniziato la sua attività a difesa delle minoranze religiose da giovanissimo, prima dei tempi dell’università, quindi è da sempre stato nel mirino dei fondamentalisti. Ovviamente questo si è aggravato quando ha cominciato a interessarsi della questione relativa alla legge sulla blasfemia perché è una “legge nera”, come si dice in Pakistan, una legge intoccabile. Questo lo ha messo ancora più a rischio. Non è l’unico, perché anche il fratello Paul Bhatti, che ha vissuto in Italia tanti anni e adesso è tornato in Pakistan per continuare il lavoro di Shahbaz, era andato via dal Pakistan proprio perché non si sentiva sicuro.D. – L’uccisione di Shahbaz viene appunto legata alla sua lotta contro la legge sulla blasfemia e anche alla difesa di Asia Bibi, la donna cristiana madre di cinque figli condannata a morte per blasfemia. Quante persone in Pakistan sono colpite da questa legge?R. – La legge sulla blasfemia colpisce tutti quelli che in qualche modo offendono il Corano o Maometto. Questa legge colpisce centinaia di persone in Pakistan, che non sono tutte appartenenti a minoranze religiose, ci sono anche moltissimi musulmani che vengono accusati di blasfemia. Questo perché questa legge viene utilizzata spesso per dirimere questioni personali, magari legate a beni o a terreni… Sono veramente tante le persone colpite da accuse di questo tipo, come Asia Bibi, e tutte quante fanno parte della fascia più bassa della popolazione, quindi hanno anche difficoltà nel difendersi. Shahbaz Bhatti andava loro incontro, nel senso che ha sempre cercato di difenderli e ha cercato di abrogare, se non di modificare, questa legge.D. – Questa legge sulla blasfemia viene usata anche per altri scopi?R. - Nei confronti dei cristiani o di altri appartenenti alle minoranze viene chiaramente usata come cavillo per cercare di convertirli perché poi a queste persone che vengono accusate, come nel caso di Asia Bibi, viene chiesto di convertirsi all’Islam.D. – Nel suo testamento spirituale Shahbaz Bhatti scrive: “Voglio solo un posto ai piedi di Gesù… Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire”. Nonostante le minacce e le difficoltà, quello che lo ha spinto ad andare avanti è stato dunque il suo amore per Gesù Cristo e la sua fede nella vita eterna…R. – Assolutamente sì. E’ stato un uomo di grande fede che sapeva benissimo quali erano i rischi a cui andava incontro ma nonostante questo non si è mai limitato nelle sue attività. Non gli interessava rischiare la vita. Sapeva di fare una cosa giusta e l’unica cosa che desiderava era veramente un posto ai piedi di Gesù. (bf)www.radiovaticana.org -