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A UN ANNO DALLA MORTE, MAI PIU' UN'ALTRA ELUANA: LA CONFERMA ANCHE DALLE ULTIME SCOPERTE SCIENTIFICHE


Oggi anche chi spesso tergiversa su questi temi non può trovare scappatoie, le parole di Benedetto XVI sono forti e chiare: "Il sostegno all'eutanasia colpisce il cuore stesso della concezione cristiana di dignità della vita umana. Gli sviluppi recenti nell'etica medica e alcune pratiche propugnate nel campo dell'embriologia sono motivo di preoccupazione. Se l'insegnamento della Chiesa è compromesso, anche solo leggermente, in una di queste aree, allora diventa difficile difendere la pienezza della dottrina cattolica in modo integrale". E’ urgente che anche nella pastorale e nelle comunità ecclesiali locali si mettano al centro i temi antropologici come richiamava anche l’EV n. 95: "si deve cominciare dal rinnovare la cultura della vita all’interno delle stesse comunità cristiane". In Italia proprio il 9 febbraio ricorre l’anniversario dei tragici fatti che hanno portato alla morte di Eluana. Ancora una volta si deve alzare forte il richiamo ad approvare una legge che impedisca in Italia ogni forma di eutanasia. Prima della morte di Eluana appariva ragionevole contrastare ogni intenzione di intervento legislativo. L’ordinamento sanciva già il principio di indisponibilità della vita umana. Ma dopo la morte di Eluana la legge è divenuta indispensabile. Una parte della magistratura ha scavalcato il diritto, norme costituzionali e codice di deontologia medica, posti a difesa dell’inviolabilità e indisponibilità della vita umana. Il "testo Calabrò" è una buona proposta di legge perché salva il principio di indisponibilità della vita umana, interpreta correttamente l’art. 32 della Costituzione: il preteso "diritto alla morte" non è compreso nel diritto alla salute ed anzi è con esso in radicale antitesi. Deve riconoscersi l’esistenza di un principio di preferenza per la cura, piuttosto che per la non cura; l’art. 32 presuppone che l’attività del medico sia un’attività doveristica in quanto il medico opera la tutela della salute. Il DDL dice esplicitamente "no all’eutanasia" e attribuisce alle dichiarazioni anticipate di trattamento un ruolo di continuazione nel tempo dell’alleanza terapeutica "tra medico e paziente, escludendone ogni efficacia vincolante per il primo nel caso di perdita di coscienza del secondo", recependo così quanto scritto dal CNB nel 2003 e nel Codice di Deontologia Medica del 2006 (artt.16 e 17 e 22 ). Riconosce il carattere non terapeutico della idratazione e alimentazione conformemente alla loro natura di mezzi di sostegno vitale, come indicato anche nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (New York 2006). Riguardo al dibattito bioetico in cui vengono normalmente contrapposti il valore della vita e quello della libertà, tale contrapposizione è impropria e fuorviante. L’autodeterminazione non è sinonimo di individualità autosufficiente. La libertà non è solo libertà-di-scelta, libertà è una dote intrinseca all’uomo, la libertà di scelta è e deve essere la libertà-per il bene, è libertà-con gli altri cioè relazione, una dimensione intrinseca dell’uomo infatti è il suo essere in relazione con gli altri e con Dio, la libertà non può quindi prescindere da questo essere in relazione con, e quindi ad esso deve essere commisurata. Riguardo poi allo scottante problema della perdita di coscienza, e quindi al caso di stato vegetativo permanente, innanzitutto bisogna chiarire che in questi casi non c’è la morte cerebrale, le cellule cerebrali sono vive e mandano segnali elettrici. Il paziente può respirare in modo autonomo, «mantiene una vitalità circolatoria, respiratoria e metabolica e un controllo sulle cosiddette funzioni vegetative (esempio temperatura corporea, pressione arteriosa, diuresi, ecc...)». I riflessi dei nervi cranici e i riflessi respiratori sono mantenuti; le funzioni cerebrali «mantengono una certa vitalità, sebbene ridotta». Colpisce che proprio ad un anno dalla morte di Eluana gran parte della stampa dia grande risalto ad un recente lavoro scientifico che, confrontando le reazioni cerebrali alle stesse domande, da parte di un paziente in stato vegetativo e di un soggetto sano, ha riscontrato attraverso la risonanza magnetica funzionale che erano uguali. Hanno chiesto ad un paziente in stato vegetativo di pensare di giocare a tennis o di stare in casa e hanno così visto che si «accendevano», rispettivamente, la corteccia motoria (quella appunto legata ai movimenti) e quella spaziale (che colloca una persona nello spazio) proprio come in un paziente sano; è stato dimostrato che se si mette davanti agli occhi di uno di questi malati una fotografia di persone care, e si fa una risonanza magnetica funzionale, si vede l’accensione di una attività cerebrale. Questi studi sono stati pubblicati anche su "The New England Journal of Medicine". Che impatto avrebbero avuto queste notizie nei giorni in cui invece molti giornali parlavano solo di "staccare la spina" ad Eluana? Perché tacere verità già note? In un altro studio firmato per la rivista scientifica «BioMedCentral Neurology», uno specialista ha scritto di ritenere tutt’altro che isolate le circostanze in cui si è trovato un suo giovane paziente belga: urlava ma nessuno lo sentiva, fino a quando con nuove tecniche hanno scoperto che l’attività cerebrale non era interrotta e sono riusciti a mettersi in contatto con lui. «Al 41 % di chi è in stato di minima incoscienza viene diagnosticato erroneamente uno stato vegetativo - sostiene il medico - mentre sappiamo che tutti coloro che risultano consapevoli possono essere curati e compiere progressi significativi». L’imprecisione delle diagnosi in questi casi come in molti altri, in cui si diagnostica una morte prossima, e poi vengono smentite dai fatti, devono richiamare che il vero pericolo è l’abbandono terapeutico del malato, come mostrano l’esperienza inglese dopo l’approvazione del Suicide Act e la deriva olandese o dell’Oregon dove le morti per suicidio assistito sono quadruplicate dopo approvazioni di leggi che ne hanno legalizzato la pratica. E’ urgente un impegno educativo e di formazione che coinvolga tutti, le parrocchie e le associazioni. La misericordia non va confusa con la mancanza di coraggio. Sono ancora oggi attuali le parole di Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae (EV n. 95) : "Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita. […] L'urgenza di questa svolta culturale è legata alla situazione storica che stiamo attraversando, ma si radica nella stessa missione evangelizzatrice, propria della Chiesa. Il Vangelo, infatti, mira a «trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità»; è come il lievito che fermenta tutta la pasta (cfr. Mt 13, 33)". - Tanduo, Luca e Paolo - culturacattolica -