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ROSARNO:UN`ALTRA STORIA E`POSSIBILE A NORD COME A SUD


E' ora di smetterla di "non vedere"Rosarno, Italia: cinquemila immigra­ti, in gran parte irregolari, pagati (quando va bene) 18-20 euro al giorno per 12-14 ore di lavoro a raccogliere a­grumi, ammucchiati in ex fabbriche sen­za acqua e senza luce, sfruttati da im­prenditori e mafiosi, dimenticati da enti locali e istituzioni regionali e nazionali. Val di Non, Italia: settemila immigrati, tutti regolari, pagati 6,90 euro all’ora per 8 o­re di lavoro a raccogliere mele, con vitto e alloggio assicurato dai datori di lavoro, sotto il rigoroso controllo della provincia di Trento e dei Comuni della zona. Die­tro alla drammatica rivolta degli immi­grati africani della Piana di Gioia Tauro, dietro la reazione degli abitanti, sfociata ieri sera in due feroci gambizzazioni, c’è ancora una volta questa Italia spaccata in due, questo Paese che, come ha denun­ciato più volte il capo dello Stato, viaggia a velocità diversissime. Due Italie, forse addirittura due pianeti diversi. Lo diciamo chiaro e forte, perché nessu­no può accusarci di trito e becero anti­meridionalismo. Avvenire, con la stessa identica passione della Chiesa italiana e dei suoi vescovi, è da sempre attento al­la realtà del Sud: al male che la affligge e al tanto bene che offre. Anche sul fronte immigrazione. Perché non è impossibile gestire e accompagnare questo fenome­no epocale. Proprio nella tanto disastra­ta Calabria due paesi della zona jonica, Caulonia e Riace, sono esempi di inte­grazione, apprezzati e studiati anche al­l’estero. Addrittura ospitano, su richiesta degli organismi internazionali, i profughi dei campi palestinesi. Dunque, si può a­gire nella legalità e nella civiltà. E non so­lo nell’efficiente Trentino. Esperienze felici, ma purtroppo solo iso­le. Il resto è un mare di Rosarno, dove gli immigrati si spostano seguendo le sta­gioni. Nomadismo agricolo: a settembre in Sicilia (olive), tra ottobre e marzo in Calabria (agrumi), poi in Puglia e Cam­pania (ortaggi). Così da almeno venti an­ni. Sotto agli occhi di tutti. All’aperto dei campi, non al chiuso di qualche fabbri­ca. Tutti vedono ma girano la testa dal­l’altra parte. Le istituzioni per prime. Gli 800 immigrati ammassati nell’impianto (mai entrato in funzione) dell’ex Opera Sila sono più o meno gli stessi che vive­vano, in condizioni analoghe, nell’ex car­tiera di Rosarno. Sbarrata quest’ultima dopo il ferimento a pistolettate, un anno fa, di due immigrati e una prima rivolta, gli 800 hanno solo cambiato `inferno`. Intanto i due Comuni interessati, Rosar­no e Gioia Tauro, sono stati (e non è cer­to una coincidenza...) sciolti per infiltra­zione mafiosa. Ma neanche la diretta ge­stione da parte delle prefetture attraver­so i commissari straordinari è stata ca­pace di dare una svolta. Perché non è solo una questione di ordi­ne pubblico. Malgrado pistolettate, rivol­te e gambizzazioni. Se in migliaia ogni giorno si `prostituiscono` agli incroci del­la Piana di Gioia Tauro, aspettando di es­sere soppesati e assoldati dai `caporali`; se dopo fredde e interminabili giornate a raccogliere i dorati frutti degli agrumeti tornano a dormire tra mura diroccate, sotto teli e cartoni e perfino nei silos me­tallici; se al loro fianco hanno, come al so­lito, la sola preziosa e disinteressata pre­senza del volontariato; se vengono sfrut­tati e sottopagati con la scusa che il mer­cato degli agrumi non tira, davvero que­sta Italia non va. Non è solo colpa della ’n­drangheta, che certo su di loro si arric­chisce e magari li usa come facile mano­valanza criminale (Rosarno, ahimè, è un noto punto di transito della droga, «la fa­rina » come la chiamano i corrieri di co­lore). E che forse ieri, come suo stile, ha voluto `fare giustizia` sparando ad altri due immigrati.Ma la ’ndrangheta non spiega tutto. Do­ve sono le organizzazioni imprenditoria­li? Battano un colpo. Chiaro, netto. Ma­gari, come Confindustria Sicilia, espel­lendo chi usa lavoratori in nero o irrego­lari. E lo battano le istituzioni, come già fanno in altre regioni o in altre zone del­la Calabria. Non ci saranno così più alibi per i violenti, italiani e immigrati. - Antonio Maria Mira - Avvenire -