ASCOLTA TUA MADRE

COSA DICE MARIA, OGGI ALLA CHIESA


Maggio è il mese dedicato a Maria, la madre di Gesù, e tutto il mondo cattolico si riunisce intorno a una tradizione popolare, nata dalla celebrazione dei tempi della natura – di cui oggi si è in parte persa l’antica consapevolezza – quando maggio era l’unico mese dell’anno nel quale fiorivano le rose, prima che l’innesto con una varietà orientale nel XIX secolo permettesse loro di fiorire da aprile a ottobre. Maggio era unico, di rara bellezza, atteso perché anticipava l’estate dopo l’inverno; desiderato, perché era il tempo di feste, incontri, matrimoni e della celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, in particolare la prima comunione e la cresima, anche oggi abitualmente celebrati nelle parrocchie italiane in questo mese. La Chiesa da sempre ha inteso accogliere questa tradizione e farla propria, così da favorire una riflessione profonda sul valore e sulla centralità della figura della Madonna nella fede cattolica. Se da un lato le celebrazioni tradizionali hanno l’innegabile pregio di rendere ordinaria, tra i fedeli, la relazione con le realtà che stanno alla base della propria scelta di fede, dall’altro possono indurvi una sorta di atteggiamento abitudinario che rischia di sfociare in una non voluta superficialità. Il nostro sforzo di credenti è dare una configurazione attuale e concreta alla celebrazione mariana del mese di maggio, a non lasciarci distrarre dalla ripetitività della tradizione o dal fatto che maggio non è più così unico, pieno com’è delle nostre giornate, usualmente agitate e molto impegnate. È lecito allora domandarsi quale sia il senso della celebrazione del mese dedicato a quella donna, Maria, che con il suo sì ha permanentemente sconvolto la storia del mondo. È lecito ed essenziale chiedersi cosa Maria abbia da dire oggi alla Chiesa di Cristo. Per rispondere a questo invito, la mia sensibilità di donna mi spinge a porre attenzione a un aspetto propriamente femminile e materno del comportamento della Madonna, così come emerge nel notissimo episodio delle nozze di Cana (Gv 2,1-11), in particolare al momento in cui Maria si accorge che gli sposi non hanno più vino da offrire ai loro ospiti (v. 3). Ella agisce con estrema gentilezza ed educazione, sia nei riguardi degli altri ospiti, sia nei riguardi degli sposi: infatti, anziché rivolgersi a loro, anche con discrezione, per far notare la mancanza di vino, che si potrebbe legittimamente ascrivere a loro incuria o superficialità, Maria, nel far presente l’improvvisa necessità, si rivolge direttamente a Gesù e possiamo certamente immaginare che abbia fatto di tutto per evitare che altri sentissero quanto aveva da dirgli. Sono una donna sposata e ricordo molto bene il mio matrimonio. Ovviamente, tra gli sposi di Cana e noi possono registrarsi infinite differenze, ma senz’altro un elemento deve essere stato lo stesso: la straordinaria emozione e il desiderio che tutto fosse perfetto, perché tutti gli ospiti potessero condividere pienamente la stessa gioia. Posso immaginare allora quale frustrazione sarebbe stata per lo sposo di Cana scoprire che l’incapacità nel prevedere le esigenze degli ospiti avrebbe avuto cattive conseguenze sulla serenità dell’andamento della festa. Maria sa cogliere questo turbamento prima che tutto inevitabilmente accada. E lo previene, accorgendosi, in quanto madre, della difficoltà e agendo, in quanto donna, con la strategia più discreta ed efficace. In lei, l’amore per gli sposi supera la loro sbadataggine e la certezza nella misericordia del Figlio le dà il coraggio dell’assunzione di responsabilità, originariamente non sue: anziché aspettare che siano gli sposi che chiedono aiuto a Gesù, lo fa lei, di sua iniziativa, accettando il rischio, così come poi inizialmente sembrerà, di un rifiuto.Una tale dinamica d’amore, esaltata e sostenuta dallo Spirito Santo, è profondamente illuminante per la Chiesa di oggi, alla quale la Madonna indica una via di accoglienza e di misericordia che passa attraverso la consapevolezza – propria di una mamma – che non esistono figli perfetti, ma solo figli donati. Le incapacità, le superficialità, gli errori, le incurie e anche i peccati sono realmente un’ipoteca sulla realizzazione della felicità dei figli, ma non tolgono nulla all’immane valore che essi hanno per la madre. Gli uomini e le donne di oggi sono tutti figli donati alla Chiesa, che in lei cercano l’amore senza condizioni di una madre, e non solamente un indirizzo di retto comportamento. - donboscoland -