Si arrampica a Milano sul Duomo fino alla Madonnina, a Pisa sulla Torre, e a Roma si spinge anche nei posti proibiti del Colosseo. La quattordicenne Teresa Martin è la figura più attraente del pellegrinaggio francese, giunto in Roma a fine 1887 per il giubileo sacerdotale di Leone XIII. Ma, nell’udienza pontificia a tutto il gruppo, sbigottisce i prelati chiedendo direttamente al Papa di poter entrare in monastero subito, prima dei 18 anni. Cauta è la risposta di Leone XIII; ma dopo quattro mesi Teresa entra nel Carmelo di Lisieux, dove l’hanno preceduta due sue sorelle (e lei non sarà l’ultima). I Martin di Alençon: piccola e prospera borghesia del lavoro specializzato. Il padre ha imparato l’orologeria in Svizzera. La madre dirige merlettaie che a domicilio fanno i celebri pizzi di Alençon. Conti in ordine, leggendaria puntualità nei pagamenti come alla Messa, stimatissimi. E compatiti per tanti lutti in famiglia: quattro morti tra i nove figli. Poi muore anche la madre, quando Teresa ha soltanto quattro anni. In monastero ha preso il nome di suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Thérèse Martin, nacque ad Alençon in Francia il 2 gennaio 1873 in una famiglia cristiana. Studiò presso le Benedettine di Lisieux. Nei nove anni che trascorse nel Carmelo di Lisieux, praticò in modo particolare l'umiltà, la semplicità evangelica e la fiducia in Dio, e queste virtù insegnò alle novizie con la parola e con l'esempio, visse infatti così intensamente da offrire al mondo cattolico la sorprendente immagine di una santa, apparentemente estranea e senza rapporti spirituali col mondo a lei contemporaneo. Ha dato alla sua breve esistenza l'impronta ineguagliabile del sorriso, espressione di quella gioia ultraterrena, che secondo le sue parole, «non sta negli oggetti che ci circondano, ma risiede nel più profondo dell'anima». Incline per temperamento a una calma e composta tristezza, Teresa, magnifici capelli biondi, occhi azzurri, lineamenti delicati, alta, straordinariamente bella, quando scriveva sul suo diario «Oh, sì tutto mi sorriderà quaggiù», stava sperimentando ingiustizie e incomprensioni, e già minata dalla tubercolosi polmonare, stremata di forze, non rifiutava alcun lavoro pesante e continuava «a gettare a Gesù i fiori dei piccoli sacrifici».Nelle stupende pagine dei suoi quadernetti in cui andava tracciando, per obbedienza, le sue esperienze interiori, e che saranno poi pubblicate sotto il titolo di "Storia di un'anima", trapela la grandezza dei suoi sacrifici. Teresa ha dato alla sua vita di ascesi l'inconfondibile stile e titolo di «infanzia spirituale» non per una innata tendenza di mettere tutto al diminutivo, ma per una scelta ben precisa, conforme all'invito evangelico di «farsi piccoli» come i bambini. Ella scrive: «lo mi ero offerta a Gesù Bambino per essere il suo trastullo, e gli avevo detto che non si servisse di me come di uno di quei balocchi di pregio, che i fanciulli si contentano di guardare, ma come di una piccola palla di nessun valore, da poter buttare per terra, spingere col piede, lasciare in un canto, oppure stringere al cuore, qualora ciò potesse fargli piacere. In una parola volevo divertire Gesù Bambino e abbandonarmi ai suoi capricci infantili». Morì il 30 settembre 1897 nel Carmelo di Lisieux. Fu canonizzata il 17 maggio 1925 da Papa Pio XI e nel 1927, sempre da Papa Pio XI, fu nominata, insieme a s. Francesco Saverio, patrona delle missioni. Nel 1944 patrona secondaria della Francia, accanto a Giovanna d'Arco. Il 19 ottobre 1997 papa Giovanni Paolo II l’ha dichiarata Dottore della Chiesa. Teresa negli ultimi giorni della sua vita rassicurò le consorelle che l'ingresso in cielo non le avrebbe impedito di continuare a lavorare per la salvezza delle anime, che stava, anzi per incominciare la missione appena abbozzata fra le mura del Carmelo.Quale missione? La missione di far amare Dio come lei l'aveva amato, d'insegnare alle anime la sua piccola via di umiltà e di abbandono. E il suo arcano presentimento, il suo desiderio delicatissimo si verificò in maniera stupenda così da divenire in breve la Santa più popolare e più amata del secolo.Teresa di Lisieux, con linguaggio limpido e fresco, ci mette in contatto con la sua anima, col suo modo di pensare e di vivere per nulla disincarnato, traboccante di sentimento puro, di ardore serafico, di ansie apostoliche. Acuta contemplativa, ricca, sebben giovane, di esperienza e di divina saggezza, ella ci addita l'itinerario più semplice e sicuro per raggiungere la meta soprannaturale: entrare in intimità con Dio come con un Padre amatissimo, Padre misericordioso e tenero verso chi, persuaso della propria debolezza e delle proprie miserie, si volge a lui con illimitata confidenza. La sua è un espressione di fede solida, di speranza serena, di amore sommo verso Dio, garantito dal zelo ardente per l'avvento del regno di Cristo sul mondo intero.Ella mai si illuse circa il mistero della nostra salvezza, il quale, se comincia a Betlemme, si consuma però sul Calvario. Per tale ragione si professava di Gesù Bambino e del Volto Santo. La croce, la sofferenza nel corpo e nell'anima marcò profondamente i passi della Santa, dagli anni d'infanzia e dell'adolescenza, con la morte prematura della mamma, la malferma salute, la misteriosa malattia, la separazione dalle sorelle maggiori, aquelli della giovinezza con gli ostacoli al suo ingresso al Carmelo, con le prove indicibili dei primi anni in monastero, con le vicende dolorosissime del tramonto del babbo, fino alla malattia che lentamente la consumò: croce sempre accolta, abbracciata e trasformata in olocausto purissimo a Dio per il prossimo. La Santa delle rose e del sorriso modellò con fortezza la sua esistenza sul santo Vangelo, imprimendo di puro eroismo gli atti più ordinari e comuni credendo alla parola del Maestro che il regno dei cieli è dei piccoli e di coloro che ad essi si fanno simili. Santa Teresa di Lisieux è patrona della Comunità dei figli di Dio, insieme con Sant'Ignazio di Antiochia, San Francesco d'Assisi e San Benedetto. Santa Teresa ci rivela la latitudine del suo amore: Anche la nostra preghiera deve essere, come la sua, prima di tutto la lode divina, ma anche l'intercessione universale nel senso di una solidarietà universale verso i peccatori. - figlididio -
1 OTTOBRE/SANTA TERESA DI LISIEUX: AMARE ED ESSERE AMATA E FAR AMARE "L'AMORE"
Si arrampica a Milano sul Duomo fino alla Madonnina, a Pisa sulla Torre, e a Roma si spinge anche nei posti proibiti del Colosseo. La quattordicenne Teresa Martin è la figura più attraente del pellegrinaggio francese, giunto in Roma a fine 1887 per il giubileo sacerdotale di Leone XIII. Ma, nell’udienza pontificia a tutto il gruppo, sbigottisce i prelati chiedendo direttamente al Papa di poter entrare in monastero subito, prima dei 18 anni. Cauta è la risposta di Leone XIII; ma dopo quattro mesi Teresa entra nel Carmelo di Lisieux, dove l’hanno preceduta due sue sorelle (e lei non sarà l’ultima). I Martin di Alençon: piccola e prospera borghesia del lavoro specializzato. Il padre ha imparato l’orologeria in Svizzera. La madre dirige merlettaie che a domicilio fanno i celebri pizzi di Alençon. Conti in ordine, leggendaria puntualità nei pagamenti come alla Messa, stimatissimi. E compatiti per tanti lutti in famiglia: quattro morti tra i nove figli. Poi muore anche la madre, quando Teresa ha soltanto quattro anni. In monastero ha preso il nome di suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Thérèse Martin, nacque ad Alençon in Francia il 2 gennaio 1873 in una famiglia cristiana. Studiò presso le Benedettine di Lisieux. Nei nove anni che trascorse nel Carmelo di Lisieux, praticò in modo particolare l'umiltà, la semplicità evangelica e la fiducia in Dio, e queste virtù insegnò alle novizie con la parola e con l'esempio, visse infatti così intensamente da offrire al mondo cattolico la sorprendente immagine di una santa, apparentemente estranea e senza rapporti spirituali col mondo a lei contemporaneo. Ha dato alla sua breve esistenza l'impronta ineguagliabile del sorriso, espressione di quella gioia ultraterrena, che secondo le sue parole, «non sta negli oggetti che ci circondano, ma risiede nel più profondo dell'anima». Incline per temperamento a una calma e composta tristezza, Teresa, magnifici capelli biondi, occhi azzurri, lineamenti delicati, alta, straordinariamente bella, quando scriveva sul suo diario «Oh, sì tutto mi sorriderà quaggiù», stava sperimentando ingiustizie e incomprensioni, e già minata dalla tubercolosi polmonare, stremata di forze, non rifiutava alcun lavoro pesante e continuava «a gettare a Gesù i fiori dei piccoli sacrifici».Nelle stupende pagine dei suoi quadernetti in cui andava tracciando, per obbedienza, le sue esperienze interiori, e che saranno poi pubblicate sotto il titolo di "Storia di un'anima", trapela la grandezza dei suoi sacrifici. Teresa ha dato alla sua vita di ascesi l'inconfondibile stile e titolo di «infanzia spirituale» non per una innata tendenza di mettere tutto al diminutivo, ma per una scelta ben precisa, conforme all'invito evangelico di «farsi piccoli» come i bambini. Ella scrive: «lo mi ero offerta a Gesù Bambino per essere il suo trastullo, e gli avevo detto che non si servisse di me come di uno di quei balocchi di pregio, che i fanciulli si contentano di guardare, ma come di una piccola palla di nessun valore, da poter buttare per terra, spingere col piede, lasciare in un canto, oppure stringere al cuore, qualora ciò potesse fargli piacere. In una parola volevo divertire Gesù Bambino e abbandonarmi ai suoi capricci infantili». Morì il 30 settembre 1897 nel Carmelo di Lisieux. Fu canonizzata il 17 maggio 1925 da Papa Pio XI e nel 1927, sempre da Papa Pio XI, fu nominata, insieme a s. Francesco Saverio, patrona delle missioni. Nel 1944 patrona secondaria della Francia, accanto a Giovanna d'Arco. Il 19 ottobre 1997 papa Giovanni Paolo II l’ha dichiarata Dottore della Chiesa. Teresa negli ultimi giorni della sua vita rassicurò le consorelle che l'ingresso in cielo non le avrebbe impedito di continuare a lavorare per la salvezza delle anime, che stava, anzi per incominciare la missione appena abbozzata fra le mura del Carmelo.Quale missione? La missione di far amare Dio come lei l'aveva amato, d'insegnare alle anime la sua piccola via di umiltà e di abbandono. E il suo arcano presentimento, il suo desiderio delicatissimo si verificò in maniera stupenda così da divenire in breve la Santa più popolare e più amata del secolo.Teresa di Lisieux, con linguaggio limpido e fresco, ci mette in contatto con la sua anima, col suo modo di pensare e di vivere per nulla disincarnato, traboccante di sentimento puro, di ardore serafico, di ansie apostoliche. Acuta contemplativa, ricca, sebben giovane, di esperienza e di divina saggezza, ella ci addita l'itinerario più semplice e sicuro per raggiungere la meta soprannaturale: entrare in intimità con Dio come con un Padre amatissimo, Padre misericordioso e tenero verso chi, persuaso della propria debolezza e delle proprie miserie, si volge a lui con illimitata confidenza. La sua è un espressione di fede solida, di speranza serena, di amore sommo verso Dio, garantito dal zelo ardente per l'avvento del regno di Cristo sul mondo intero.Ella mai si illuse circa il mistero della nostra salvezza, il quale, se comincia a Betlemme, si consuma però sul Calvario. Per tale ragione si professava di Gesù Bambino e del Volto Santo. La croce, la sofferenza nel corpo e nell'anima marcò profondamente i passi della Santa, dagli anni d'infanzia e dell'adolescenza, con la morte prematura della mamma, la malferma salute, la misteriosa malattia, la separazione dalle sorelle maggiori, aquelli della giovinezza con gli ostacoli al suo ingresso al Carmelo, con le prove indicibili dei primi anni in monastero, con le vicende dolorosissime del tramonto del babbo, fino alla malattia che lentamente la consumò: croce sempre accolta, abbracciata e trasformata in olocausto purissimo a Dio per il prossimo. La Santa delle rose e del sorriso modellò con fortezza la sua esistenza sul santo Vangelo, imprimendo di puro eroismo gli atti più ordinari e comuni credendo alla parola del Maestro che il regno dei cieli è dei piccoli e di coloro che ad essi si fanno simili. Santa Teresa di Lisieux è patrona della Comunità dei figli di Dio, insieme con Sant'Ignazio di Antiochia, San Francesco d'Assisi e San Benedetto. Santa Teresa ci rivela la latitudine del suo amore: Anche la nostra preghiera deve essere, come la sua, prima di tutto la lode divina, ma anche l'intercessione universale nel senso di una solidarietà universale verso i peccatori. - figlididio -