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LA VIOLENZA SULLE DONNE HA MILLE FACCE..MA NON CONFONDIAMO LE COSE


«I tiepidi sono persone che conoscono la verità, ma la sostengono finché coincide col loro interesse, altrimenti la abbandonano».(Blaise Pascal)Ha ragione la blogger Nadia Somma, che oggi così scrive su Il Fatto quotidiano: «La violenza sulle donne ha mille facce». Chissà perché, però, lei ne vede solo una, ed è la faccia dei volontari del Movimento per la vita che da sempre stanno accanto, concretamente, alle mamme in difficoltà e che chiedono di far approvare la proposta di iniziativa popolare per “Regolamentare le iniziative mirate a informare su alternative all’aborto”. Paura, anzi terrore che entrino nei consultori.Così infatti titola il suo pezzo: «Legge 194, l’ultima offensiva: movimenti antiaboristi nei consultori».Sarebbe “violenza”, questa? Che ci siano delle persone che amano e difendono la vita e che spiegano alle donne le possibili alternative all’aborto?La legge 194, agli articoli 2 e 5 specifica bene il ruolo dei consultori familiari, che sono proprio tenuti ad informare sui «servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante» e a contribuire «a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza». Sempre l’articolo 2 così recita: «I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita».Quale sarebbe, dunque, la minaccia, o l’ “ultima offensiva”? Applicare parti della 194 che spesso sono disattese?Prosegue la Somma: «Nel testo della legge è scomparsa la parola donna e sostituita con quella di madre e la parola bambino ha sostituito la parola feto, ma qui si tratta di una legge che si rivolge alle donne che intendono interrompere una gravidanza».E’ «una delle mille facce della violenza sulle donne» chiamare le cose – in questo caso le persone – con il loro nome?Una donna, quando è incinta, è inconfutabilmente madre del figlio che ha in grembo. La Somma (che è somma di tutti quelli che la pensano come lei) riterrà magari politicamente scorretto mettere nero su bianco proprio questo, ma è la verità sì o no?Ancora: la legge 194 titola: «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza» e l’articolo 1 così recita: «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio».Se le parole e l’ordine con cui sono scritte hanno un senso, prima che nominare l’ interruzione di gravidanza, la 194 garantisce (o dovrebbe garantire) la tutela sociale della maternità, e prima di «rivolgersi alle donne che intendono interrompere una gravidanza», impegna lo Stato a tutelare la vita umana dal suo inizio.E’ violenza anche questa: far conoscere interamente e correttamente la legge 194?Sa, cara Somma, qual è l’unica, vera violenza sulle donne? E’ lasciarle nell’ignoranza, o distorcere la realtà, che poi è uguale.E’ far loro credere che possono accoppiarsi con chi vogliono quando vogliono come vogliono, senza spiegare che un atto d’amore (o sessuale: va di moda dire così) può avere come conseguenza una gravidanza, che vuol dire che ti trovi ad aspettare un figlio; che quel bimbo crescerà dentro il tuo grembo. E’, in nome dell’autodeterminazione, liquidare quell’eventuale gravidanza, qualora indesiderata, come un “incidente” al quale si può porre facilmente rimedio con la “pastiglietta” Ru486, o con l’aborto chirurgico. Con tutti gli omissis del caso, in primis il bambino che verrà soppresso. E’ lui il primo, incredibile “piccolo-grande assente”, nonostante l’evidenza di una presenza così presente che… fa muovere tutti: la sua mamma che se non lo vuole o se è indecisa si reca al consultorio, il padre che – se informato – dovrebbe poter fare la sua parte, gli operatori del consultorio, i medici, eccetera… C’è, è presenza ineludibile, anche se invisibile, eppure… vietato nominarlo.Questa è violenza vera! Se una mamma non sa, perché nessuno gliel’ha detto, che in grembo ha suo figlio, un bambino (e non materia informe, grumo di cellule, bubbone, parassita, e idiozie simili…)! Se nessuno le dice come può essere aiutata economicamente e psicologicamente a portare avanti quella gravidanza, se non ha i mezzi e/o e forze per farlo. Se non le si spiega che quel bimbo, anziché ucciderlo, può partorirlo e darlo in adozione. Se non viene informata su come avviene l’aborto, o l’espulsione del feto: suo figlio, dopo l’assunzione della Ru486. Se nessuno le dice che quel figlio può ucciderlo o a quel figlio può dare l’unica possibilità che ha per vivere la vita. Se è lasciata sola come (anzi, peggio!) di un cane, e nessuno l’aiuta a guardare avanti, non solo al momento presente e cioè alla scoperta di qualcuno di inatteso, ma che certamente non è “arrivato dal nulla”.Guardare avanti significa anche sapere di essere sostenute ed accompagnate, quei nove mesi e anche dopo. Significa essere avvertite delle conseguenze fisiche e psicologiche a cui può portare un aborto. Significa una compagnia che ti prende per mano e ti aiuta a vivere la bellezza di una maternità, anche, magari, non “cercata”.Ha proprio ragione la blogger Nadia Somma: è in atto “l’ultima offensiva” a difesa della vita e forse la puntigliosa ha capito perché spaventa così tanto certe donne, anzi le terrorizza. Perché è una parola che è la somma (lettera minuscola) di sei lettere. Una parola oggi insopportabile: verità. Saro Luisella  - Fonte: CulturaCattolica.it