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SE DAVVERO IL PAPA SI DIMETTESSE


Lunga e serena vita a Benedetto XVI. Ma quali ricadute sull'immaginario ecclesiologico e fors'anche sulla teologia cattolica avrebbe l'idea di un Pontefice che non è «per sempre»?E se il Papa si dimettesse? Seguo con astratta curiosità l'ipotesi (in questi giorni stranamente diffusa) che Benedetto XVI possa «andare in pensione», tanto più strana in quanto proviene da ambienti «conservatori» che sono tutt'altro che ostili a Ratzinger: ne hanno parlato con intere paginate, per dire, Giuliano Ferrara e Antonio Socci. E - se lo fanno, per di più contro quello che sembrerebbe il loro stesso interesse - si vede che qualche carta in mano devono pur avercela...Lunga e felice vita a Benedetto XVI! Non mi interessa infatti il gossip. Mi interessa piuttosto lo scenario che queste ipotetiche dimissioni potrebbero scatenare (e che, detto per inciso, per certi aspetti avrebbe alcune conseguenze a parer mio non dissimili dal «sogno» espresso giorni fa su queste pagine da Aldo Maria Valli).Giuridicamente infatti un «gran rifiuto» del Pontefice è possibile e persino regolamentato, si sa, e in certi casi (cfr. malattia invalidante le facoltà mentali) fors'anche auspicabile. Proviamo però a immaginare che cosa succederebbe davanti a un atto del genere, già avvenuto nel passato ma comunque mai nella storia del papato moderno. E non parlo delle conseguenze giuridiche, tecniche, pratiche nel governo di un meccanismo complesso come la Chiesa, quanto delle ricadute sull'immaginario ecclesiologico e fors'anche sulla teologia della stessa «catholica».Nemmeno il Papa è «per sempre»: ecco il primo messaggio chiaro che giungerebbe ai fedeli e al mondo intero. Disastroso - forse - per certi ambienti, per i quali sembrerebbe l'ennesimo cedimento alla mentalità precaria e relativista di questa modernità «liquida»; liberante invece per altri, poiché aiuterebbe a scardinare l'idea di una Chiesa immobile e immutabile «in saecula saeculorum» fin nei più piccoli dettagli, monolitica e pesante come un macigno con i suoi perentori «no», impermeabile a qualunque debolezza e fors'anche umanità. Il Papa che invece si ritira come un qualunque pensionato, il «vicario di Cristo» che fa un passo indietro, il Sommo Pontefice che cede il triregno del potere e calza le non più sacre pantofole di un'umana, umanissima impotenza... Uno straordinario e assai eloquente «atto di libertà spirituale», sottolinea lo stesso Ferrara.Cadrebbe così un assoluto - o meglio: uno dei tanti presunti «assoluti» dei quali abbiamo circondato la Chiesa, come di una palizzata che difende (forse) e rassicura, ma di certo imprigiona e soprattutto falsifica la reale essenza di ciò che racchiude. Forse - dopo - sarebbe un po' più facile tornare all'essenziale: che è sempre fragile, misterioso, soggetto a dubbi e difeso soltanto dalla nostra responsabile fede e dalla grazia di Dio. Ancora il «laico» Ferrara: «Non sarebbe per assurdo (quello delle dimissioni papali) un modo di rinnovare la Chiesa?... Stiamo parlando di un gesto altissimo, prezioso, profetico... che non si può mettere in alcun modo in relazione con le questioncelle sollevate da qualche inchiesta televisiva o da qualche leak di fonte più o meno vaticana... Scombussola certezze tradizionali secolari, innova radicalmente».Un ritorno all'essenziale, appunto, ottenuto attraverso lo «scandalo» e il paradosso: due elementi di metodo strettamente evangelico, dove vince chi si ritira e vive per sempre chi sa perdere la vita... Perché no? Forse l'Elefantino ci ha preso: le dimissioni sarebbero un gesto più efficace e «parlante» di qualunque enciclica, anche per il Papa «professore» e «teologo». Col che: lunga e serena vita al Pontefice regnante!di Roberto Beretta - vinonuovo.it -