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IL VIAGGIO DI BENEDETTO XVI IN MEDIO ORIENTE E ISRAELE


Pubblichiamo intervento di Guido Guastalla, Assessore alla cultura - Comunità ebraica Livorno.E’ inutile rimarcare l’importanza del viaggio di Benedetto XVI in Israele e in Medio Oriente: è sicuramente il viaggio più importante e impegnativo di questo come di tutti i pontefici della cristianità cattolica. Paolo VI si recò a Gerusalemme ma in quello che allora era territorio giordano. Quando Giovanni Paolo II arrivò in Israele tutto il paese rimase col fiato sospeso, e quando si presentò, fragile e tremolante, ma forte di una volontà incrollabile di chiudere duemila anni di odii, incomprensioni, persecuzioni e chiusure, al Kotel (il Muro occidentale o del pianto), il luogo più sacro per l’ebraismo e per ogni ebreo, un silenzio surreale e una commozione straziante si sparse in tutto Israele e il soffio biblico di un vento leggero attraversò tutto il paese.C’è una sola medicina per guarire l’uomo e liberarlo dall’odio: l’amore. Giovanni Paolo II la usò con grande generosità e coraggio. I rapporti fra ebrei e cristiani non sarebbero più stati come prima. Benedetto XVI non potrà ripetere lo stesso gesto e ottenere lo stesso risultato, ma potrà fare molto di più: aiutare il trialogo fra ebrei, cristiani, musulmani.Il suo viaggio è iniziato col piede giusto. L’incontro col Re di Giordania, il paese musulmano più tollerante e aperto al dialogo, ha già ottenuto un risultato ampiamente positivo, e indica quello che il Rabbino Jacob Neusner, americano e amico del Papa ha definito, in un recente discorso (5 maggio, Università di Miami) come il trialogo fra Ebraismo, Cristianesimo e Islam: il dialogo ebraico-cristiano, dice Neusner, iniziato poco più di un secolo fa deve trasformarsi in un rapporto che includa anche l’Islam. Che questo Papa (non è un caso che sia stato allievo di Romano Guardini) annetta grande e decisiva importanza al dialogo ebraico-cristiano non è una novità: è stupefacente rilevare quante volte Benedetto XVI abbia parlato di questo rapporto nei suoi primi quattro anni di pontificato. Ma non possiamo dimenticare gli autorevoli interventi precedenti. Fra tutti voglio ricordare la prefazione del 2001 al documento finale della Pontificia commissione biblica (Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia Cristiana). Nel riaffermare che “…un congedo dei cristiani dall’Antico Testamento… avrebbe la conseguenza di dissolvere lo stesso cristianesimo, ma non potrebbe essere utile ad un rapporto positivo fra cristiani ed ebrei, perché sarebbe loro sottratto proprio il fondamento comune”, Benedetto XVI conclude: “Io penso che queste analisi saranno utili per il progresso del dialogo giudeo-cristiano, ma anche per la formazione della coscienza cristiana”. Mi capitò tempo fa di intervenire con Giorgio Israel a difesa delle posizioni ripetutamente assunte da questo papa, anche precedentemente all’assunzione al soglio pontificio, a favore e per lo sviluppo del dialogo interreligioso. Vedo che gli avversari di allora hanno riconosciuto che non c’erano intenti di chiusura o peggio ancora di ripresa di vecchi stereotipi antigiudaici nelle iniziative del Papa. Tutto il Rabbinato israeliano riceverà con grandi onori Benedetto XVI che, riprendendo il discorso del rabbino Neusner parla ad Amman di dialogo trilaterale fra le tre religioni. Certamente i temi religiosi si intrecciano con quelli diplomatici, politici, economici: di grande evidenza e preoccupazione sono soprattutto le difficoltà che incontrano i cristiani di Oriente a rimanere nei luoghi in cui vivono da sempre. Ma senza un rapporto dialogico di profondo rispetto, pur nelle differenze sostanziali, e di amore fra tutti gli uomini di buona volontà, anche la pace fra i popoli e le nazioni sarà impossibile. Ecco quello che ci attendiamo da questo viaggio di Benedetto XVI. - Culturacattolica -