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IL PERDONO CHE CAMBIA LA VITA DI TUTTI, VITTIME E CARNEFICI


Il perdono è un atto che non può prestarsi a nessuna forma di banalizzazione. Non significa affatto ignorare il male subito, né è un sentimento che emerge spontaneamente. Partendo da queste due elementari considerazioni, proviamo ad immaginarci un papà e una mamma che hanno perso il loro figlioletto di sei anni, in un incidente stradale: omicidio colposo, ma pur sempre omicidio. Provare un moto di perdono in tempi rapidi per chi compie un atto del genere, è comunque una prova di coraggio eroico.La signora Raffaella, protagonista della triste storia, non solo non riusciva a perdonare il carnefice di suo figlio: aveva sete di vendetta. Non le bastava che quell’uomo andasse in galera e scontasse per intero la pena che il giudice gli avrebbe comminato. No, lo sciagurato doveva morire, nello stesso modo in cui era morto il piccolo: investito da una macchina. Non giustizia, ma vendetta. Occhio per occhio, dente per dente.Raffaella ha raccontato la sua vicenda assieme al marito, lo scorso 1 maggio, alla Fiera di Rimini, a conclusione della 35° Convocazione Nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo. A seguito dell’incidente in cui era morto suo figlio minore, ed erano rimasti miracolosamente illesi il fratello più grande ed un amichetto di entrambi, la povera mamma aveva trascorso mesi d’inferno. Non dormiva più e andava avanti a tranquillanti. “Ero scossa da un odio profondo – ha raccontato Raffaella – per quella persona, avevo sete di vendetta e non di giustizia, avevo deciso che se mai lo avessi trovato in strada gli avrei fatto fare la fine di mio figlio, perché ero decisa a investirlo con la mia auto”.Tutta la famiglia e gli amici erano a conoscenza delle intenzioni della donna. Temendo potesse mettere in pratica il terribile proposito le nascosero il nome del colpevole, peraltro noto a molti. Poi l’uomo viene arrestato, processato e condannato: omicidio colposo causato da guida in stato di ebbrezza. Non molto tempo dopo, viene scarcerato per buona condotta. Per Raffaella è una nuova pugnalata, come se suo figlio fosse stato ucciso due volte.Successivamente, il marito di Raffaella, che gestisce un’attività commerciale, è testimone di un provvidenziale episodio rivelatore. Una donna, in preda all’agitazione, entra nel suo negozio, non con l’intenzione di acquistare alcunché, ma per poter fare una telefonata. Il negoziante assiste attonito e silenzioso alla conversazione. Al telefono la donna parla di un uomo che è rimasto vittima di un incidente: una sbarra di ferro, caduta da un camion, l’ha colpito alla schiena, paralizzandolo dalla cintola in giù. Non è tutto: emerge anche che lo sventurato, anni prima, è stato condannato per omicidio colposo, per aver investito un bambino di sei anni, guidando in stato di ebbrezza. “Mio marito, allora, con una calma donata solo dal Signore – ha proseguito Raffaella – prese la foto di nostro figlio e la mostrò commosso alla signora dicendo: ‘Sono io il padre di quel bambino’”.Appreso l’episodio dal marito, Raffaella si scioglie dalla commozione. Qualcosa è cambiato in lei: il dolore per la perdita del figlioletto non si placherà mai, ma l’odio per chi l’ha ucciso, come d’incanto, è svanito. Quell’uomo, adesso, è sotto il peso della sua croce e forse, come il buon ladrone accanto a Gesù, sta implorando uno sguardo o una parola di misericordia. “Dio mi aveva cambiata, sentimenti nuovi erano entrati in me – ha detto Raffaella -. Il perdono ormai faceva parte della mia vita!”. Nessuno le avrebbe mai restituito suo figlio, ma finalmente l’immenso dolore di questa madre, conosceva un momento di autentica e profonda consolazione.Raffaella non si è accontentata di un perdono “nel profondo del suo cuore”. Adesso vuole fare un passo ulteriore: “Ho chiesto al mio sacerdote di farmi da tramite perché ho intenzione di incontrare quella persona, per offrirgli la mia preghiera e il mio perdono”, ha concluso la donna davanti allo sbalordito e commosso pubblico della Fiera di Rimini.di Luca Marcolivio - lottimista.com -