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IL CASO ISINBAYEVA E IL TRAMONTO DELL'OCCIDENTE


E’ giovane, bella, famosa, desiderata. Non è solo un’atleta straordinaria, ma è anche laureata in fisica e segue un corso di formazione post-laurea. Parla inglese e gira per il mondo. Insomma, è lontana anni luce dallo stereotipo delle “vecchie coi rosari” di cui Franco Battiato canta nella sua “Prospettiva Nevsky”, eterno simbolo della Russia autocratica e retrograda.Sarà per questo che le parole di Yelena Isinbayeva, 31 anni, campionessa del mondo femminile di salto con l’asta, hanno fatto tanto rumore. In conferenza stampa, la sportiva ha difesola legge del governo russo contro la propaganda omosessualista, sostenendo che “in Russia non abbiamo mai avuto questi problemi e non ne vogliamo avere nemmeno in futuro. Se si permette che vengano promosse e fatte certe cose per strada, è giusto avere molta paura per il futuro del nostro Paese. Noi ci consideriamo persone normali. Viviamo uomini con donne e donne con uomini”. Quanto alle proteste degli atleti stranieri e alle ipotesi di boicottaggio delle Olimpiadi Invernali di Soci del 2014, la “Zarina” le ha definite irrispettose nei confronti della propria nazione: “forse siamo un popolo diverso da quello di altri Paesi, ma abbiamo le nostre leggi e vogliamo che gli altri le rispettino, perché noi all'estero lo facciamo”. Sono parole che evocano quelle del celebre film di Sergej Eisenstein, “Alexander Nevsksy”. In quella pellicola di propaganda staliniana e di tenore anti-tedesco, l’eroico Principe russo ammoniva gli invasori mongoli: “Chi è ospite in casa d’altri non picchia i suoi ospiti!”. Che tale monito risuoni oggi nelle parole dell’atleta russa, è il segno di un popolo che conserva coscienza di sé e della propria dignità, al di là del succedersi delle generazioni e dei regimi politici.Dicevamo delle polemiche. Lo statunitense Nick Symmonds, uno dei principali protagonisti delle proteste contro la legge, si è detto stupito che una donna “di mondo e tanto intelligente” come la Isinbayeva possa essere così “fuori tempo”. Forse nella Germania degli anni ’30, per non sentirsi “out”, Simmonds avrebbe invocato lo sterminio degli omosessuali. Non possiamo dirlo con certezza, ma viene da consolarsi rileggendo Chesterton, quando affermava che, tra le altre cose, il cattolicesimo libera l’uomo da una schiavitù degradante, quella di essere figlio del proprio tempo.Pare strano, insomma, che una donna bella e “intelligente” abbia potuto esprimere il proprio pensiero in piena libertà, dissentendo dall’unica religione obbligatoria rimasta, quella del politicamente corretto. Talmente strano che il Ministero della Verità si è subito mobilitato, provvedendo a cancellare le tracce del misfatto: così, un’ovvia precisazione della stessa atleta russa, la quale ha specificato che le sue parole non intendono in nessun modo giustificare discriminazioni delle persone omosessuali in quanto tali, è stata descritta da tutti i media come una smentita, anzi come una ritrattazione in piena regola. Il nuovo totalitarismo che avanza, insomma, ricorda un po’ il vecchio stalinismo d’antan: non si limita a criminalizzare il dissenso, ma pretende anche pubbliche abiure, fabbricandole persino di sana pianta, quando non sia possibile ottenerle dai diretti interessati.Nei “due minuti d’odio” contro l’Isinbayeva si è particolarmente distinto Gianluigi Piras, consigliere ed ex-assessore del comune sardo di Jerzu, coordinatore regionale dell’Anci Giovani e presidente del Forum regionale del PD sui “diritti”, ossia sui capricci ideologici di omosessuali e dintorni. Il Nostro era assurto già in passato – per così dire – agli onori delle cronache per aver vietato di concedere aree comunali ai campi scout cattolici, avendo l’Agesci organizzato un convegno in cui un relatore sconsigliava di attribuire ruoli di responsabilità a gay dichiarati. Ora, diventato pupillo di quell’altro fenomeno di Pippo Civati, ha tentato di ironizzare sulle coraggiose dichiarazioni dell’atleta russa e sulla presunta smentita con un sobrio commento affidato a Facebook: “Isinbayeva, per me possono anche prenderti e stuprarti in piazza. Poi magari ci ripenso. Magari mi fraintendono”.Ora, non saremo certo noi a stracciarci le vesti e scagliare la prima pietra contro il povero Piras, anche perché in passato abbiamo visto di peggio, e da parte di esponenti politici più vicini alle nostre sensibilità. Chiaramente la sua intendeva essere una provocazione e in nessun modo voleva davvero augurarsi lo stupro della Isinbayeva. Quello che stupisce, però, è l’automatismo del riferimento, che non ti aspetteresti da un uomo di cultura “progressista”; è un certo retrogusto intollerante, che suona strano in bocca a chi fa della “cultura dei diritti” la propria bandiera. “Il mio utero è gestito dai capoccia del partito”: forse avevano ragione gli Amici del Vento, quando ironizzavano sulla falsa libertà di certo femminismo post-sessantottino e sulla falsa coscienza di certo progressismo.Ma ciò che stupisce ancora di più è che un simile idiota, che evidentemente non dispone degli strumenti intellettivi necessari per distinguere lo stupro di una donna dal divieto di propaganda dell’ideologia omosessualista, possa aver ricoperto incarichi di responsabilità ed essere (stato) considerato uno dei politici più promettenti della nuova generazione. E’ questo un segno lampante della bancarotta culturale, prima ancora che morale, del nostro Occidente. Siamo arrivati alla frutta e non ce ne accorgiamo, anzi pretendiamo di dare lezioni agli altri. I quali, però, di tanto in tanto hanno il buon cuore di farcelo notare. Grazie, Yelena: da oggi abbiamo un motivo in più per fare il tifo per te. di Marco Mancini - campariedemaistre.com -