ASCOLTA TUA MADRE

HO FATTO NASCERE UNDICIMILA BIMBI


«Insegnavo. Quando nacque la mia prima figlia scoprii di avere una malattia che mi ha reso cieca, l’anno dopo nacque il secondo». Erano gli anni 70, gli anni della legge 194 sull’aborto. Paola Bonzi avrebbe avuto più di una ragione per prendersi cura solo di se stessa, non spingendosi oltre il valico dell’urna e – lei, convinta pro life – limitarsi a votare "sì" al referendum del 1981. Bonzi, invece, «senza aiuti istituzionali, anzi, pur essendo osteggiata dall’ospedale e dai radicali», fondò nel 1984 un Centro d’aiuto alla vita (Cav) nella clinica Mangiagalli di Milano, la "Mangiabimbi", come si diceva allora. In circa venticinque anni ha strappato ai ferri chirurgici 11 mila vite, da triplicare se si contano anche le rinascite dei genitori. Amici, come li chiama lei, cui ha offerto una speranza e una «famiglia su cui poter contare sempre». Un lavoro, quattro mura, un affetto incondizionato. «Questa, se vuoi, è casa tua», ha ripetuto chissà quante volte, immobile sulla poltrona del suo ufficio, con piglio che penetra più di tanti occhi sani. «Casa mia?» verrebbe da chiedersi, ché ti sembra esagerato vista la preziosità dei dettagli con cui è allestito il suo piccolo studio appartato in un angolo dell’ospedale. «Sì» risponde a tutti, scettici o angosciati che siano: «Quello che è nostro è tuo». Con queste semplici parole si sono aperti migliaia di spiragli per gente «che vede solo buio». «Uso parole semplici, ma non "facili" per i nostri tempi – aggiunge Bonzi –. Agli inizi, nonostante la 194 tutelasse la presenza dei Cav, ci fu da battersi per farci accettare dall’ospedale e contro l’ideologia virulenta della liberazione della donna proclamata dai media». Per le femministe legalizzare l’aborto equivaleva a liberare la donna dall’uomo padrone. E oggi? «Oggi è peggio. Ormai siamo quasi assuefatti. E la madre è più sola, quindi più bisognosa». In trent’anni non si è fatto nessun progresso? «Si sarebbero fatti se ci fossero stati più mezzi, perché, se risolvi l’ostacolo economico e offri compagnia, le mamme ora sono più propense a proseguire la gravidanza». Ma i soldi offerti alle attività preventive previste dalla 194 sono da sempre centellinati, «con il paradosso che si è speso di più per curare traumi post abortivi che per prevenirne le cause». Bonzi non nasconde, con tono mortificato ma non remissivo, di aver dovuto dire a qualcuno che i fondi erano finiti. Aggiungendo, però, che «se non ti posso sostenere come vorrei, non mancheranno corredi, abitini, giochi, la "Borsa-spesa" settimanale e, soprattutto, la nostra amicizia». Guardaroba, balocchi, alimenti, sono i frutti del suo «scervellarsi» per queste madri sole. Un’esplosione di idee che «sei costretta a farti venire. Ma io, su questo, ho un bell’allenamento». Un’infanzia felice ma solitaria con mamma e papà sempre al lavoro, le ha insegnato che i bambini devono stare con le mamme: «Per questo nel 1987 ho fondato una cooperativa-lavoro a domicilio». Le normali problematiche educative con i figli l’hanno spinta a creare «una "Scuola di genitori", un Centro educativo e altri servizi per l’infanzia». Il faticoso affronto dell’adolescenza l’ha convinta ad allargare nel 1999 «i servizi del Cav a un Consultorio familiare "Gente Oggi"». Questa è la santa ostinazione di una donna che non si vuole arrendere al mito dell’autodeterminazione moderna: «Belle teorie. Nessuno uomo è un isola, ognuno di noi è sempre alla ricerca di una relazione con l’altro». Pensieri da integralista cattolica? «è troppo facile liquidarmi così. Io non ho mai fatto prediche che non servono. Io ho dato perché ho ricevuto». Innanzitutto da sua madre, una donna che, dopo aver vissuto per anni in uno stanzino in affitto, appena messo piede nella casa popolare attesa a lungo, «si rivolse a mio padre dicendogli: "Tuo fratello ha tanti figli. Qui c’è spazio anche per loro"». E d’altronde anche suo padre era un uomo cui l’accoglienza scorreva nel sangue: «Faceva il barbiere, e ogni volta che si presentava un poveretto in bottega, lui gli faceva barba e capelli gratis. Poi mi diceva: "Bambina mia, non si è mai felici da soli". Da Giorgio Pardi a Giuliano Ferrara Paola Bonzi non è nemmeno una pro life coi paraocchi. Una delle persone di cui parla con maggior stima è il medico abortista Giorgio Pardi, ex primario della Mangiagalli deceduto tre anni orsono: «Per amare la vita non è necessario avere la fede». Pardi era un avversario che «iniziò a gioire con me ad ogni bambino scampato all’aborto, pur rimanendo della sua idea». E quando le è venuto a mancare il sostegno del ginecologo, è apparso «Giuliano Ferrara, che ci ha sostenuto quando non era facile metterci la faccia. è anche grazie a lui che è sorta una casa famiglia a Masserano, nel Biellese». Con la Ru486 le donne saranno ancora più sole. Bonzi scuote la testa: «Sarà ancora più difficile aiutarle. Ci sarà ancora meno tempo di riflettere. Bisognerà inventarsi un modo per raggiungerle e informarle». Speriamo non la senta Emma Bonino, la candidata radicale nel Lazio che piace anche a tanti cattolici. «Cattolici? Ai sedicenti credenti dico che questa loro posizione è un boomerang. è facile difendere i diritti umani in astratto, altra cosa è vedere cosa significa difenderli nel concreto. E nel concreto, sappiamo bene come la pensa la leader radicale». Bonzi ritiene che «i valori non reggono in astratto, a suon di parole». è per questo che ha recentemente pubblicato Oggi è nata una mamma (191 pagine, 13 euro, San Paolo) in cui racconta «la mia fatica e i miei insuccessi, ma anche il metodo che ho usato per rispondere ai bisogni». Un metodo che porta frutti insperati: «Come con quella donna che voleva abortire, poi ci ha ripensato, poi ha fondato un nuovo Cav». Un metodo che ha come esergo una semplice considerazione: «è una scusa lamentarsi perché quel che accade non ci piace. Non abbiamo altro modo di cambiare il mondo: un passo alla volta, un bambino alla volta». - di Benedetta Frigerio - Tempi -