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LE BEATITUDINI E LE MINACCE


Il brano del vangelo di Luca (Lc 6,17.20-26) è come uno spaccato che ci prospetta due grandi visioni: una riguarda l’aspettativa  della vita futura, cioè l’esistenza eterna dopo la morte, in cui consiste pienamente la felicità dell’uomo; l’altra concerne la contrapposizione tra la presente vita terrena e quella celeste ultraterrena, con un totale capovolgimento di valori e di realtà. Il brano infatti si divide parallelamente in due sezioni: la prima abbraccia quattro beatitudini; la seconda comprende quattro minacce o guai. Vediamo le une e le altre singolarmente in una sorprendente sinossi di contrasto assoluto e inequivocabile. “Beati voi, poveri”. Si tratta di una povertà intesa in senso universale e totalizzante, che abbraccia tutti gli aspetti dell’umana esistenza. Non solo la carenza dei beni materiali, ma anche l’indigenza dell’animo, cioè quella angustia interiore ed esteriore a non attaccare il cuore a nessuna cosa e a nessuna persona, a nessuna situazione felice o infelice, a nessun piazzamento su di un sostegno contingente e passeggero, il quale, pur delimitato entro il breve arco della vita su questa terra, affascina e seduce il cuore e ogni attività, come fosse il miraggio dell’assoluto e potesse riempire tutte le attese e le speranze. La vera ricchezza dell’uomo povero sta nel possesso del regno di Dio, del suo amore, della sua giustizia, verso cui s’incammina ed è intimamente e fortemente attratto e da cui trae sostentamento per ogni giorno che scorre su questa terra. “Beati voi, che adesso avete fame”. Anche qui occorre tener conto di una fame coinvolgente tutti gli aspetti dell’umano desiderio, soprattutto di quei valori eterni, che sono calpestati e dimenticati dagli uomini. In particolare la fame indica l’appetito profondo e insaziabile di assaporare la Parola di Dio, quale vero e unico cibo di vita, quella Parola che si è fatta carne, cioè il Cristo, e che ora si fa nostro nutrimento nell’eucaristia. Con quel cibo prezioso ogni energia viene ricuperata e l’essere umano ne sente la dolcezza e la sazietà. Con esso l’animo è nutrito per sempre in modo pieno e definitivo fino alla gioia sconfinata del paradiso. “Beati voi, che adesso piangete”. Il pianto rivela la nostalgia intensa dell’amore vero, della verità totale, della santità, che solo Dio possiede e può comunicare abbondantemente alle sue creature. Esso esprime inoltre una lacerante conflittualità tra l’esigenza di tali realtà infinite e le meschinità delle situazioni terrene, la loro fugacità, il loro ingannevole luccichio. Da qui sgorga il pianto desolante, che nessuna entità passeggera può frenare. Quel pianto però si fa rugiada di intima letizia, quando lo sguardo si volge alla beatitudine eterna del cielo. “Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e vi maltratteranno”, nel senso che sarete incompresi, mal giudicati, emarginati, ridicolizzati, perseguitati a causa della limpidezza e coerenza di fede. Allora, nell’estremo della donazione di sé, l’animo si apre alla sovrabbondante ricompensa riservata ai “profeti”, cioè ai testimoni e agli araldi del vangelo, ai giusti fedeli alla volontà suprema del Padre celeste e non soggiogati dalle menzogne e dalle prepotenze umane.  Esattamente all’opposto succede per coloro che agiscono in senso contrario: i ricchi colmi di false sicurezze materiali; i saziati dalle fatue conquiste di beni provvisori; i gaudenti nelle sciocche risate mondane e insipide; i ricercatori di applausi nella forsennata corsa per ottenere una qualche gloria umana. Ma che resta in loro alla fine di questa vita, quando si affaccia impetuosa la luce dell’eterno Amore in cui ognuno trova la quiete beatifica del proprio essere? Si ritrovano in effetti vuoti e insignificanti, dentro e fuori di sé, come foglie sbattute dal vento e  inghiottite dal fango. Una vera maledizione e uno sfacelo totale. Gesù ci avverte con forti e lucidi richiami, ci sollecita e ci sospinge. Ma a noi la scelta tra  i beati o gli sventurati, tra i“poveri” o i “ricchi”, non per appartenere miseramente ad una classe sociale, ma per conquistare felicemente il Regno dei cieli. - Don Renzo Lavatori Pontifex -