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IL SANTO PADRE AFFIDA ALLA VERGINE SANTISSIMA L'ANNO SACERDOTALE


Una "Lettera ai presbiteri" per esortarli a seguire l'esempio del Santo curato d'Ars, imparando da lui la "totale identificazione con il proprio ministero", la "testimonianza della vita", la riscoperta dei Sacramenti dell'Eucaristia e della Penitenza, dei consigli evangelici di poverta', castita' e obbedienza, donandosi totalmente a Cristo e alla Chiesa: l'ha scritta Benedetto XVI alla vigilia dell'Anno sacerdotale, che si apre in queste ore e si chiudera' il 19 giugno 2010. Tale iniziativa "vuole contribuire a promuovere l'impegno d'interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro piu' forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi", scrive il Papa, particolarmente attento alla vita e alla formazione del clero e convinto dell’immenso “dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità". Benedetto XVI propone gli insegnamenti e l'esempio di Giovanni Maria Vianney come "significativo punto di riferimento" e "alla Vergine Santissima affido questo Anno Sacerdotale - rimarca -, chiedendole di suscitare nell'animo di ogni presbitero un generoso rilancio di quegli ideali di totale donazione a Cristo e alla Chiesa". Il Pontefice conosce il "servizio infaticabile e nascosto" di tanti sacerdoti che "offrono ai fedeli cristiani e al mondo intero l'umile e quotidiana proposta delle parole e dei gesti di Cristo, cercando di aderire a Lui con i pensieri, la volonta', i sentimenti e lo stile di tutta la propria esistenza". Ma sa anche che essi devono affrontare "innumerevoli situazioni di sofferenza" e sono spesso "incompresi dagli stessi destinatari del loro ministero". Ci sono, poi, "purtroppo", pure situazioni "mai abbastanza deplorate" in cui "e' la Chiesa stessa a soffrire per l'infedelta' di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto". Il Papa, quindi, sottolinea: "Cio' che massimamente puo' giovare in tali casi alla Chiesa, non e' tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure" di pastori e religiosi. "La prima cosa che dobbiamo imparare (dal Curato d'Ars, ndr) - scrive il successore di Pietro - e' la sua totale identificazione col proprio ministero. Non si puo' trascurare la straordinaria fruttuosita' generata dall'incontro tra la santita' oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro". E piu' avanti: "Ai suoi parrocchiani il Santo Curato insegnava soprattutto con la testimonianza della vita". Al tempo del Santo Curato, ad esempio, “in Francia la confessione non era ne' piu' facile, ne' piu' frequente che ai nostri giorni ma egli cerco' in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un'esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe cosi' dare il via a un circolo virtuoso". I sacerdoti - esorta Benedetto XVI - "non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali ne' limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo Sacramento". Da San Giovanni Maria Vianney, dunque, "possiamo imparare non solo un'inesauribile fiducia nel Sacramento della Penitenza che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del 'dialogo di salvezza' che in esso si deve svolgere. Il Curato d'Ars aveva una maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti" ed "ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perche' e' riuscito a far loro percepire l'amore misericordioso del Signore. Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile testimonianza della verita' dell'Amore: Deus caritas est". Il Santo curato d'Ars, inoltre, "cercava di aderire totalmente alla propria vocazione e missione mediante un'ascesi severa. Egli teneva a freno il corpo, con veglie e digiuni" e "non rifuggiva dal mortificare se stesso a bene delle anime che gli erano affidate e per contribuire all'espiazione dei tanti peccati ascoltati in confessione". Annota il Papa: "Al di la' delle concrete penitenze a cui il Curato d'Ars si sottoponeva, resta comunque valido per tutti il nucleo del suo insegnamento: le anime costano il sangue di Gesu' e il sacerdote non puo' dedicarsi alla loro salvezza se rifiuta di partecipare personalmente al 'caro prezzo' della redenzione. Nel mondo di oggi, come nei difficili tempi del Curato d'Ars, occorre che i presbiteri nella loro vita e azione si distinguano per una forte testimonianza evangelica". Chiede Benedetto XVI: "Siamo veramente pervasi dalla Parola di Dio? È vero che essa e' il nutrimento di cui viviamo, piu' di quanto lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa Parola al punto che essa realmente dia un'impronta alla nostra vita e formi il nostro pensiero?". Allora, "come Gesu' chiamo' i Dodici perche' stessero con Lui e solo dopo li mando' a predicare, cosi' anche ai giorni nostri i sacerdoti sono chiamati ad assimilare quel 'nuovo stile di vita' che e' stato inaugurato dal Signore Gesu' ed e' stato fatto proprio dagli Apostoli". Il Curato d'Ars - indica ancora il Pontefice - "seppe vivere i 'consigli evangelici' nelle modalita' adatte alla sua condizione di presbitero. La sua poverta', infatti, non fu quella di un religioso o di un monaco, ma quella richiesta ad un prete: pur maneggiando molto denaro (dato che i pellegrini piu' facoltosi non mancavano di interessarsi alle sue opere di carita'), egli sapeva che tutto era donato alla sua Chiesa, ai suoi poveri, ai suoi orfanelli, alle ragazze della sua "Providence", alle sue famiglie piu' disagiate. Spiegava: 'Il mio segreto e' semplice: dare tutto e non conservare niente'. Anche la sua castita' era quella richiesta a un prete per il suo ministero. Si puo' dire che era la castita' conveniente a chi deve toccare abitualmente l'Eucaristia e abitualmente la guarda con tutto il trasporto del cuore e con lo stesso trasporto la dona ai suoi fedeli. E i fedeli se ne accorgevano quando egli si volgeva a guardare il tabernacolo con gli occhi di un innamorato. Anche l'obbedienza fu tutta incarnata nella sofferta adesione alle quotidiane esigenze del suo ministero. Solo l'obbedienza e la passione per le anime riuscivano a convincerlo a restare al suo posto". Il Curato d'Ars "abitava" nella sua Chiesa ma "abitava" anche il territorio, visitando ammalati, famiglie, organizzando feste patronali, fondando opere missionarie e caritative (come l'istituto per orfanelle della "Providence"), chiamando i laici a collaborare con lui: "Il suo esempio mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazione che e' doveroso estendere sempre piu' ai fedeli laici", osserva Benedetto XVI nella sua lettera, che richiama il "caloroso invito con il quale il Concilio Vaticano II incoraggia i presbiteri a riconoscere e promuovere sinceramente la dignita' dei laici, nonche' il loro ruolo specifico nell'ambito della missione della Chiesa". Piu' avanti, il Papa formula un "particolare invito a saper cogliere la nuova primavera che lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non per ultimo attraverso i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità". Tali doni, infatti, "possono giovare non solo per i fedeli laici ma per gli stessi ministri". Il Pontefice evidenzia che "il ministero ordinato ha una radicale 'forma comunitaria' e puo' essere assolto solo nella comunione dei presbiteri con il loro vescovo. Occorre - ammonisce - che questa comunione fra i sacerdoti e il proprio vescovo, basata sul Sacramento dell'Ordine e manifestata nella concelebrazione Eucaristica, si traduca nelle diverse forme concrete di una fraternita' sacerdotale effettiva ed affettiva. Solo cosi' i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato e saranno capaci di far fiorire comunita' cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predicazione del Vangelo". L'esempio del Curato d'Ars - conclude Benedetto XVI - "possa suscitare nei sacerdoti quella testimonianza di unita' con il vescovo, tra loro e con i laici che e', oggi come sempre, tanto necessaria. Cari sacerdoti, Cristo conta su di voi. Sull'esempio del Santo Curato d'Ars, lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace". - Petrus -