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LA MORTE DI PIERMARIO: QUANDO TUTTO DIVENTA SPETTACOLO


In questi giorni abbiamo tutti negli occhi le immagini di Piermario Morosini, centrocampista del Livorno classe 1986, che corre verso l’area avversaria, cade, fa per rialzarsi, ricade una seconda volta, si rialza ed infine e crolla di nuovo a terra.Era un sabato pomeriggio come molti altri e si stava disputando il trentunesimo minuto della partita Pescara – Livorno, valida per il campionato di serie B. Giocatori e panchine si rendono subito conto della gravità della situazione; i sanitari corrono in campo e tentano di stimolare il cuore di Morosini. Dopo un’ora e mezza, tuttavia, non rimane loro altro che decretare la morte del giocatore, per cause tutte da indagare. L’autopsia, eseguita lunedì, non ha tuttavia rivelato alcuna causa macroscopica di morte: non vi è stato né un infarto, né un aneurisma, come si era ipotizzato in un primo momento. Serviranno dunque ulteriori indagini, molto più approfondite, per tentare di capire la causa di morte del giovane “Moro”, come lo chiamavano amici e tifosi. Inoltre verranno fatti, come da prassi, gli esami tossicologici ed è anche stato aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio colposo.Trovare delle spiegazioni ad un evento così tragico è molto difficile e l’atteggiamento più giusto sarebbe quello di stare zitti e rimettersi al mistero della morte e del dolore.Ma tutto questo non è successo, anzi. Da sabato sera in poi, televisioni, giornali e siti internet non hanno fatto altro che riproporre milioni di volte i drammatici fotogrammi narranti il malore di Morosini, per poi aggiungere alle immagini parole su parole, con il solo risultato di banalizzare la verità dei fatti.La spettacolarizzazione, insomma, ha avuto ancora una volta la meglio su qualsiasi logica dettata dal buonsenso. Inoltre, l’esuberanza mediatica non ha dimostrato alcun rispetto per il dolore degli amici dei familiari e del giovane Piermario, i quali hanno dovuto chiedere esplicitamente, per mezzo dell’U.S. Livorno, il ritiro dei video e delle immagini riguardanti la morte del loro caro.C’è poi un secondo aspetto sul quale preme ora soffermarsi, ovvero la decisione della FIGC di sospendere tutti i campionati previsti per il fine settimana e per la giornata di lunedì. Ebbene, questa scelta si è rivelata del tutto inadeguata, per vari motivi. In primo luogo, la sospensione delle partite non ha affatto favorito un silenzio di riflessione su quanto accaduto a Morosini (ed era forse questo l’intento sotteso alla decisione della Federcalcio), bensì ha dato spazio alla spettacolarizzazione del dramma, come si è già sottolineato. Inoltre, già la domenica sono cominciate le discussioni su quando recuperare la giornata saltata senza andare ad incidere svaforevolmente sui risultati e sugli introiti televisivi. In seconda istanza, la scelta di fermare tutte le competizioni non ha tenuto conto dei tifosi che si erano già mossi al seguito della loro squadra, magari macinando centinaia di chilometri. In ultima analisi, infine, forse la sospensione dei vari campionati non sarebbe stata condivisa neppure da Morosini stesso, che investiva nel calcio gran parte della propria vita. Attenzione, nel fare queste affermazioni non si intende affatto dire che il soffermarsi a riflettere sulla drammatica morte del giovane centrocampista del Livorno sia stato un errore in sé, ma semplicemente che lo si è fatto in una maniera ipocrita ed esclusivamente di facciata: è vero, per due giorni non sono disputate sfide entro le linee bianche del rettangolo di gioco, ma in televisione e sui media si è giocato a spettacolarizzare e banalizzare la morte.Cinque minuti di silenzio all’inizio di ogni match, invece, sarebbero invece stati un gesto più significativo e molto più utile alla riflessione personale. Oltre che un modo per rispettare maggiormente il dolore di chi “Moro” lo conosceva da vicino.- Giulia Tanel - www.libertaepersona.org -