ASCOLTA TUA MADRE

30 PERSONE DENUNCIATE PER ELUANA: VOGLIONO TOGLIERCI LA LIBERTA' DI PAROLA


Qualche giorno fa i carabinieri sono andati a bussare alla porta di uno di voi, cioè di un amico che spesso e volentieri interviene sul blog. Questo amico era intervenuto più volte anche lo scorso febbraio, nel bel mezzo delle mille polemiche che hanno lacerato l’Italia, mentre Eluana Englaro si spegneva a Udine. Questo amico è stato denunciato per diffamazione, presumo dalla famiglia Englaro, tramite i suoi legali. I carabinieri gli hanno notificato l’atto proveniente dalla Procura della Repubblica di Lecco; almeno altre 30 persone, in queste settimane, hanno ricevuto la stessa notifica. Credo che gli avvocati del signor Beppino Englaro siano stati distratti, o forse hanno lavorato male: seguendo il loro parametro, migliaia di italiani, forse milioni, dovevano essere denunciate, altro che 30! Se lo studio legale Campeis ci dà una percentuale sul lavoro di ricerca, siamo pronti a fornire tanti altri nomi per le loro richieste di risarcimento.Scherzi a parte, arriviamo al sodo. Fermo restando che in un Paese libero chiunque può (per fortuna) rivolgersi al’autorità giudiziaria se crede di essere stato diffamato (e a sua volta deve essere pronto a pagarne le conseguenze se i giudici gli daranno torto: mica può finire sempre a tarallucci e vino) mi sembra che la questione sia insieme un po’ assurda e un po’ seria. Premessa per capirci meglio: cosa aveva scritto di tanto grave il nostro amico denunciato per finire nel mirino degli avvocati di Englaro? In maniera decisa ma assolutamente educata (spesso nei blog si trovano interventi mille volte più offensivi) quello che semplicemente hanno detto, e scritto, migliaia di persone: e cioè che in fondo la morte di Eluana non è stato altro che un omicidio. Ci aggiungo subito un’altra parolina, magica, altrimenti i carabinieri vengono a bussare domattina anche a casa mia. Ci aggiungo ‘legalizzato’. Omicidio legalizzato. E su questo non ci piove, perché se Eluana fosse morta di fame e di sete (come è successo a Udine) prima del giugno 2008, i medici e forse lo stesso padre di Eluana sarebbero stati accusati di omicidio. Nel giugno del 2008 la Corte d’Appello di Milano, dopo i più diversi e controversi interventi della magistratura, ha dato il via libera alla possibilità di staccare il sondino e quindi quello che fino al giorno prima sarebbe stato un reato, è diventato un atto consentito, grazie al decreto di un tribunale. Un omicidio legalizzato appunto.Ma diciamola tutta: in questi mesi tutto il dibattito politico, culturale, sociale, religioso e chi più ne ha più ne metta, si è incentrato proprio sul corpo di questa povera ragazza. Si poteva o non si poteva farla morire così? Io dico di no, ma non tappo la bocca a chi dice di sì, e questo blog ne è la prova. Anche il disegno di legge approvato al Senato e ora all’esame alla Camera, dice di no: cioè, un’ altra morte come quella di Eluana Englaro, se passerà quella legge, non potrà più verificarsi. Cioè: sarà un reato. E chiaro che si viaggia sul filo delle opinioni e mi pare tremendamente strumentale che ora qualcuno, quel qualcuno che in fondo ha già vinto la sua battaglia personale, voglia marciarci sopra, ancora. Cos’è, non gli basta vincere e vuole stravincere? Forse vuole che tutti gli dicano ‘bene, bravo, bis’. Chiede il plebiscito: e chi non ci sta, beh, gli mandiamo i carabinieri a casa. Bella idea di libertà, quella libertà che per mesi-mesi è stata eretta a totem di una campagna ideologica e politica. La cosa assurda è che mentre l’Italia e il mondo hanno mille problemi seri dei quali carabinieri e magistrati dovrebbero occuparsi, forze dell’ordine e giudici perdono tempo ad occuparsi del nostro blog (un po’ ci lusinga, è la conferma che siamo seguitissimi) e del nostro amico blogger, che ha usato sfidare il pensiero culturale dominante di questo nostro povero paese.Mi auguro e presumo che finirà tutto in una bolla di sapone, ma vi terrò informati. E comunque: non ci faremo tappare la bocca da nessuno. Anzi, quasi quasi mi viene voglia di lanciare un’idea: che ne dite se ci autodenunciamo tutti? Pensiamoci. - Pandolfi, Massimo - Vite Spericolate -Anch'io denunciato per Eluana. Fermiamo l'ideologiaCarissimo Massimo, sono anch’io tra quelli che sono stati inquisiti, oggetto di indagine da parte dei carabinieri su mandato della Procura di Lecco. Sono tra quei 30: scelti tra i migliori o… tra i peggiori? Comunque anch’io e un collaboratore del sito abbiamo usato la parola proibita: «omicidio legalizzato». So che la magistratura deve agire in questi casi perché c’è stata una denuncia, e spero che i magistrati facciano il loro dovere, anche soprattutto dando il giusto peso alle denunce che devono esaminare. E non sono poi tanto preoccupato per me, anzi, se mai sono fiero di poter avere dato «voce a chi non ha voce», soprattutto quando questo ha significato difendere il diritto alla vita di uomini e donne che soffrono, segno di una battaglia che è ora che tutti gli uomini possono e devono combattere (e qui ricordo che una volta Giovanni Paolo II aveva chiesto di avere la «sana ambizione» di essere uomini. E che mio padre mi ha sempre insegnato, soprattutto con l’esempio, a dare testimonianza anche se da soli alla verità, con coraggio, fierezza e cordialità). Certo quello che mi preoccupa è che si sta perdendo il senso della libertà, della gioia di sentire posizioni diverse che, pur se scomode, costringono a pensare e dibattere. Che tristezza un mondo appiattito, senza libertà di espressione, senza la possibilità di comunicare posizioni diverse! Scusa la citazione (che ti dice un po’ anche gli anni in cui sono vissuto), ma mi è sempre risuonata nella mente questo testo di H. Marcuse, tratto dal libro "L’uomo a una dimensione" che ho letto nella prima edizione della Einaudi, e che descrive lo stato del mondo in cui ancora oggi – mi pare – viviamo: «Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno di progresso tecnico. In verità, che cosa potrebbe essere più razionale della soppressione dell’individualità nel corso della meccanizzazione di attività socialmente necessarie ma faticose; della concentrazione di imprese individuali in società per azioni più efficaci e più produttive; della regolazione della libera concorrenza tra soggetti economici non egualmente attrezzati; della limitazione di prerogative e sovranità nazionali che impediscono l’organizzazione internazionale delle risorse. Che questo ordine tecnologico comporti pure un coordinamento politico ed intellettuale è uno sviluppo che si può rimpiangere, ma che è tuttavia promettente. I diritti e le libertà che furono fattori d’importanza vitale alle origini e nelle prime fasi della società industriale cedono il passo ad una fase più avanzata di questa: essi vanno perdendo il contenuto e il fondamento logico tradizionali. Le libertà di pensiero, di parola e di coscienza erano idee essenzialmente critiche, al pari della libera iniziativa che servivano a promuovere e a proteggere, intese com’erano a sostituire una cultura materiale e intellettuale obsolescente con una più produttiva e razionale. Una volta istituzionalizzati, questi diritti e libertà condivisero il fato della società di cui erano divenuti parte integrante. La realizzazione elimina le premesse. […] L’indipendenza del pensiero, l’autonomia e il diritto alla opposizione politica sono private della loro fondamentale funzione critica in una società che pare sempre meglio capace di soddisfare i bisogni degli individui grazie al modo in cui è organizzata. Una simile società può richiedere a buon diritto che i suoi principi e le sue istituzioni siano accettati come sono, e ridurre l’opposizione al compito di discutere e promuovere condotte alternative entro lo status quo. Sotto questo aspetto, il fatto che la capacità di soddisfare i bisogni in misura crescente sia assicurata da un sistema autoritario o da uno non autoritario sembra fare poca differenza. In presenza di un livello di vita via via più elevato, il non conformarsi al sistema sembra essere socialmente inutile, tanto più quando la cosa comporta tangibili svantaggi economici e politici e pone in pericolo il fluido operare dell’insieme.»Credo che sia giusto lavorare perché la libertà di ogni uomo sia garantita, senza che chi dissente sia messo a tacere con intimidazioni e processi. È vero, un mio amico che lavora in Cina mi ha detto che quello è il modello verso cui ci stiamo tutti dirigendo: una società tecnologica, un controllo del pensiero, la rinuncia a certi fondamentali diritti. Del resto non è una novità: ogni tentativo umano in cui prevale l’ideologia, che sia soltanto «umano», non sfugge, e non è mai sfuggito, al fastidio della individualità, della libertà, della diversità. La battaglia che dobbiamo combattere è un vero servizio all’uomo, e bisogna che gli «uomini di buona volontà» siano capaci di portarla avanti, e di mettersi insieme per questo. Guai all’uomo solo! - Don Gabriele Mangiarotti - culturacattolica -