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ABORTO, UN MODO PER UCCIDERE I POVERI


Se coloro che meritoriamente si battono per l’accoglienza degli immigrati e contro la povertà fossero coerenti, non dovrebbero lasciare ai cosiddetti “cattolici integralisti” – termine tornato ultimamente in auge – l’esclusiva sulla battaglia contro l’aborto. Questa, anche se ci si guarda bene dal sottolinearlo, è infatti pratica particolarmente efficace proprio per l’eliminazione prenatale di bambini che, se fossero nati, avrebbero corso un alto rischio di crescere in una condizione di povertà.Trattasi di un fenomeno talmente evidente che perfino gli studiosi del Guttmacher Institute – nota organizzazione abortista – in una ricerca pubblicata lo scorso anno sono stati costretti ad ammetterlo [1]. Il dato significativo, emerso anche in questo studio, è che l’aumento degli aborti tra le donne povere si è verificato in un contesto che, dal 2000 al 2008, ha invece registrato negli Stati Uniti un lieve calo (-0,8%) dei tassi di aborto complessivi; aumento assai consistente per giunta: + 17,5%.Il dato è così imbarazzante che gli autori di questo studio, Jones e Kavanaugh, hanno tentato di spiegarlo arrampicandosi sugli specchi e ragionando sulla difficoltà che le donne povere potrebbero aver incontrato nell’accesso alla contraccezione a causa della recessione economica del 2008 [2]. Peccato che l’ipotesi sia assai inverosimile per almeno tre ragioni. Anzitutto perché la crisi è iniziata nel 2008, mentre l’aumento degli aborti tra le donne povere esaminato prende avvio dal 2000.Prendersela con la crisi quindi convince poco anche se indubbiamente l’impoverimento può contribuire non poco alle difficoltà che molte donne incontrano nel portare a termine la loro gravidanza. A questo riguardo, si segnala la pubblicazione, anche in Italia, di numerosi articoli stampa volti proprio a sottolineare il rischio che la crisi economica possa costituire un nuovo ostacolo alla maternità [3].Il punto – dicevamo – è però un altro: lo studio del Guttmacher Institute esamina i tassi di aborto dal 2000 al 2008, dunque con l’aumento degli aborti tra le donne povere la crisi non c’entra. Anche perché altri studi statunitensi segnalano già per l’anno 2000 una decisa crescita del fenomeno abortivo tra le giovani meno abbienti [4]Una seconda ragione per cui è improbabile che la crisi in quanto tale possa determinare o aver determinato un aumento significativo degli aborti procurati tra le donne povere, è che essa – per ragioni facilmente comprensibili – incide primariamente, aumentandola, sulla percentuale di donne povere più che nel loro tasso di ricorso all’aborto procurato. La crisi può quindi spiegare un aumento di aborti sul quantitativo totale di un campione, ma non su quelli che già si verificano tra donne povere, sottogruppo preso in esame dallo studio di cui stiamo parlando.Un terzo argomento contro l’ipotesi che l’aumento di aborti tra donne povere possa essere stato determinato da una nuova difficoltà di accesso alla contraccezione è che essa – contrariamente a ciò che comunemente si pensa – non determina alcun calo del fenomeno abortivo. Anzi, ci sono studi che hanno messo in luce come un maggior accesso alla contraccezione, anche se nell’immediato può arginare i tassi di gravidanza e conseguentemente gli aborti, nel lungo periodo, a causa della mentalità sessualmente disinvolta che indirettamente incoraggia, finisce col favorire un aumento delle gravidanze [5]. Un dato suffragato dal fatto che oltre la metà delle donne intenzionate ad abortire in precedenza facevano regolare ricorso alla contraccezione [6].Come spiegare l’aumento degli aborti tra le donne povere? Le ipotesi possono essere varie. Tuttavia, posto che la variabile contraccettiva, come abbiamo visto, gioca un ruolo molto più marginale del previsto – o può addirittura essere considerata concausa dell’aumento degli aborti -, è realistico, in consonanza con altri studi, ritenere che a pesare su questo fenomeno siano una sempre più precaria stabilità affettiva, oltre che lo scarso sostegno istituzionale offerto alla maternità [7]. Di qui la necessità di maggiori e concreti aiuti alle donne in gravidanza difficile o indesiderata.Con ciò – si badi – non s’intende ridurre la maternità a questione economica, né tanto meno asserire che le donne in gravidanza indesiderata meritino di essere sostenute solo se povere, giacché l’aborto, ogni aborto, rappresenta un crimine contro il nascituro e una violenza contro la donna. Solo, si vuole evidenziare come in misura crescente a ricorrere a questa pratica siano donne e coppie povere o immigrate [8].Ragion per cui battersi contro l’aborto – oltre che espressione della difesa del fondamentale diritto alla vita – sta diventando sempre un più una frontiera della lotta alla povertà [9]. Ed è un vero peccato che, da un lato, taluni facciano un gran parlare della necessità di prestare aiuto ai più poveri salvo poi, d’altro lato, dimenticarsi che una donna gravida, magari straniera e senza sostegni è – insieme al bambino che porta in grembo – il nuovo volto della povertà.[1] Jones R.K. – Kavanaugh M.K. (2011) Changes in Abortion Rates Between 2000 and 2008 and Lifetime Incidence of Abortion. «Obstetrics & Gynecology»; 117 (6): 1358-1366; [2] «The economic recession that was occurring in 2008 may have made it harder for poor women to access contraceptive services, resulting in more unintended pregnancies»; [3] Per esempio: Simbula C. Una conseguenza della crisi? L’aumento degli aborti. «Il Fatto Quotidiano» 15.1.2011: 10; Venni F. Aborto «per far quadrare i conti». «Libero». 19.3.2009:14; [4] Cfr. Jones R. K. – Darroch J.E. – Henshaw S.K. (2002) Patterns in the socioeconomic characteristics of women obtaining abortions in 2000-2001. «Perspectives on Sexual and Reproductive Health»; 34(5):226-235; [5]Cfr. Arcidiacono P. et al. (2005) Habit Persistence and Teen Sex: Could Increased Access to Contraception Have Unintended Consequences for Teen Pregnancies?, Working Paper, Duke University Department of Economics: 1-38 at 31; http://www.econ.duke.edu/~psarcidi/teensex.pdf; [6] Cfr. Guttmacher Institute (2008), Facts on Induced Abortion in the United States, http://www.guttmacher.org/pubs/fb_induced_abortion.html; [7] Cfr. Finer L.B. et al. (2005) Reasons U.S. women have abortions: quantitative and qualitative perspectives. «Perspectives on Sexual and Reproductive Health»; 37(3):110–118; [8] Questo vale con particolare evidenza anche per il nostro Paese. Non a caso la più recente relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della Legge 194/’78 sottolinea, con riferimento al tasso di abortività complessivo, «il sempre più rilevante contributo delle donne straniere». http://www.mpv.org/mpv/allegati/10202/relazione2011.pdf; [9] Cfr. Yuengert A. – Fetzer F. (2005) Economic research into the abortion decision: A literature review and a new direction. «Life and Learning»; 15: 421-439.Fonte:giulianoguzzo.