ASCOLTA TUA MADRE

CARO PROFESSOR PAOLO CREPET.....E SE ANDASSIMO A TROVARE DIO?


«Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». (Mt, 11, 25)Sentite questa.«Ma invece di mettere il crocefisso, perché non mettono un Bambin Gesù che ride? Il crocefisso è un torturato a morte. Perché mettere l'immagine di un torturato a morte? Nella Chiesa cattolica c'è anche il bambino che sorride. Visto che devi stare anche cinque ore in un liceo con tutti i ragazzi che lo guardano, il crocefisso ti fa venire l'angoscia. È come mettere uno sulla sedia elettrica».Non è la nuova versione dello «scheletrino mezzo nudo» a firma di Adel Smith, il fondatore dell'Unione dei Musulmani d'Italia, che qualche anno fa aveva chiesto la rimozione del crocifisso dall’aula della scuola frequentata dai figli. No. A spararla grossa, questa volta, è Paolo Crepet, psichiatra, scrittore, sociologo, ospite frequente dei salotti buoni della tivù (e anche delle parrocchie). Impossibile non conoscerlo: l’uomo si presenta bene, calibra i tempi televisivi, alza l’audience. Sguardo ammaliante, sa di piacere.Se a tema c’è l’adolescenza disturbata: disagio giovanile, problemi alimentari, droga, violenza, suicidi… puoi star certo che tivù o giornali lo interpellano. Lui sa. Conosce bene i giovani, li ha studiati. Ne ha scandagliato il cuore, la mente, l’anima, tutto.Versione con baffo o senza baffo, capello lungo portato un po’ così, gambe accavallate, dalla poltrona o dal divanetto analizza, discetta, teorizza. Sforna diagnosi e terapie. Gli presentano l’ultimo fatto di cronaca e lui a dare consigli ai genitori, agli educatori, anche ai preti: si fa così, non si fa colì. Scorrete questa manciata di titoli dei suoi libri: "L'autorità perduta. Il coraggio che i figli ci chiedono", "Sfamiglia. Vademecum per un genitore che non si vuole rassegnare", "La Gioia di educare", “Non siamo capaci di ascoltarli - Riflessioni sull’infanzia e sull’adolescenza”, “Le dimensioni del vuoto. Giovani e suicidio”. Piacciono così tanto, questi titoli, che a Crepet le parrocchie offrono microfono e pubblico, perché impartisca lezioni a cattolici impreparati.E mentre qualche Cortile dei Gentili l’avrà di sicuro messo in scaletta per l’estate e starà stendendo il tappeto rosso (come siamo masochisti noi cattolici, nessuno!), commentando l’iniziativa del nuovo sindaco di Padova, Massimo Bitonci, il tuttologo se ne esce con questa idiozia sul crocifisso-che-mette-angoscia.Ciascuno, sull’opportunità di rendere o meno obbligatorio il crocifisso nelle scuole e nei locali pubblici, la pensi come crede, ma sappia, Crepet, che Gesù non si può fare a pezzi come hanno diviso in parti le sue vesti. Quel Bambino di Betlemme che le sta simpatico e che le mette allegria è lo stesso che le mette angoscia (!) se lo vede morto in croce ed è lo stesso che poi è risorto. Non le piacerà, ma è così. Cristo è questa storia qui o non è, e nessun momento della sua vita avrebbe senso senza gli altri.E allora, lasci perdere il sindaco Bitonci e le sedie elettriche, e si prenda qualche minuto per leggere questa storia di Oscar, un bambino malato di cancro, protagonista del romanzo breve Oscar e la dama in rosa di Eric-Emmanuel Schmitt. Non ne anticipo la trama perché voglio lasciare, a chi lo desideri, tutto il gusto della lettura.Se Crepet vuole (davvero) capire il crocifisso, metta da parte le sue lauree e la sua specializzazione, le tavole rotonde con gli esperti ed anche le sue personali teorie. Legga questa storia e accetti di farsi spiegare da un bambino malato, vicino alla morte, quelle braccia spalancate in croce. Si stupirà. Sono la carezza del Nazareno.“Se andassimo a trovare Dio?”“Ah, ecco, ha il suo indirizzo?”“Penso che sia nella cappella.”Nonna Rosa mi ha vestito come se si partisse per il Polo Nord, mi ha preso fra le sue braccia e mi ha accompagnato alla cappella che si trova in fondo al parco dell’ospedale, oltre i prati gelati. Insomma, non sto a spiegarti dov’è, visto che è casa tua.È stato un colpo quando ho visto la tua statua, insomma, quando ho visto in che stato eri, quasi nudo, magro magro sulla tua croce, con delle ferite dappertutto, il cranio sanguinante sotto le spine e la testa che non stava nemmeno più sul collo. Mi ha dato da pensare. Mi sono sentito rivoltare. Se fossi Dio, io, come te, non mi sarei lasciato ridurre in quel modo.“Nonna Rosa, sia seria: lei che era lottatrice di catch, lei che è stata una grande campionessa, non si fiderà di quell’essere!”“Perché, Oscar? Daresti più credito a Dio se vedessi un culturista con i muscoli gonfi, la pelle unta d’olio, i capelli corti e il minislip che ne fa risaltare la virilità?”“Beh...”“Rifletti, Oscar. A chi ti senti più vicino? A un Dio che non prova niente o a un Dio che soffre?”“A quello che soffre, ovviamente. Ma se fossi lui, se fossi Dio, se, come lui, avessi i mezzi, avrei evitato di soffrire.”“Nessuno può evitare di soffrire. Né Dio né tu. Né i tuoi genitori né io.”“Bene. D’accordo. Ma perché soffrire?”“Per l’appunto. C’è sofferenza e sofferenza. Guarda meglio il suo viso. Osserva.Sembra che soffra?”“No. È curioso. Non sembra che abbia male.”“Ecco. Bisogna distinguere due pene, Oscar, la sofferenza fisica e la sofferenza morale. La sofferenza fisica la si subisce. La sofferenza morale la si sceglie.”“Non capisco.”“Se ti piantano dei chiodi nei polsi o nei piedi, non puoi far altro che avere male.Subisci. Invece, all’idea di morire, non sei obbligato ad avere male. Non sai che cos’è. Dipende dunque da te.”“Ne conosce, lei, di persone che si rallegrano all’idea di morire?”“Sì, ne conosco. Mia madre era così. Sul suo letto di morte, sorrideva di avidità, era impaziente, aveva fretta di scoprire che cosa sarebbe successo.”Non potevo più discutere. Dato che m’interessava conoscere il seguito, ho lasciato passare un po’ di tempo riflettendo su quanto mi diceva.“Ma la maggior parte delle persone sono senza curiosità. Si aggrappano a ciò che hanno, come il pidocchio nell’orecchio di un calvo. Prendi Plum Pudding, per esempio, la mia rivale irlandese, centocinquanta chili a digiuno e in slip prima della sua Guinness. Mi diceva sempre: «Spiacente, io non morirò, non sono d’accordo, non ho sottoscritto». Si sbagliava. Nessuno le aveva detto che la vita doveva essere eterna, nessuno! Si intestardiva a crederlo, si ribellava, rifiutava l’idea di morire, si infuriava, e caduta in depressione, è dimagrita, si è ritirata dall’attività sportiva, non pesava ormai che trentacinque chili, sembrava una lisca di sogliola, ed è finita in pezzi. Vedi, è morta lo stesso, come tutti, ma l’idea di morire le ha rovinato la vita.”“Era idiota, Plum Pudding, Nonna Rosa.” “Come tanti.”Ho assentito con la testa perché ero abbastanza d’accordo.“Le persone temono di morire perché hanno paura dell’ignoto. Ma per l’appunto, che cos’è l’ignoto? Ti propongo, Oscar, di non aver paura ma fiducia. Guarda il viso di Dio sulla croce: subisce il dolore fisico, ma non prova dolore morale perché ha fiducia. Perciò i chiodi lo fanno soffrire meno. Si ripete: mi fa male ma non può essere un male. Ecco! È questo il beneficio della fede. Volevo mostrartelo.”“O.K., Nonna Rosa, quando avrò fifa, mi sforzerò di aver fiducia.”Mi ha baciato. In fondo si stava bene in quella chiesa deserta con te, Dio, che avevi un’aria così tranquilla. Autore: Saro, Luisella  - Fonte: CulturaCattolica.it