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LE DOMANDE PIU’ FREQUENTI SULLA CHIESA E DINTORNI.


 E’ giusto imporre per legge le regole della morale cattolica? Continuiamo ad affrontare le domande dal libro di don Piero Gheddo, Ho Tanta Fiducia. Ormai siamo in una società multiculturale e multi religiosa e molti sostengono che non è giusto imporre per legge le regole della morale cattolica. Lei che ne pensa? Nessuno vuole imporre la morale cattolica per legge. Risponde il missionario. Lo Stato pensa al bene pubblico, cioè del popolo italiano, e la morale cattolica è predicata dalla Chiesa e liberamente osservata.  Il cosiddetto “Stato etico”, cioè lo Stato che si preoccupa di far osservare la morale cattolica, non lo vuole nessuno, perché il “peccato” non sempre coincide con il “crimine”. Ricorderete la polemica che aveva sollevato l’onorevole Gianfranco Fini, qualche mese fa, al 1°congresso nazionale del Pdl, quando è uscito con la “sparata” gratuita contro lo “Stato etico”, naturalmente il presidente della Camera si riferiva ai cattolici.  Ma quando il peccato coincide con il crimine contro altre persone, allora è giusto che lo Stato intervenga a proibire e a punire. Così uno Stato che condanna l’omicidio non vuole certo imporre i dieci comandamenti, ma applica una norma di morale naturale che tutti sentono necessaria per il rispetto di ogni vita umana.  Una legge che condanna i pedofili e la pornografia non vuole “la morale cattolica”, ma una norma che appartiene alla morale naturale e al buon senso comune.  Forse la questione più lacerante nel nostro vivere comune è quella dell’aborto, su cui ci sono abbastanza dibattiti accesi. Per la Chiesa Cattolica, l’aborto è un omicidio, cioè uccisione di una vita umana; non si capisce perché - scrive padre Gheddo – se è un delitto uccidere un bambino che da una settimana è uscito alla luce, mentre non si ritiene condannabile penalmente uccidere quello stesso bambino nel seno della madre qualche mese prima. Ecco fare una legge contro l’aborto non significa “imporre la morale cattolica”, ma semplicemente condannare l’omicidio di un essere umano, che avrebbe diritto ad essere allevato per diventare un uomo e una donna. La stessa cosa per la questione dei Dico o Pacs; non fare una legge per riconoscere le coppie di fatto o quelle omosessuali, non significa imporre niente a nessuno, ma rispettare l’etica naturale. Quindi quando Rosy Bindi, sulla questione Dico, rispondendo al cardinale Ruini diceva che lei era ministro anche dei bestemmiatori, stava confondendo la sua funzione.  In questi giorni ho ricevuto una mail di un amico, che rispondendo ad un mio articolo ribadiva il solito refrain che il legislatore “neutro” deve tenere conto non solo dei credenti ma anche degli atei etc e mi ricordava che Cristo mandò i suoi discepoli nel mondo per convincere con l’esempio e non con la guerra…Si finisce sempre a parlare di crociate.  Certo il problema dell’aborto è complesso, ormai viene usato come strumento per limitare le nascite, se invece le donne fossero aiutate a generare il figlio e poi ad allevarlo, magari dandolo in affido, la grande maggioranza delle mamme non penserebbe di abortire. Infine a quelli che evocano le società multiculturali o multi religiose, don Piero risponde che sono tutte clamorosamente fallite, come in Inghilterra, Olanda, Francia, Belgio. L’Italia si può definire un Paese multiculturale? E poi che significa società multiculturale? Che tutte le culture hanno diritto di vivere ed essere praticate? D’accordo, risponde Gheddo; ma se una cultura, pratica la poligamia, l’infibulazione femminile, la superiorità dell’uomo rispetto alla donna nei problemi familiari (divorzio, eredità), la proibizione di convertirsi ad un’altra religione, cosa si deve fare? Rispettare la cultura o chiedere e ottenere che tutte le culture rispettino la Costituzione Italiana e la Carta dei Diritti dell’Uomo?  Marcello Pera nel suo ultimo libro edito da Mondadori, Perché dobbiamo dirci cristiani, è più categorico quando affronta il tema del multiculturalismo: Se una comunità di cannibali si trasferisce a Roma, il sindaco non ha il dovere di riconoscergli il diritto al pasto (e ancor meno di procurarglielo). E si chiede se si deve censurare quella cultura (dei cannibali) perché confligge con i diritti fondamentali, anche se essa è la condizione dell’identità di quell’individuo? - Domenico Bonvegna -