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CORTE EUROPEA: NO AI CROCIFISSI A SCUOLA, VIOLANO LA LIBERTA' DEGLI ALUNNI!!!????


La presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce «una violazione del diritto dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione alla «libertà di religione degli alunni». Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo nella sentenza su un ricorso presentato da una cittadina italiana. Il caso era stato sollevato da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 ha chiesto all'istituto statale Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule. A nulla in passato erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia. Ora i giudici di Strasburgo le hanno dato ragione.MA QUALE VIOLAZIONE DI LIBERTA'!!!!La libertà religiosa, ed il divieto di discriminazioni su base religiosa, costituiscono solo una delle manifestazioni della libertà di pensiero; uguale tutela costituzionale hanno la libertà di professare opinioni in campo politico e sociale. Questa semplice considerazione consente di verificare come sia del tutto fuori della realtà l’idea che possa esistere uno Stato del tutto "neutro" ed anodino, indifferente ad ogni valore (o disvalore) di carattere ideale, religioso o politico. In Italia si celebra ogni 25 aprile l’anniversario di una insurrezione popolare antifascista. In questa celebrazione è insita una visione politica che poteva –specie in passato- ferire i sentimenti di alcuni: nella mia generazione erano presenti ragazzi i cui genitori erano stati fucilati dai partigiani. E costoro venivano traumatizzati quando in classe l’insegnante celebrava le "radiose giornate" del 1945. Tuttavia nessuno dubita che si possano dedicare scuole, cerimonie, lezioni scolastiche alla Resistenza. Di più: in Italia vi sono scuole, piazze, ospedali dedicati a PalmiroTogliatti, a Marx, a Lenin. Nessun anticomunista mi risulta si sia rivolto alla giustizia per chiedere la rimozione di questi segni che riconducono ad una ideologia a molti sgradita. E dubito si troverebbe un giudice disposto ad accogliere simile protesta. Né alcuno si lagna del fatto che in Campo dei Fiori campeggi la statua di Giordano Bruno, o che in Piazza Savoia a Torino si elevi una colonna che ricorda le "leggi Siccardi", con cui si aprì il conflitto risorgimentale fra Stato e Chiesa. La libertà di pensiero, il principio di non-discriminazione vietano di imporre ad alcuno atti che possano suonare adesione ad una ideologia sgradita, vietano di subordinare l’esercizio dei diritti ad atti di consenso ad una Chiesa, ad un partito, ad un movimento politico. Se vogliamo spingerci più in la’, possiamo ammettere che la libertà religiosa, e di pensiero possa anche essere turbata (ancorchè certo non lesa) dalla ostentazione di segni o simboli che abbiano una carica polemica, o che manifestino adesione a specifiche affermazioni dogmatiche, in altre parole di segni "che dividono". Se nelle aule fosse stato esposto un ricordo della battaglia di Lepanto, o anche solo il simbolo dell’Ostia, della Trinità, il testo del Credo, si potrebbe forse ammettere che -come gesto di cortesia e non come riconoscimento di un diritto- questi oggetti siano rimossi o sostituiti. Quando i primi cristiani decisero di assumere la croce a proprio segno distintivo, operarono una scelta difficile, ma dal profondo significato religioso ed umano; una scelta che oggi, in una civiltà laica e pluralistica, appare particolarmente felice. La croce è un patibolo, non è un palco di trionfo; colui che pende da essa è per i credenti cattolici, protestanti, ortodossi, il Figlio di Dio, che con il suo sangue ha riscattato le colpe degli uomini. Ma non rivela nel crocifisso i segni ed il potere della Sua divinità, non è il Cristo Giudice della Cappella Sistina; al contrario, Colui che è crocifisso (come il Bambino del presepe) patisce i limiti e le sofferenze della Sua umanità. Perciò ciascuno può identificarsi in Lui e vedervi un frammento della propria umanità, delle proprie sofferenze. Per i mussulmani è il simbolo di un grande profeta di cui nel Corano Dio dice: "demmo a Gesù figlio di Maria prove evidenti e lo confermammo con lo Spirito di Santità (II,87). Possono vedervi l’immagine del sosia, che, secondo una tradizione cristiana eretica accolta dal Corano, sostituì Cristo sulla Croce (IV, 57). Per gli ebrei è l’immagine di un giusto. Per tutti, anche i non credenti, è il segno dell’umanità della moltitudine di "poveri cristi" che tribolano negli ospedali, nei campi profughi, nelle prigioni... Di tutti coloro che sono morti di una morte che Tacito definirebbe "turpe",cioè straziati dal dolore, sovente senza la consolazione di una dignità socratica. Non mi pare quindi che il crocifisso possa essere definito "un simbolo che divide". Nessuno può ragionevolmente dirsi offeso o leso dalla sua presenza in un’aula scolastica, in un ospedale, in un tribunale; ove ricorda ai giudici l’obbligo dell’umiltà, la possibilità dell’errore. Certo il crocifisso è un segno conforme alla nostra sensibilità, alle nostre tradizioni, alla nostra storia così come ricostruita in base ai documenti che possediamo (quali il famoso, e discusso, passo dello storico ebreo Giuseppe Flavio); a qualcuno forse il crocifisso può apparire "strano". Così come ad un giapponese può riuscire sgradevole il ricorso all’acqua lustrale. Il principio di tolleranza è certamente, in primo luogo, un valore a difesa delle minoranze; ma anche le minoranze debbono prender serenamente atto dei modi di essere, di sentire, di esprimersi della maggioranza. E rispettarli.