Il fatto è particolare e curioso; di quelli che sembrano scovati tanto per riempire le pagine di cronaca e i minuti di trasmissione durante il periodo estivo. Io l’ho sentito alla radio, secondo canale Rai, qualche mattina fa. È accaduto a Mezzema, frazioncina di Deiva Marina in provincia di La Spezia, composta da meno di cento anime. Per l’estate è arrivato in paese un turista - «evidentemente importante» ha detto una mezzemese intervistata alla radio - cui dava fastidio il suono delle campane che tre volte al giorno, alle sette del mattino, a mezzogiorno e alle sette di sera, rintoccavano sulla frazione. Il turista ha smosso le acque, contattato chi di dovere e le campane sono state tacitate. Cosa che però ai mezzemesi non è proprio andata giù. Orfani dei rintocchi provenienti dal campanile della chiesa di San Michele, li hanno sostituiti, alle stesse ore, con il fracasso di pentole e coperchi. Sul quotidiano ligure la storia è raccontata con la solita chiave interpretativa del contrasto fra le tradizioni locali di un popolo poco accogliente e le abitudini del ricco cittadino che viene a insediarsi, per un po’ di tempo, in terre non sue di cui non accetta usi e abitudini. Alla radio il tutto è stato presentato come una amena curiosità e nient’altro. In realtà, proprio alla radio una mezzemese chiamata Giovanna (nome fittizio, ha detto, per timore di essere identificata e aver delle noie da parte del ricco turista) ha spiegato la cosa in altri termini. Lei e i suoi compaesani hanno deciso la singolare forma di protesta perché per loro il triplice suono quotidiano delle campane ha un senso preciso. E profondo. L’ha ricordato lei stessa leggendo le strofe di una poesia scritta per l’occasione. Non ricordo esattamente le parole, ma il senso è questo: le campane suonano al mattino quando noi ci avviamo al lavoro, quando pranziamo ed alla sera quando torniamo a casa stanchi; suonano a Natale per la nascita di Gesù e a Pasqua per rallegrarsi della sua risurrezione; suonano quando un bambino nasce e quando qualcuno muore. Sono, cioè, il ritmo di una vita che trova nel cristianesimo il significato del suo respiro quotidiano e di tutto il suo trascorrere. Il significato della speranza di ogni mattino e della fatica di ogni sera, della gioia di una nascita e del dolore di una morte. È di questo che vive il cristianesimo semplice di un popolo semplice. Forza mezzemesi: sotto con pentole e coperchi, finché non vi ridanno le vostre campane! - Pigi Colognesi -ilsussidiario -
RIDATECI LE CAMPANE DI MEZZEMA
Il fatto è particolare e curioso; di quelli che sembrano scovati tanto per riempire le pagine di cronaca e i minuti di trasmissione durante il periodo estivo. Io l’ho sentito alla radio, secondo canale Rai, qualche mattina fa. È accaduto a Mezzema, frazioncina di Deiva Marina in provincia di La Spezia, composta da meno di cento anime. Per l’estate è arrivato in paese un turista - «evidentemente importante» ha detto una mezzemese intervistata alla radio - cui dava fastidio il suono delle campane che tre volte al giorno, alle sette del mattino, a mezzogiorno e alle sette di sera, rintoccavano sulla frazione. Il turista ha smosso le acque, contattato chi di dovere e le campane sono state tacitate. Cosa che però ai mezzemesi non è proprio andata giù. Orfani dei rintocchi provenienti dal campanile della chiesa di San Michele, li hanno sostituiti, alle stesse ore, con il fracasso di pentole e coperchi. Sul quotidiano ligure la storia è raccontata con la solita chiave interpretativa del contrasto fra le tradizioni locali di un popolo poco accogliente e le abitudini del ricco cittadino che viene a insediarsi, per un po’ di tempo, in terre non sue di cui non accetta usi e abitudini. Alla radio il tutto è stato presentato come una amena curiosità e nient’altro. In realtà, proprio alla radio una mezzemese chiamata Giovanna (nome fittizio, ha detto, per timore di essere identificata e aver delle noie da parte del ricco turista) ha spiegato la cosa in altri termini. Lei e i suoi compaesani hanno deciso la singolare forma di protesta perché per loro il triplice suono quotidiano delle campane ha un senso preciso. E profondo. L’ha ricordato lei stessa leggendo le strofe di una poesia scritta per l’occasione. Non ricordo esattamente le parole, ma il senso è questo: le campane suonano al mattino quando noi ci avviamo al lavoro, quando pranziamo ed alla sera quando torniamo a casa stanchi; suonano a Natale per la nascita di Gesù e a Pasqua per rallegrarsi della sua risurrezione; suonano quando un bambino nasce e quando qualcuno muore. Sono, cioè, il ritmo di una vita che trova nel cristianesimo il significato del suo respiro quotidiano e di tutto il suo trascorrere. Il significato della speranza di ogni mattino e della fatica di ogni sera, della gioia di una nascita e del dolore di una morte. È di questo che vive il cristianesimo semplice di un popolo semplice. Forza mezzemesi: sotto con pentole e coperchi, finché non vi ridanno le vostre campane! - Pigi Colognesi -ilsussidiario -