I fatti criminosi si ripetono in fotocopia, non risparmiano le età più tutelate, più amate: adolescenti e giovani adulti s’incontrano per la strada, sempre più spesso in un carcere, in una comunità, ribadendo la difficoltà a mettere insieme una qualche certezza, a venire fuori da un "mal di vivere " che è divenuta una vera e propria eredità sociale. Se non è la famiglia, la scuola, l’oratorio, a dover finire sul banco degli imputati, allora sarà meglio sbloccare il territorio, il pezzo di collettività che non intende emancipare sul serio i più giovani. Il leit motiv è che i ragazzi hanno tutta la libertà che vogliono, basti vedere le moltitudini in equilibrio precario a un rave party, le masse scomposte all’imbocco delle discoteche, le colonne sparse nelle periferie trasformate in sale giochi, bar, pub. Ma quale libertà è davvero loro consentita, quale accompagnamento alla consapevolezza, alla condivisione, se alle necessità sono opposti i vizi, al volere l’uso di sostanze, se al bisogno di trovare e custodire una motivazione forte, è contrapposto il luogo comune: tanto questi ragazzi pensano solamente a divertirsi, a disfare le regole e fuggire via. Non credo che gli adolescenti nascano così, piuttosto sarà meglio guardare a noi, gli occupanti-professionisti della corazzata futuro, da qualche tempo cresciamo i più giovani come individualità ritenute se non proprio pericolose, quanto meno fastidiose, quindi molto meglio insegnare l’artificio di un bel fare niente, dove pochi se ne accorgono, ma rimangono imbavagliati. La comunità Casa del Giovane è una grande casa che non ha mai stanze vuote, i testimoni del dolore e della speranza camminano con una ritrovata dignità, equilibrio, fiducia, eppure nonostante il sudore della fatica, i crampi allo stomaco per la risalita mai del tutto assicurata, riusciamo ancora a sbalordirci, scandalizzarci, se i più giovani perdono i pezzi e nessuno li raccoglie. Si perpetuano i raggiri, le ipnosi, una sorta di licenza a pensare che la droga sia innocua, che uno spinello non fa primavera, legalizzare e liberalizzare non sono bestemmie, anche quando ciò moltiplica personalità a rischio, peggio, cadaveri all’intorno. Così la trasgressione spesso è già devianza, dall’assunzione di alcol, alla velocità che brucia le tappe, allo sballo irrinunciabile del fine settimana, per paura della noia a ricominciarla. C’è una autorevolezza paterna che sulla carta è di grande impatto, ma nella vita di tutti i giorni somiglia a un sofisma andato a male, alimentando l’illusione che per non soccombere all’inadeguatezza, può essere di un qualche aiuto l’uso e abuso di sostanze, le dialettiche intolleranti, piuttosto di un ascolto efficace anche nei riguardi di chi riteniamo portatore di nulla e di niente, molto ingiustamente. Gli adolescenti sono la fotografia di questa società, forse occorre ritornare a emozionarci, a portare fuori ciò che abbiamo dentro, riconsegnando soprattutto a loro, una vita non più "liberamente vissuta" nello sballo delle sostanze, delle differenze rigettate, scegliendo di andare incontro a una libertà non più intesa come una prostituta, e il solo modo per riuscirci è tentare di riappropriarci di noi stessi e del nostro tempo. - Pontifex -
FUORI DAL MAL DI VIVERE
I fatti criminosi si ripetono in fotocopia, non risparmiano le età più tutelate, più amate: adolescenti e giovani adulti s’incontrano per la strada, sempre più spesso in un carcere, in una comunità, ribadendo la difficoltà a mettere insieme una qualche certezza, a venire fuori da un "mal di vivere " che è divenuta una vera e propria eredità sociale. Se non è la famiglia, la scuola, l’oratorio, a dover finire sul banco degli imputati, allora sarà meglio sbloccare il territorio, il pezzo di collettività che non intende emancipare sul serio i più giovani. Il leit motiv è che i ragazzi hanno tutta la libertà che vogliono, basti vedere le moltitudini in equilibrio precario a un rave party, le masse scomposte all’imbocco delle discoteche, le colonne sparse nelle periferie trasformate in sale giochi, bar, pub. Ma quale libertà è davvero loro consentita, quale accompagnamento alla consapevolezza, alla condivisione, se alle necessità sono opposti i vizi, al volere l’uso di sostanze, se al bisogno di trovare e custodire una motivazione forte, è contrapposto il luogo comune: tanto questi ragazzi pensano solamente a divertirsi, a disfare le regole e fuggire via. Non credo che gli adolescenti nascano così, piuttosto sarà meglio guardare a noi, gli occupanti-professionisti della corazzata futuro, da qualche tempo cresciamo i più giovani come individualità ritenute se non proprio pericolose, quanto meno fastidiose, quindi molto meglio insegnare l’artificio di un bel fare niente, dove pochi se ne accorgono, ma rimangono imbavagliati. La comunità Casa del Giovane è una grande casa che non ha mai stanze vuote, i testimoni del dolore e della speranza camminano con una ritrovata dignità, equilibrio, fiducia, eppure nonostante il sudore della fatica, i crampi allo stomaco per la risalita mai del tutto assicurata, riusciamo ancora a sbalordirci, scandalizzarci, se i più giovani perdono i pezzi e nessuno li raccoglie. Si perpetuano i raggiri, le ipnosi, una sorta di licenza a pensare che la droga sia innocua, che uno spinello non fa primavera, legalizzare e liberalizzare non sono bestemmie, anche quando ciò moltiplica personalità a rischio, peggio, cadaveri all’intorno. Così la trasgressione spesso è già devianza, dall’assunzione di alcol, alla velocità che brucia le tappe, allo sballo irrinunciabile del fine settimana, per paura della noia a ricominciarla. C’è una autorevolezza paterna che sulla carta è di grande impatto, ma nella vita di tutti i giorni somiglia a un sofisma andato a male, alimentando l’illusione che per non soccombere all’inadeguatezza, può essere di un qualche aiuto l’uso e abuso di sostanze, le dialettiche intolleranti, piuttosto di un ascolto efficace anche nei riguardi di chi riteniamo portatore di nulla e di niente, molto ingiustamente. Gli adolescenti sono la fotografia di questa società, forse occorre ritornare a emozionarci, a portare fuori ciò che abbiamo dentro, riconsegnando soprattutto a loro, una vita non più "liberamente vissuta" nello sballo delle sostanze, delle differenze rigettate, scegliendo di andare incontro a una libertà non più intesa come una prostituta, e il solo modo per riuscirci è tentare di riappropriarci di noi stessi e del nostro tempo. - Pontifex -