ASCOLTA TUA MADRE

VESCOVI CONTRO VESCOVI: LE PROFEZIE SI STANNO AVVERANDO


Stralcio del Messaggio del 13 ottobre 1973 ad Akita in Giappone (Apparizione approvata dal vescovo locale e dalla Santa Sede)"Mia cara figlia, ascolta bene ciò che ho da dirti. Ne informerai il tuo superiore". Dopo un attimo di silenzio la Madonna continua dicendo: (.....) L’opera del diavolo si insinuerà anche nella Chiesa in una maniera tale che si vedranno cardinali opporsi ad altri cardinali, vescovi contro vescovi. I sacerdoti che mi venerano saranno disprezzati e ostacolati dai loro confratelli…chiese ed altari saccheggiati; la Chiesa sarà piena di coloro che accettano compromessi e il Demonio spingerà molti sacerdoti e anime consacrate a lasciare il servizio del Signore. Il demonio sarà implacabile specialmente contro le anime consacrate a Dio. Il pensiero della perdita di tante anime è la causa della mia tristezza. Se i peccati aumenteranno in numero e gravità, non ci sarà perdono per loro.IL PAPA: NELLA CHIESA PER SERVIRE IL VANGELO, NON PER FAR CARRIERACittà del Vaticano: Non è forse una tentazione quella della carriera, del potere, una tentazione da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di animazione e di governo nella Chiesa?". A chiederselo è stato il Papa, nella catechesi dell`udienza generale di questo Mercoledì, interamente dedicata alla figura di San Domenico, il fondatore dell'Ordine dei Predicatori, noti anche come Frati Domenicani. Ordinato sacerdote, Domenico fu eletto canonico del capitolo della Cattedrale nella sua diocesi di origine, Osma. "Anche se questa nomina poteva rappresentare per lui qualche motivo di prestigio nella Chiesa e nella società - ha fatto notare Benedetto XVI -, egli non la interpretò come un privilegio personale, né come l'inizio di una brillante carriera ecclesiastica, ma come un servizio da rendere con dedizione e umiltà". "Non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi", ha quindi ammonito il Pontefice, ribadendo l`invito lanciato di recente durante la consacrazione di alcuni vescovi: "Sappiamo come le cose nella società civile, e, non di rado nella Chiesa, soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità". CHI C'ERA DIETRO LE QUINTE DEL CASO BOFFO-FELTRISui mezzi di stampa in questi giorni circolavano affermazioni, poi riprese da Antonio Socci, a dir poco impressionanti…Leggi tutto il dossier che ti presentiamoFeltri incontra Boffo, si apre un caso Vaticano. Il direttore del Giornale chiama in causa Bertone e VianROMA - Il "carnefice" e la vittima allo stesso tavolo. Uno di fronte all'altro per la prima volta. Cinque mesi dopo. Perché ora che l'esecuzione è alle spalle, ora che il primo ha perfino chiesto scusa a modo suo al secondo, ora è venuto il momento di capire cosa ci fosse dietro la macchinazione e soprattutto chi. È l'esigenza che ha spinto l'ex direttore dell'Avvenire Dino Boffo a pranzare ieri con Vittorio Feltri. Proprio col giornalista che, appena insediatosi alla tolda di comando del Giornale della famiglia Berlusconi, il 28 agosto aveva sferrato l'attacco a freddo contro di lui, reo di voler fare "la morale al Cavaliere". Attacco basato su un documento presentato come "informativa allegata al casellario giudiziario" e che sbatteva in prima pagina la presunta omosessualità del direttore del quotidiano dei vescovi. Salvo poi scoprire che quell'"informativa", dalla paternità rimasta misteriosa, non figurava in alcun fascicolo."Berti" è un ristorante milanese abbastanza noto e ben frequentato. Al tavolo c'è anche Renato Farina, parlamentare Pdl ed editorialista del Giornale benché radiato dall'Ordine dei giornalisti nel 2007 dopo l'accertamento di un suo legame col Sismi. Sullo sfondo, le tante indiscrezioni, i boatos, le voci che corrono veloci tra la Segreteria di Stato e la Cei e finite negli ultimi giorni sulle pagine del Foglio, del Riformista, di Libero. Indizi trapelati da ambienti vaticani e della destra, che riaprono il caso sfociato nelle dimissioni di Boffo e nell'"atto di incolpazione" di Feltri da parte dell'Ordine dei giornalisti. Elementi che iniziano a definire i contorni di quel "blocco di potere" che ha "congegnato la colossale montatura", per dirla coi termini usati dal direttore dell'Avvenire nella lettera con cui il 3 settembre ha rassegnato le dimissioni al presidente della Cei Angelo Bagnasco."Non l'ho incontrato per perdonare. Avevo piuttosto bisogno di capire chi mi ha ucciso e chi ha armato la sua mano" confidava ieri Boffo agli amici stupiti del faccia a faccia. Al direttore del Giornale, l'ex direttore non sconta alcuna delle sue responsabilità per quanto accaduto, ma dal colloquio sarebbe risultato più chiaro lo "scenario" in cui è maturata l'intera vicenda. Ed è uno scenario da corte dei Borgia. Feltri, che il 4 dicembre aveva ammesso l'errore sul Giornale ("Su Boffo scandalo infondato"), la prende molto alla larga. Al tavolo del Berti non confida alla sua "vittima" chi gli abbia girato quella informativa molto sui generis. Ma gli rivolge due domande. "Perché Bertone (il cardinale segretario di Stato vaticano, ndr) ce l'ha tanto con te? E perché Gian Maria Vian (direttore dell'Osservatore romano, quotidiano vicino alla Segreteria, ndr) ce l'ha tanto con te?" Domande che fanno calare il gelo fra i tre commensali. Ma che pesano come risposte. Tanto che la discussione tra i due prosegue dando per scontato che sia stato il direttore dell'Osservatore a far recapitare l'informativa su mandato - questa la tesi - del segretario di Stato Bertone. Operazione poi rivelatasi di disinformazione e alla quale Feltri si sarebbe "prestato" perché in fondo utile alla causa politica del premier Berlusconi (più volte criticato da Boffo dalle colonne dell'Avvenire), per fare un favore a una "fazione", riconducibile alla Segreteria vaticana - più accondiscendente verso le politiche del governo - in aperto contrasto con l'altra, la Cei, oggi in mano ad Angelo Bagnasco.E infine, perché garantito da una copertura autorevole e da una pezza d'appoggio in apparenza credibile. In questo scontro di potere, tutto interno alle gerarchie cattoliche, l'ex direttore dell'Avvenire sarebbe stato stritolato perché ritenuto "colpevole" di aver fatto da trait d'union tra Camillo Ruini e il suo successore alla Cei, Bagnasco. Un laico ritenuto ingombrante anche per il suo potere: direttore da anni pure di Tv Sat2000 e Radio Inblu.Al ruolo di presunto "ispiratore" di Gian Maria Vian - il quale ieri ha avuto incontro col direttore di un quotidiano nella sede dell'Osservatore - hanno alluso in questi giorni vari giornali. Il "professore" vicino a Bertone, già tre giorni dopo il finto scoop del Giornale aveva rilasciato un'intervista al Corriere per rivendicare di "non aver mai scritto sulle vicende private del premier" e lamentare invece "imprudenze ed esagerazioni" dell'Avvenire in quelle ore sotto attacco. Il 22 settembre Vian bollava come "fantavaticano" le ricostruzioni che lo dipingevano come fonte di un articolo anti-Ruini apparso proprio sul Giornale. Lo va ripetendo in questi giorni anche a chi gli fa notare quel che il Foglio e altri scrivono, quel che nei Palazzi d'Oltretevere si sussurra: "Sono solo polveroni".  - di Carmelo Lopapa -La Repubblica -IL KILLER DI BOFFO E' IN VATICANO - di Antonio SocciUna cosa si sta clamorosamente chiarendo: nel “caso Boffo”, che ha portato alle dimissioni del direttore di Avvenire, Berlusconi non c’entra niente. Questo per dare “A ciascuno il suo” come recita (in latino) il motto che sta sotto la testata dell’Osservatore romano.Se dunque non è esistito un “mandante” Berlusconi sfumano nel nulla fiumi di inchiostro dei polemisti “addetti ai livori” che quattro mesi fa misero sotto accusa il premier, accusandolo di voler intimidire e imbavagliare la stampa e perfino la Chiesa. E sfumano nel nulla soprattutto i furori degli ambienti ecclesiastici che imputarono al primo ministro – tramite il Giornale - un feroce e gratuito attacco al mondo cattolico.Anzi, l’affare adesso si sta facendo scottante per il mondo ecclesiastico perché da giorni si susseguono boatos e articoli che portano in tutt’altra direzione, una direzione insospettabile: quella vaticana.La vicenda si fa scottante anche perché nei giorni di fine agosto in cui il Giornale lanciò la sua paginata su Dino Boffo ad avvalorare implicitamente l’interpretazione della correità (oggettiva o soggettiva) di Berlusconi fu addirittura il segretario di Stato Vaticano, cardinal Bertone che, scrive La Stampa, «annullò l’incontro alla Perdonanza dell’Aquila con il premier (Berlusconi) in segno di solidarietà verso una delle personalità più apprezzate dell’editoria cattolica».Una decisione pesantissima, praticamente inedita nella storia della diplomazia vaticana, che pose in serissimo imbarazzo il presidente del Consiglio italiano.  Una decisione che non divenne frattura diplomatica fra Italia e Santa Sede solo per la saggezza di Palazzo Chigi che incassò lo sgarbo e tacque. Sgarbo istituzionale che mai il Vaticano aveva fatto nei confronti del governo italiano.L’INTERVISTAAd avallare l’interpretazione politica dell’attacco a Boffo però, oltre al gesto di Bertone, provvide anche il direttore dell’Osservatore romano che si espose anch’egli in modo del tutto inusuale attaccando il direttore del giornale della Cei con un’intervista al Corriere della sera nella quale – dopo avergli espresso solidarietà personale - accusava Boffo di aver tenuto una linea troppo ostile al governo sull’immigrazione clandestina e rivendicava con orgoglio la scelta di non aver scritto una riga, sull’Osservatore, in merito alle «vicende private di Silvio Berlusconi». Si trattava di critiche obiettivamente infondate che furono lette nel quadro di uno scontro fra la Segreteria di stato bertoniana, desiderosa di prendere le redini del rapporto con la politica, e i vescovi italiani guidati da Ruini e Bagnasco: Boffo da anni rappresenta la mente politica del ruinismo ed è stato osteggiato soprattutto dai settori di sinistra dell’episcopato italiano e del mondo cattolico proprio per il suo attento equilibrio. Farlo passare per un antiberlusconiano era obiettivamente una forzatura.La vicenda ha avuto poi sviluppi sensazionali. Feltri ha onestamente riconosciuto, con un sorprendente editoriale, che vedendo le carte «Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali» e quindi quella “nota” che accreditava tali risultanze era falsa.Ancor più clamorosamente Feltri ha svelato che tale “nota” gli era stata accreditata da «informatore attendibile, direi insospettabile», anzi «una personalità della Chiesa della quale ci si deve fidare istituzionalmente». E del resto fin dall’inizio aveva detto che il plico gli era stato materialmente consegnato addirittura dalla gendarmeria vaticana. Tanto da costringere padre Lombardi a smentire.Ma la ricerca della pista vaticana è andata avanti. Il 30 gennaio, proprio quando l’Osservatore romano pubblica vistosamente una nota di plauso di Bertone allo stesso Osservatore, Il Foglio di Giuliano Ferrara comincia un pesante bombardamento sul direttore del giornale vaticano, Vian. Il quale già il 22 settembre aveva liquidato come «fantavaticano» gli articoli che lo presentavano come fonte di un articolo anti-Ruini uscito sul Giornale. Anche verso le accuse di questi giorni del Foglio da oltretevere si risponde: «sono solo polveroni».Ma ieri il giornale di Ferrara è andato giù ancor più pesante: «Al Foglio risulta da buona fonte che alcune telefonate fatte con lo scopo di avvalorare il documento falso sono arrivate a Feltri dal direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian».Il Foglio proseguiva così: «Chi poi abbia avuto l’autorità di muovere un postino vaticano, e se questo abbia un significato riguardo al diretto superiore del direttore dell’Osservatore, la segreteria di stato, è questione ancora discussa».Ad accreditare questa ricostruzione dietrologica c’è anche Sandro Magister che dal suo blog sull’Espresso (di impronta ruiniana) ha bombardato un po’ da acceso tifoso: «Ora si è giunti al ”redde rationem” finale. Il giornale del papa è al tappeto, nella persona del suo direttore, e le autorità vaticane, in testa la segreteria di stato, non possono più tirare avanti come se nulla fosse. Il conteggio è iniziato e il k.o. tecnico appare il verdetto più logico». Nelle ultime ore poi in un vistosissimo ristorante milanese si sono fatti vedere a pranzo Vittorio Feltri e Dino Boffo. Un incontro di chiarimento che, secondo una cronaca di Repubblica.it, sarebbe iniziato con due domande di Feltri: «Perché Bertone ce l’ha tanto con te? E perché Gian Maria Vian ce l’ha tanto con te?».È obiettivamente una situazione imbarazzante. Personalmente ritengo che Vian abbia un modo semplice e chiaro per smentire in maniera netta e inconfutabile queste voci. Non è neanche necessario sfidare con un giurì d’onore (o a duello) Giuliano Ferrara.LA VERITÀGli basta chiedere – anzi esigere – da Feltri che faccia il nome della «personalità della chiesa» di cui ha parlato. Feltri spiega che non farà nomi perché un giornalista non rivela le sue fonti. Ma in questo caso avrebbe tutto il diritto di farli, avendogli costoro accreditato una nota rivelatasi fasulla. E avrebbe anche il dovere di farlo in difesa di Vian, nel caso in cui costui fosse chiamato in causa senza motivo e fosse innocente. Dunque c’è un modo velocissimo per far luce. Ieri Vian – secondo la cronaca di Repubblica – «ha avuto incontro col direttore di un quotidiano nella sede dell'Osservatore», direttore che secondo i boatos sarebbe Ferruccio de Bortoli del Corriere della sera, giornale che ha sempre sostenuto Vian. Una cosa è certa: Vian deve dissolvere al più presto ogni dubbio, in modo inequivocabile e ha un modo semplice per farlo. Quello sopra detto. Altrimenti coloro che chiederanno le sue dimissioni saranno sempre più numerosi e bisognerebbe riconoscere le loro buone ragioni. Ma in questo secondo caso il problema non riguarderebbe solo lui. E il ciclone non si fermerebbe a lui. Per amore alla Chiesa, e per obbedienza al Papa stesso, si esige che sia fatta chiarezza. - fattisentire -