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I CRISTIANI NELLA MORSA DEL DISEGNO EGEMONICO DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO


In queste ultime settimane, e in particolare nei giorni scorsi, si è avuta notizia di massacri perpetrati contro le comunità cristiane in varie parti del mondo: nelle Filippine dove è stata fatta esplodere una bomba davanti ad una chiesa, in Iraq dove i cristiani continuano ad essere nel mirino, in Pakistan dove sono stati bruciati vivi diversi cristiani con le loro case, in India da parte degli indù fondamentalisti, in Vietnam dove il governo ha fatto arrestare dei cristiani che protestavano per avere una nuova chiesa. Nonostante la diversità delle cause e delle condizioni locali, si nota un particolare problema legato al fondamentalismo islamico che si ispira ad Al Qaeda che in Pakistan, Afghanistan, Nigeria, Somalia ecc. cerca di imporre la sharia e di reclutare giovani per le proprie azioni militari (si veda la storia degli 11 bambini destinati a diventare kamikaze in Pakistan, o il rapimento di ragazzi nei paesi africani per insegnargli la jihad), si prefigge di farli crescere in un brodo culturale che li sacrifica per fini di potere ed economici. Dove arrivano, vedi valli afgane o dello Swat o in Nigeria, la prima cosa che fanno è distruggere le scuole, in particolare quelle femminili, e imporre la sharia e le scuole coraniche che spesso altro non sono che mezzi per ideologizzare i bambini. Tutto questo si accompagna poi al diffuso odio contro i cristiani che spesso vengono identificati come “amici degli occidentali” e vengono visti come un fattore di sviluppo (vedi il ruolo predominante nell’educazione e scolarizzazione) e di riscatto per i più deboli opponendosi così alla loro strumentalizzazione da parte del fanatismo. I cristiani quasi mai reagiscono alla violenza con la violenza, e grave sarebbe se cedessero alla tentazione della vendetta, come aveva ricordato Benedetto XVI ai cristiani del Medio Oriente nella lettera a loro indirizzata nel Dicembre 2006: “Nelle presenti circostanze, segnate da poche luci e da troppe ombre, è per me motivo di consolazione e di speranza sapere che le comunità cristiane del Medio Oriente, le cui intense sofferenze mi sono ben presenti, continuano ad essere comunità viventi e attive, decise a testimoniare la loro fede con la loro specifica identità nelle società che le circondano”. Certamente però vanno moltiplicati gli sforzi diplomatici per fare pressioni sui governi locali, in un modo che metta in campo quelle risorse e forze di contrasto (legislative ma non solo) per provvedere alla loro difesa, come ha chiesto il ministro Frattini in più occasioni. Ma servirebbe un’azione forte e soprattutto comune da parte dell’Europa a tale riguardo. Bisogna guardare questi fenomeni con un occhio globale e non limitato a singoli episodi; infatti tutti questi gruppi che operano dalle Filippine al Pakistan alla Nigeria fanno riferimento ad Al Qaeda, e i predicatori dell’odio sono formati nelle stesse scuole coraniche ed esportati dove servono. In particolare preoccupa la situazione dell’Africa, dove senza che nessuno alzi la voce si moltiplicano gli stati in cui il fanatismo islamico cresce e prende potere: il Sudan, la Somalia, adesso la Nigeria, il Ciad oltre alla Mauritania; è a rischio anche il Kenya dove già ci sono stati nel passato attentati. Come diceva Camil Eid su “Avvenire”, c’è il pericolo di un arco integralista che cerca di conquistare l’Africa, e i primi ad essere colpiti sono i cristiani. Non bisogna sottovalutare questo disegno egemone che appare più evidente in Asia, e che vede ancora sacrificate le comunità cristiane che come ben descrive Andrea Lavazza su “Avvenire”, sono “diventate in alcuni Paesi l’obiettivo privilegiato dei radicali e dei fanatici alla caccia di un gruppo ben identificabile su cui scaricare tensioni e pulsioni, al quale addossare responsabilità per situazioni di crisi, secondo uno schema del capro espiatorio ben noto in tante fasi della storia, in moltissime culture.” Il rischio che i cristiani spariscano da alcune regioni come Iraq e Pakistan o che subiscano repressioni in Africa è grave, e impoverirebbe gli stessi paesi dove sempre i cristiani contribuiscono al bene comune delle comunità in cui vivono. Inoltre si fa crescere una cultura dell’odio che prima o poi toccherà direttamente anche noi, se ci disinteressiamo dei nostri fratelli cristiani nel mondo. Oltre ad una forza politica efficace serve poi fare argine alla violenza, riprendere a parlare dei segni positivi e di speranza, ripartire da essi per costruire una società più giusta, perché come diceva Giovanni Paolo II: “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”.  - Leonardi Enrico - CulturaCattolica -