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NUMEROSI EPISODI INEDITI NEL LIBRO DI MONSIGNOR EDER SU GIOVANNI PAOLO II


Delle possibili dimissioni di Giovanni Paolo II si era parlato in varie circostanze, soprattutto quando l'evoluzione del morbo di Parkinson gli aveva reso difficili anche i semplici gesti del quotidiano. Ma nessuno immaginava che gia' nel 1989 il Papa avesse firmato una lettera in cui rinunciava previamente al proprio ufficio, confermando successivamente nel 1994 tale volonta'. Quella lettera viene oggi pubblicata nel libro "Perche' e' Santo. Il vero Giovanni Paolo II raccontato dal postulatore della causa di beatificazione", firmato per Rizzoli da Monsignor Slawomir Oder e dal giornalista di "Famiglia cristiana", Saverio Gaeta. Il volume puo' rivelare aspetti sconosciuti della personalita' e della vita umana, spirituale ed ecclesiale del Papa polacco, grazie al posto di osservazione privilegiato dell'autore per poter accedere alle testimonianze (114 persone), agli scritti e a documenti inediti raccolti nelle tre inchieste diocesane svolte a Roma, a Cracovia e a New York, e qui condensati. Karol Wojtyla emerge non soltanto come un grande protagonista della storia del Novecento, ma soprattutto come un Papa che ha vissuto sino in fondo nella propria carne il messaggio evangelico. Sfogliando il volume si passa dalla documentazione rinvenuta negli archivi dei servizi segreti polacchi all'inedita "lettera aperta" all'attentatore Ali' Agca (preparata per un'udienza generale e mai pronunciata), dalla devozione alla Vergine alle rivelazioni di visioni soprannaturali di Giovanni Paolo II, alla testimonianza delle mortificazioni corporali che si infliggeva con la cinghia, fino alla lettera, anch'essa inedita, sulla questione delle dimissioni per ragioni di salute. Un gesto che non ha avuto attuazione - scrive Gaeta - "soltanto a motivo dell'eroica volonta' di Wojtyla di compiere sino in fondo la missione affidatagli da Dio". Sostiene Oder: "Con l'avanzare dell'eta', Papa Wojtyla comincio' a riflettere sull'opportunita' di rassegnare le dimissioni in caso di manifesta impossibilita' ad adempiere al proprio ministero. Ormai prossimo ai settantacinque anni (che avrebbe compiuto il 18 maggio 1995), avvio' una consultazione informale con i responsabili della Segreteria di Stato e con i suoi piu' intimi amici e collaboratori, discutendo con essi anche dell'eventualita' di applicare a se stesso la norma del Diritto canonico che prevede per i vescovi di lasciare il proprio incarico al compimento dei settantacinque anni. Il peggiorare delle condizioni fisiche lo induceva infatti a prendere seriamente in considerazione questa possibilita', per quanto egli fosse ben consapevole dei problemi che la presenza di un Papa emerito avrebbe potuto generare. Fece quindi studiare il tema dal punto di vista storico e teologico, consultando in particolare l'allora Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ma alla fine si rimise alla volonta' di Dio". Cosi' scriveva dunque Giovanni Paolo II nel 1994: "Davanti a Dio ho riflettuto a lungo su che cosa debba fare il Papa per se stesso al momento in cui compira' i 75 anni. Al riguardo, vi confido che quando, due anni fa, si profilo' la possibilita' che il tumore da cui dovevo essere operato fosse maligno, pensai che il Padre che sta nei cieli volesse provvedere egli stesso a risolvere in anticipo il problema. Ma non fu cosi'. Dopo aver pregato e riflettuto a lungo sulle mie responsabilita' davanti a Dio, ritengo doveroso di seguire le disposizioni e l'esempio di Paolo VI, il quale, prospettandosi lo stesso problema, giudico' di non poter rinunciare al mandato apostolico se non in presenza di una infermita' inguaribile o di un impedimento tale da ostacolare l'esercizio delle funzioni di Successore di Pietro. Anch'io pertanto, seguendo le orme del mio Predecessore, ho gia' messo per iscritto la mia volonta' di rinunciare al sacro e canonico ufficio di Romano Pontefice nel caso di infermita' che si presuma inguaribile e che impedisca di esercitare (sufficientemente) le funzioni del ministero petrino. All'infuori di questa ipotesi, avverto come grave obbligo di coscienza il dovere di continuare a svolgere il compito a cui Cristo Signore mi ha chiamato, fino a quando egli, nei misteriosi disegni della sua Provvidenza, vorrà". Dalle pagine di questo libro emerge anche un Papa spiritoso e gioviale, pur nella malattia: "Quando fu costretto a utilizzare il bastone per camminare, si sentiva un po' impacciato. Gli costava fatica presentarsi in pubblico con questo segno evidente della sua fragilita' fisica, tanto che aveva preso l'abitudine di lasciare il bastone dietro la porta prima di entrare sul palco dell'aula Paolo VI per le udienze. Ma rapidamente accetto' con serenita' anche questo nuovo stato, come mostro' il suo giocoso roteare il bastone davanti a milioni di giovani durante la veglia della Giornata mondiale della gioventu' a Manila nel gennaio 1995. Non mancavano pero' i momenti in cui cercava di sdrammatizzare ricorrendo alla sua consueta ironia. Il 29 marzo 1998, per esempio, improvvisando durante un discorso disse: 'Vorrei chiedervi: perche' il Papa porta un bastone?... Pensavo che mi avreste risposto: perche' e' vecchio. Invece avete dato la risposta giusta: perche' e' 'pastore'. Il pastore porta un bastone, per appoggiarsi e anche per sistemare un po' l'ovile'. In un'altra occasione, durante un viaggio in America latina, si trovo' al fianco un Cardinale che aveva avuto un incidente e percio' camminava anche lui con il bastone: 'Cara Eminenza, siamo tutti e due bastonati', gli disse sorridendo". - Petrus -