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LA LIBERTA' DI PIETRO


Nell’udienza del 9 maggio, commentando un passo degli Atti degli Apostoli sulla vita di San Pietro, in carcere per volere di Erode Agrippa, Benedetto XVI ha espresso una riflessione utile per leggere il momento presente. “Mentre Pietro era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui” (At.12,25). La forza della preghiera incessante della Chiesa, ha commentato il Papa, sale a Dio e il Signore ascolta e compie una liberazione impensabile e insperata, inviando il suo Angelo. La prigione è invasa da una luce e Pietro è invitato a mettere il mantello e a seguire l’Angelo. Così si ritrova libero. L’evento prodigioso coglie Pietro nel sonno. Pur in carcere, Pietro dormiva. Pur nella tribolazione, Pietro viveva un atteggiamento di tranquillità e di fiducia , “egli si fida di Dio, sa di essere circondato dalla preghiera dei suoi e si abbandona totalmente nelle mani del Signore. Così deve essere la nostra preghiera: assidua, solidale con gli altri, pienamente fiduciosa verso Dio che ci conosce nell’intimo e si prende cura di noi al punto che – dice Gesù – persino i capelli del vostro capo sono tutti contati... Non abbiate paura” (Mt.10,30-31). In questi giorni in cui tanto si parla della Chiesa e della sua crisi, del Papa e dei tradimenti di chi dovrebbe assicurarGli fedeltà, la situazione vissuta dal capo degli Apostoli, sembra attuale. Ascoltando Benedetto XVI era già sorto il pensiero che il Papa pensasse anche a sé, come se rileggesse la sua storia in quella del pescatore di Galilea. Oggi il paragone non è più un azzardo. Come fu per Pietro, la forza del Papa “addolorato e colpito”, come Lui stesso si è definito, riposa nella fiducia in Dio che può tutto, accompagnato dalla preghiera della Chiesa. Per Papa Benedetto non si tratta di catene, ma di un battage mediatico chiassoso e infangante che certo otterrà, su un uomo mite e trasparente come papa Ratzinger, l’effetto opposto a quello cercato. Il Papa è consapevole dell’inganno e della tentazione del potere, così forte oggi, che seduce gli uomini. Nell’omelia di Pentecoste, il Papa ha descritto la trama dei rapporti sociali con una chiarezza senza mezzi termini. “Permangono squilibri che non di rado portano a conflitti; il dialogo tra le generazioni si fa faticoso e a volte prevale la contrapposizione; assistiamo a fatti quotidiani in cui ci sembra che gli uomini stiano diventando più aggressivi e più scontrosi; comprendersi sembra troppo impegnativo e si preferisce rimanere nel proprio io, nei propri interessi”. Viviamo, senza accorgercene, la condizione della Babele biblica in cui gli uomini, “mentre tentavano di essere come Dio, correvano il pericolo di non essere più neppure uomini, perché avevano perduto un elemento fondamentale dell’essere persone umane: la capacità di accordarsi, di capirsi e di operare insieme”. E’ cresciuta la possibilità di comunicare, ma, paradossalmente, ci capiamo sempre meno, serpeggia “un senso di diffidenza, di sospetto, fino a diventare perfino pericolosi l’uno per l’altro.” E’ una forma di lealtà chiedersi se sia corretto il modo in cui oggi viene gestita l’informazione e se si rispetti la persona. In attesa di accertare i fatti, “l’episodio della liberazione di Pietro ci dice che la Chiesa, ciascuno di noi, attraversa la notte della prova, ma è la vigilanza incessante della preghiera che ci sostiene. Anche io, fin dal primo momento della mia elezione a Successore di san Pietro, mi sono sempre sentito sorretto dalla preghiera di voi, dalla preghiera della Chiesa, soprattutto nei momenti più difficili. Ringrazio di cuore. Con la preghiera costante e fiduciosa il Signore ci libera dalle catene, ci guida per attraversare qualsiasi notte di prigionia che può attanagliare il nostro cuore, ci dona la serenità del cuore per affrontare le difficoltà della vita, anche il rifiuto, l’opposizione, la persecuzione. Come dice San Paolo, «la forza di Cristo si manifesta pienamente nella debolezza» (2Cor 12,9).- Pagetti Elena - CulturaCattolica.it -