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FAME NEL MONDO LA NUOVA (INUTILE) PASSERELLA FAO


Non arriviamo al punto di dire, come fa Dambisa Moyo, l`economista quarantenne nata in Zambia ed educata ad Harvard e a Oxford (definita da Time una delle cento persone più influenti del mondo) che «gli aiuti occidentali all`Africa hanno avuto il solo effetto di trasformare una terra già povera in una ancora più povera». Non lo facciamo, anche perché alla Fao non si parlerà di aiuti dei singoli Paesi ma di un obiettivo globale (che è comunque responsabilità dei governi) per realizzare progetti destinati a combattere la fame nel mondo. E i dati sono, come sempre, drammatici. Ma c`è qualcosa che ugualmente non convince in questo ennesimo vertice che si celebrerà a Roma la settimana prossima. Non convince in primo luogo il gigantismo di un evento in cui ogni volta sembra che venga recitato il solito stanco copione. Mentre lo stesso G8 sta diventando più snello e da tempo discute la sua autoriforma, il sistema delle Nazioni Unite non riesce a trovare nuove formule per abbandonare le ritualità e le scenografie del passato. In secondo luogo sembra una inutile passerella quella degli ospiti che il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, non vuole ancora prudentemente annunciare ma che saranno presumibilmente i consueti protagonisti di quel circo itinerante in cui i riflettori non sono mai accesi sui problemi e sui modi per risolverli. Tra i sessanta capi di Stato e di governo che hanno già confermato la loro presenza ci sarà anche qualche leader che, come denuncia la Moyo, ha accumulato fortune personali grazie agli aiuti. Arriverà Gheddafi, a meno di due mesi soltanto dall`ultimo show all`Onu. E forse non mancherà perfino l`uomo-simbolo del potere violento e antidemocratico in Africa, il presidente dello Zimbabwe Rober Mugabe. E il «numero uno» venezuelano Hugo Chávez, se ci sarà, non farà altro che tentare di spostare l`attenzione di tutti su di sé. Risulterà difficile, in tutto questo, «guardare negli occhi i governanti nel mondo», come spera l`eterno Diouf, eletto nel 2006 per il suo terzo mandato di sei anni. La Fao sa molto bene quanti sforzi siano stati vani in questi anni, quante speranze siano cadute. Non è un caso che abbia pubblicato un rapporto su 31 «casi di successo» in altrettanti Paesi sui 79 «monitorati». Sono esempi positivi che «indicano - è stato detto - la strada da seguire»: investimenti in sementi, fertilizzanti, mangimi, vaccini per gli animali, ricerche per eliminare le patologie delle piante. Ma se tutto questo è vero, ci si chiede a che servano Mugabe e Gheddafi. - Paolo Lepri  - -  piuvoce.net - NELLA GIRANDOLA DI AIUTI NO DIARREA E POLMONITELa diarrea uccide ogni anno un milione e mezzo di bambini nei Paesi in via di sviluppo: più dell’Aids, della malaria e del morbillo messi insieme. Eppure, nonostante l’impatto devastante e le cure semplici che basterebbero per salvare migliaia di vite, oltre il 60% dei bambini affetti da tale problema non hanno accesso alla reidratazione che li salverebbe. L’Unicef denuncia che ormai la maggior parte dei fondi viene destinata a malattie che attirano l’attenzione dell’opinione pubblica, prima fra tutte l’Aids, mentre la diarrea e la polmonite, i due grandi killer dei bambini, sembrano divenute problemi dimenticati. Negli ultimi anni molti studi confermano che le cure contro l’Aids permettono di ottenere grandi risultati, ma sono molto costose e non possono mai essere interrotte, mentre le malattie che decimano i bambini potrebbero essere sconfitte con farmaci e procedure che hanno un costo bassissimo. In tempi di crisi economica scatta la competizione per gli aiuti internazionali e soprattutto negli Stati Uniti si è aperto un dibattito intorno alle destinazioni su cui concentrare i finanziamenti. In Nigeria ed Etiopia, le due nazioni africane più popolose, nel 2007 sono morte 237.000 persone a causa dell’Aids e 540.000 bambini sotto i cinque anni a causa della diarrea e della polmonite. Quest’anno, gli Usa hanno speso 750 milioni di dollari nella cura dell’Aids, ma solo 35 milioni per la cura dell’infanzia in quei due Paesi. Ezekiel Emanuel, esperto di bioetica e fratello di Rahm Emanuel, capo dello staff di Obama, ha recentemente affermato in maniera esplicita che gli aiuti internazionali nel settore della sanità sono limitati, soprattutto in tempi di crisi economica, e salverebbero un numero più alto di vite se si concentrassero sulle cure delle madri e sulle malattie dell’infanzia, che stanno decimando intere generazioni di alcune zone del mondo. Ovviamente è molto difficile decidere dove allocare risorse quando si ha la sensazione di decidere fra quali vite salvare e infatti altri autorevoli esperti cercano di comunicare il messaggio che l’unica soluzione è semplicemente aumentare gli aiuti in tutte le direzioni, cosa che peraltro il Presidente Obama si è impegnato a fare. Tuttavia, è significativo rilevare un fenomeno messo in luce dagli esperti dell’Oms che si occupano di malattie infantili, i quali dicono apertamente che i ministeri della salute di molti Paesi africani sono ben consci delle vittime provocate da diarrea e polmonite, ma si sono progressivamente concentrati su altre malattie perché quelle ricevevano più finanziamenti internazionali e dunque su di esse era possibile fare concretamente qualcosa, mentre altre restavano quasi dimenticate dai grandi circuiti degli aiuti. - Stefano Costalli - piuvoce.net -