ASCOLTA TUA MADRE

LETTERA DI UN UOMO DISPERATO: LA MIA COMPAGNA VUOLE ABORTIRE: FERMIAMOLA


Buongiorno, mi chiamo Marco e ho 37 anni. Vi scrivo perché sono disperato. Tra una settimana la mia compagna farà un'interruzione di gravidanza. Non permetterà a nostro figlio di venire al mondo. La cosa sconvolgente è che su quel figlio abbiamo fantasticato... non è stato un incidente. L’altra cosa sconvolgente è che tra noi andava tutto benissimo e non è accaduto niente che potesse rovinare il nostro rapporto. Semplicemente da un giorno all'altro non ho più trovato di fronte la stessa persona. Premetto che la nostra è una relazione molto giovane e vissuta in gran parte in clandestinità, ma poi era diventata finalmente libera. Ora, purtroppo, non mi dà neanche più spazi per avvicinarmi a lei. Sarei pronto a prendermi l'impegno di crescere da solo nostro figlio. Ma non vuole sentire. Ha rigetto, lo vede solo come una cosa di cui liberarsi. Al più presto. Ho migliaia di messaggi, mail e lettere che comprovano tutto ciò che vi sto dicendo. La legge italiana tutela solo le donne. Quando una donna vuol mettere al mondo un figlio senza il supporto del padre, è donna-coraggio, mentre l'uomo è solo un poveraccio con desiderio di paternità. Non desidero altro che prendermi la responsabilità di qualcosa che abbiamo fatto in due e i cui frutti non sono un oggetto fastidioso di cui liberarsi al più presto ma una nuova vita. Potete fare qualcosa, smuovere l'opinione pubblica o ritenete che non interessi a nessuno e sia una causa persa in partenza? Comunque sia mi riserverei altri due tre giorni per tentare un approccio con lei, per poterne parlare da persone adulte, per affrontare la cosa insieme. - MarcoCaro Marco,Ho letto la tua lettera appello "la mia compagna vuole abortire: fermiamola" e le tue recriminazioni sulle ingiustizie della legge italiana che "tutela solo le donne" e non il desiderio di paternità degli uomini. Credo che al punto in cui siete, sia inutile star qui a parlare dello strapotere delle donne sulla gravidanza, - io sono mia – si gridava allora e la libertà pareva consistere nel decidere che fare del frutto del concepimento. Oggi un figlio che cresce in pancia, non lo si chiama bambino, non lo si chiama figlio, si usano termini più neutri si medicalizza la vita per tenere a distanza la realtà, ma al punto in cui siete arrivati e cioè quello di "fuggire davanti a un figlio concepito" mi pare che si debba riconoscere che il vero problema è a monte, è nel modo a cui si guarda all’altro, non importa se il vostro è "una relazione molto giovane e vissuta in gran parte in clandestinità, ma poi era diventata finalmente libera" parole tue, la domanda è quanto sia vero e forte questo amore che ha saputo sfidare la clandestinità ma non riesce ad affrontare una responsabilità. Il problema vostro è quello di molti in questa società, si è persa la consapevolezza che una coppia sta insieme per un compito. Certo, gli occhi dell’altro sembrano comprendere l’animo nostro più di noi stessi, ci piace dell’altro ogni cosa, il suo portamento, la sua goffaggine, anche ciò che potrebbe apparire a occhi non innamorati un difetto, quel suo modo di ridere, di passarsi la mano tra i capelli, la sua timidezza o la sua esuberanza, ci fa tenerezza vederlo dormire e persino sentirlo russare. Ma poi, c’è un poi, perché non si sta insieme una vita solo per questo, si è insieme per un compito, un destino, per condividere una strada. Per chi sceglie il matrimonio religioso, la formula del rito recita: "Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita" Non è uno scherzo, non è un impegno da poco, ma in troppi lo sottovalutiamo, lo declamiamo senza crederci, sapendo che la legge ci lascia una porta sempre aperta, un’altra possibilità, in alcuni casi anche più d’una. La possibilità di ricominciare con pedine diverse, nella speranza che vada meglio, ma la verità è che siamo in balia del sentimento, del frullare d’ali. Anche un figlio, dicono vada pensato, programmato, deciso, mah! Io credo vada amato, da subito, anzi da prima, perché è un essere uomano, il frutto di un amore e come si può essere un albero sano e bello, se ci infastidiscono i suoi frutti? Anche tu scrivi: "La cosa sconvolgente è che su quel figlio abbiamo fantasticato... non è stato un incidente" ed è evidente che non basta pensare e programmare un figlio, perché la realtà ci faccia meno paura. Tu hai 37 anni, la tua compagna immagino più o meno la tua età, insomma non due adolescenti spaventati, non due ragazzini che non hanno vissuto, che non sanno cosa sia il bene e il male, ma forse non basta l’età per capire, non si diventa saggi e giusti semplicemente con l’avanzare degli anni. Qui non si tratta di diritto di paternità o di maternità. Si tratta di non aver mai pensato che amare vuol dire desiderare la felicità dell'altro prima della nostra, vuol dire essere responsabili dei gesti che si compiono, delle fatiche che comportano. Un figlio non basta pensarlo, desiderarlo, sognarlo, un figlio va amato e quindi accolto, chiede d'essere amato e protetto come il testimone importante di un amore vero, non può essere in balia di un sentimento che ieri c’era e oggi no e domani Non siete più dei ragazzi e la vita dovrebbe avervi insegnato che ci sono giorni pieni di sole e altri pieni di nebbia, ma a che serve amarsi se non a sostenersi nella nebbia? Vi auguro di ritrovarvi, perchè il problema non è se il figlio è suo o tuo, ma che si tratta del bambino vostro. Che dirvi? Non sarà certo la legge a salvare il vostro bambino, o gli appelli pubblici che tanto vanno di moda, quello che c’è da salvare prima ancora è il vostro amore e la responsabilità di essere "insieme per un compito". Guardatevi negli occhi e nel cuore, chiedetevi cos’è quel sentimento che avete chiamato amore, se non è sufficiente nemmeno a difendere il vostro futuro?Fatevi aiutare, perché a volte da soli non ce la si fa, bisogna avere il coraggio di appoggiarsi a qualcun’altro. Se può esservi utile, io ci sono. Pregherò per voi tre esseri umani fragili e smarriti, dove a volte non può l'uomo può il volere di Dio. - Il giornale - Buggio Nerella - culturacattolica -