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GESÙ RISORTO CON DUE DISCEPOLI DI EMMAUS CI DIMOSTRA CHE LE APPARIZIONI SONO ESPERIENZE AUTENTICHE


Il brano si articola in due momenti: il primo (24,13-27) considera il cammino fisico e interiore che due discepoli compiono per giungere alla fede piena nel Cristo risorto. Essi passano dalla disperazione alla speranza, dalla delusione a una nuova attesa, dal buio alla luce, da un cuore indurito e sfiduciato a un cuore che incomincia ad ardere. Nel secondo momento (24,28-35) Gesù finalmente è riconosciuto dai due discepoli allo spezzare del pane. I due momenti sono entrambi fondamentali e necessari, in quanto uno non può esistere senza l’altro, per giungere a un’autentica scelta di fede in Cristo morto e risorto. Luca precisa subito il tempo e il luogo: si tratta del primo giorno dopo il sabato, e della strada che va da Gerusalemme al villaggio di Emmaus. La vicenda dei due discepoli è descritta tenendo conto delle circostanze concrete nelle quali essa accade e che gradualmente permettono ad essi di riconoscere con certezza Gesù risorto. Ciò sta a significare che le apparizioni sono esperienze percettibili e autentiche, fatte da persone in piena coscienza di sé e responsabili. Anche se  del tutto singolari, in quanto manifestano il Cristo risorto che esiste in una realtà non più terrena, con caratteristiche superiori e gloriose. I due, non avevano creduto all’annuncio della risurrezione fatto dalle donne; si mettono così in cammino, con animo pensoso e triste. Mentre discutono, Gesù, il risorto, in persona, si accosta e cammina con loro, si fa ad essi vicino. Ma “I loro occhi erano impediti di riconoscerlo”. Non si tratta tanto di vederlo, ma di “riconoscerlo”. Il loro desiderio di vedere Gesù è forte, ma non basta la visione fisica, occorre ravvisare la sua presenza di risorto. Per i due discepoli, Gesù è come non ci fosse, pur essendo in loro compagnia. Egli è vivo, prossimo ad essi, ma per loro è come se fosse ancora morto. I due raccontano allo sconosciuto quello che è capitato in quei giorni a Gerusalemme e molto sinceramente fanno la confessione del loro stato d’animo. Avevano riposto in Gesù le loro speranze messianiche, pensando che avrebbe liberato Israele da tutti i nemici e avrebbe stabilito apertamente e definitamente il regno di Dio. Invece è stato crocifisso e sepolto. Gesù allora spiega che la morte in croce non manifesta il fallimento del Messia, ma la sua incondizionata fedeltà a Dio. Il suo cammino redentivo non finisce con la morte, ma attraverso di essa conduce alla gloria. Gesù si rivela Messia proprio sulla croce, dove si manifesta la pienezza della potenza di Dio. Nei vv.28-31 Luca indica, ancora una volta, il luogo preciso Emmaus, e il tempo, cioè la sera delle stesso giorno. I discepoli hanno invitato Gesù a fermarsi e lo pregano con insistenza: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno è ormai in declino”, mentre egli sembra voglia proseguire il cammino. Essi escono dalla loro chiusura interiore, aprendosi all’accoglienza dell’altro, poiché si accorgono che il giorno sta per finire e non è cosa buona proseguire il cammino nella notte. Non pensano più a loro stessi, ma si preoccupano della situazione disagiata di quel pellegrino, le cui parole hanno toccato profondamente il loro cuore. Non sono più prigionieri del loro mondo interiore, ma si rendono disponibili a un nuovo modo di pensare e di essere. Per questo Gesù accetta l’invito. Si siede a mensa con loro e assume il compito di spezzare il pane. Il gesto dello spezzare il pane non causa il riconoscimento di Gesù da parte dei discepoli, ma ne è l’occasione. Essi, che avevano seguito Gesù sulle strade della Palestina, avrebbero potuto riconoscerlo da molti altri segni. Se i loro occhi si aprono proprio in quel momento, allo spezzare del pane, è perché Gesù ha voluto così, egli ha deciso dove, quando, come manifestarsi. Quel gesto è uno degli atti più semplici, anche banali, certamente comuni. Eppure ogni volta che il vangelo ne parla, quell’atto provoca un grande risultato, una eccezionale trasformazione. A questo punto “si aprono i loro occhi e lo riconoscono”. Non si dice che lo vedono, ma che lo riconoscono. È l’evento della loro fede piena. Ma in quell’istante Gesù scompare dalla loro vista. Venendo meno la visione terrena, si apre una visione spirituale che fa riconoscere il Signore per quello che veramente è e attua con lui un incontro di amore e di unità. Una immediata reazione spinge i due a ritornare dai loro compagni per testimoniare quanto avevano sperimentato. Essi partono subito per Gerusalemme, nonostante l’ora tarda. Sono ormai gli annunciatori di Cristo risorto, senza limiti né di tempo né di spazio, nella piena disponibilità di chi ha visto il Signore e vive unito a lui. Ritornano pieni di gioia recando l’annuncio pasquale. Quando giungono trovano gli undici e gli altri; erano partiti lasciando un gruppo di persone rattristate, ora costatano una comunità gioiosa: “Il Signore è veramente risorto”. La testimonianza dei due, aggiunta a quella degli altri, è un’ulteriore conferma che certamente Cristo è risorto ed è vivo. - Don Renzo Lavatori - Pontifex -